Il microcredito non è solo un’opportunità per i Paesi poveri o per quelli emergenti. Dove, peraltro, ha garantito ottimi risultati. Ma i progetti legati al microcredito stanno crescendo, più o meno rapidamente, anche in Italia ed in Europa. In forme diverse, con risultati anche molto differenti. Una tavola rotonda, promossa dall’Ordine dei Commercialisti di Milano, ha evidenziato le potenzialità ed i limiti di uno strumento dalle mille sfaccettature.
Finanziamento per far crescere le microimprese o forma di assistenza ai disperati? Non è una differenza da poco. Nei Paesi poveri il microcredito, al di là di alcuni abusi ed inevitabili speculazioni, ha dimostrato di funzionare, permettendo la nascita di attività e di occupazione. E con una percentuale di mancati rimborsi del credito estremamente bassa. A dimostrazione di una profonda dignità da parte di chi si rivolge alle strutture che erogano i prestiti. E forse anche a dimostrazione di un’attenzione da parte di chi concede finanziamenti a chi è in grado di utilizzarli al meglio.
In Italia, al contrario, in troppi approfittano di prestiti che considerano come una forma di sussistenza dovuta. A fondo perduto. Così, tra chi offre misure di sostegno creditizio soprattutto agli stranieri, la percentuale di mancata restituzione dei prestiti è altissima. Altre realtà, invece, si rivolgono ad italiani e stranieri che vogliono utilizzare i fondi per lavorare, non solo per prendere i soldi e sopravvivere per qualche tempo. Ed allora la situazione cambia radicalmente. Filantropia intelligente, secondo il presidente di Etimos Foundation. Il gruppo che sta operando con successo nelle zone terremotate dell’Abruzzo e dell’Emilia (oltre che in tutto il mondo, e da anni). Con il contributo finanziario anche di un imprenditore come il patron di Diesel, Renzo Rosso.
Piccoli imprenditori che ripartono, aspiranti imprenditori che riescono a dare l’avvio all’attività. Il microcredito dimostra di funzionare anche in Italia, se gestito con attenzione. E per questo i commercialisti se ne occupano, avendo compreso che può diventare un settore verso cui convogliare le risorse dei clienti. Con la certezza di un’adeguata remunerazione. Non carità a fondo perduto, dunque, ma un investimento che favorisce il rilancio del territorio, la crescita economica ed il ritorno dell’investimento. Perché l’Italia non può permettersi di perdere ogni anno decine di migliaia di giovani qualificati che fuggono all’estero in cerca di opportunità di lavoro negate nel nostro Paese. O altre migliaia di anziani che fuggono all’estero dove si possa vivere decorosamente con la magra pensione italiana ma cancellando, in questo modo, la memoria storica di un Paese e decine di anni di esperienze professionali.
Un problema etico, di giustizia sociale. Ma anche economico, perché la perdita di giovani ed anziani qualificati è un disastro anche sotto l’aspetto dello sviluppo che viene bloccato. Quanto ai tassi di interesse, considerati troppo alti in Italia, non va dimenticato che in Paesi come la Gran Bretagna il tasso del microcredito arriva a superare anche il 75%. Problemi legati al costo del denaro, al costo del personale che segue le pratiche, alle garanzie per i soggetti che si rivolgono al microcredito poiché sono esclusi, od espulsi, dal sistema bancario tradizionale.
Alessandro Grandi