La Crimea ha diritto all’autodeterminazione
Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, affronta in questa intervista rilasciata al “Nodo di Gordio” non solo i temi dell’Unione europea, ma anche quella dei rapporti con la Russia. Partendo sempre dal diritto dei popoli a scegliersi il proprio destino in termini di identità, di appartenenza, di autodeterminazione del proprio futuro in ambito culturale ed economico
Senza euro ma con questa classe politica? Quali chances ci sono di sopravvivenza?
Questa classe politica è complice e correa del “crimine euro”, quindi senza euro collasserà su se stessa. Hanno affamato i lavoratori, i pensionati, i giovani, le categorie produttive, favorendo soltanto gli interessi della grandi banche e dei pescecani dell’alta finanza. Il vento, purtroppo per loro, sta cambiando rapidamente. I popoli vogliono essere nuovamente artefici del loro destino e chiedono il ripristino della sovranità, anche soprattutto monetaria. Per questo sono certo che questa classe politica non sopravvivrà alla fine dell’incubo da loro creato.
Indipendenza come? La futura scomparsa delle province spinge verso la formazione di macroregioni? Di quale tipo? Macroregione padana o ciascun per sé come pare emergere dal referendum online del Veneto? E i territori di confine come Trentino, Sud Tirolo, Valle d’Aosta?
Le aggregazioni macroregionali sono un vero antidoto alla crisi generale che attanaglia l’Occidente. Crisi economica, ma anche culturale e politica. Gli stati nazionali di derivazione ottocentesca mostrano non da oggi crepe formidabili e si dimostrano incapaci di gestire le grandi sfide attuali. Essendo poi, e parlo degli europei, sotto il giogo di Bruxelles, non riescono a tutelare le esigenze e le peculiarità di aree territoriali assai diverse tra loro. Come diceva Gianfranco Miglio, “lo Stato non è più in grado di soddisfare, rendendole prima uniformi, le sempre più diversificate esigenze dei cittadini: esigenze che, sospinte dall’incoercibile capacità inventiva delle nuove tecniche produttive, si moltiplicano e si specificano senza posa, a tutti i livelli, sfuggendo a ogni pretesa, appunto, di uniformità, e possono venire fronteggiate soltanto da strutture politico-amministrative incomparabilmente più articolate e diversificate di quelle tradizionali. Ciò che sta andando in crisi è la nozione dell’unità dei grandi aggregati politici”.
Le autonomie speciali previste dal titolo V della Costituzione, dopo il fallimentare esempio della Regione Sicilia, hanno ancora un senso? O si rischia di buttar via il bambino con l’acqua sporca?
Le autonomie portano sempre e solo vantaggi ai cittadini, ma devono essere vere e reali, non applicate secondo il bilancino centralista di Roma. I recenti scandali, alcuni ingigantiti dalla stampa in maniera strumentale, stanno dando il pretesto al governo Renzel (Renzi/Merkel) per gettare non solo il bambino, ma anche la mamma e il papà insieme all’acqua sporca. Fingono di abolire le province con trucchetti da film di Totò e intanto qualche genio da Roma propone di abolire le regioni. Gli stati nazionali così come concepiti nel XIX secolo hanno comunque fatto il loro tempo, mi sembra un fatto incontrovertibile. Noi vogliamo un’Europa dei popoli e delle piccole patrie storiche, capaci di disegnare un destino continentale comune senza perdere le radici profonde peculiari.
Uscire dall’euro è tecnicamente possibile. Ma un eventuale ritorno alla lira significherebbe consegnare la moneta nelle mani di Renzi e del suo entourage. Sarebbe davvero conveniente?
Noi vogliamo restituire la moneta al popolo, non a Renzi o ad altri governanti. Perlomeno vorremmo far esprimere i cittadini in maniera democratica sul “dopo euro”. Esattamente all’opposto di chi ha imposto la moneta unica senza chiedere il “permesso” ai cittadini, trasformati immediatamente in sudditi. E non è detto che si debba tornare per forza alla vecchia lira. Sarà sicuramente una cosa diversa, comunque la si vorrà chiamare. La cosa più logica sarebbe convertire la nuova moneta nazionale 1 a 1 con l’euro perché così non ci sarebbero problemi per fare i conti. E sottolineo che la conversione non significa il “cambio”. La nostra nuova moneta però potrà svalutare nei confronti delle altre monete e i nostri prodotti diventeranno più convenienti per il cliente estero e diventerà più appetibile realizzare prodotti qui da noi. L’economia ripartirà, adesso è in coma nell’era dell’euro. Questa rivoluzione spazzerebbe via anche chi invece ha sempre difeso l’attuale sistema monetario, quindi Renzel non gestirebbe un fico secco.
