L’Esercito degli Stati Uniti farà notevoli investimenti per finanziare la costruzione di impianti di lavorazione delle terre rare per produrre armi ed elettronica militari. E’ quanto ha segnalato l’agenzia di stampa Reuters grazie ad un documento segreto di cui è entrata in possesso. Per quanto possa apparire strano che i militari americani si impegnino nel finanziamento diretto di impianti minerari, la notizia, in realtà, non deve stupire più di tanto. La dipendenza dell’industria della difesa dalle terre rare è da tempo fonte di preoccupazioni a Washington. Le terre rare, infatti, sono un gruppo di 17 elementi chimici indispensabili per la fabbricazione di tutti gli strumenti e gli apparati tecnologici; sia di natura civile sia militare.L’informatica e l’elettronica come oggi le conosciamo non esisterebbero senza le terre rare. Recenti studi ufficiali statunitensi hanno messo in evidenza la forte dipendenza dell’industria militare nordamericana da tali materie prime, estratte, quasi in via esclusiva, in Cina. Il gigante asiatico, infatti, nell’ultimo decennio ha estratto il 90% della produzione mondiale attestandosi su un discreto 72% nel 2018. Numeri che fanno di Pechino il monopolista del settore, capace di condizionare, aprendo o chiudendo il commercio di tali materie, lo sviluppo tecnologico e la produzione di apparati avanzati quasi nell