Come vede la collaborazione tra i movimenti euroscettici dopo le elezioni? Sarà possibile una collaborazione vera o prevarranno gli interessi nazionali con il rischio di far saltare un’eventuale alleanza?
Tutti i movimenti che io preferisco definire “identitari” hanno come nemico comune l’attuale struttura burocratica e finanziaria dell’Ue. Dobbiamo guardare a ciò che ci unisce e visto che si tratta di una alleanza all’interno del prossimo Parlamento europeo, gli interessi particolari di ciascun partito all’interno del proprio paese non ci interessa. Per prima cosa dobbiamo riformare questa Unione europea, cancellare l’euro, recuperare la sovranità ceduta al mostro burocratico di Bruxelles, difenderci dall’immigrazione selvaggia, rivendicare i valori tradizionali come quelli della famiglia composta da unione tra uomo e donna. Mi sembra che su questo tutti, da Marine Le Pen a Geert Wilders, dalla Fpoe austriaca al Vlaams Belang fiammingo, concordiamo.
L’autodeterminazione dei popoli è un diritto sempre o solo quando lo decidono gli Stati Uniti? Scozia sì, Kosovo sì, Crimea no?
Naturalmente non dovrebbe essere così. Per il Kosovo sono intervenuti i bombardieri della Nato su Belgrado e si è trattato di un’indipendenza portata con le bombe e la guerra alla Serbia. Ricordo bene peraltro le critiche piovute sulla Lega allora e su Umberto Bossi che si era recato in missione di pace a Belgrado. Avevamo ragione noi, come si è visto. In Crimea invece il popolo ha voluto democraticamente abbandonare un territorio, quello ucraino, in cui un presidente eletto è stato costretto a fuggire a causa di un blitz armato a Kiev che ha esautorato con la forza il governo e il parlamento. Alla faccia della democrazia. Io sono sempre favorevole al principio di autodeterminazione dei popoli, ma è evidente che tra il Kosovo e la Crimea le differenze sono enormi.
Come fare fronte al progressivo impoverimento della politica estera italiana? La nostra capacità di incidere in Europa e nel mondo si è eclissata. Come reagire? Quali iniziative possono essere messe in campo per tornare a “contare” nello scacchiere internazionale?
Contiamo sempre meno perché siamo vassalli di poteri forti internazionali che condizionano i governi e li fanno saltare per aria se escono dal seminato. Gli ultimi tre presidenti del consiglio sono stati imposti al popolo da decisioni prese altrove, non attraverso le elezioni, come vorrebbero le regole democratiche. Chi può credere nella loro indipendenza, anche in politica estera? Rispondono a chi li ha messi e fanno gli interessi non dell’Italia, ma di qualcun altro. Adesso sento parlare di eventuali soldati da inviare in Ucraina, invece di inviarli a pattugliare le nostre coste meridionali, dove sbarcano migliaia di clandestini alla settimana. Di quale politica estera parliamo? Chiedete ai marò ancora prigionieri in India qual è la politica estera dell’Italia…
La crisi ucraina sembra, ancora una volta, favorire interessi finanziari tedeschi e francesi a scapito dei nostri. Eppure noi dovremo contribuire massicciamente ai 25 miliardi di aiuti Ue a Kiev. Ancora incapacità dei nostri governi? O sudditanza a interessi finanziari internazionali?
Il governo di Roma è troppo impegnato ad accogliere i clandestini negli alberghi a 4 stelle, a svuotare le carceri, a minacciare chi professa idee di indipendenza e di autonomia, ad inventarsi nuove tasse. Così gli altri, ben più capaci di fare i propri interessi, si muovono bene, anche dall’alto di una loro solidità e credibilità maggiori di quelle italiane. Anche in Libia, per citare un esempio recente, l’Italia si è impiccata da sola. Adesso i geni di Bruxelles, che non trovano un euro per le economie in difficoltà dei paesi membri, vogliono gettare miliardi in Ucraina, inimicandosi peraltro un partner commerciale storico come la Russia. Peraltro abbiamo avuto il piacere di avere al nostro congresso federale esponenti del partito Russia Unita (quello del presidente Putin, ndr) e hanno detto di condividere i nostri valori e le nostre iniziative politiche, così come noi condividiamo la difesa delle identità, della famiglia tradizionale, della sovranità nazionale portata avanti dal governo di Mosca. Comunque il tempo di questa Ue ormai volge al termine. Se ne accorgeranno il 25 maggio alle elezioni europee. Per loro sarà l’inizio della fine. Mentre per i popoli europei potrà iniziare una nuova storia.
Intervista a cura di Daniele Lazzeri
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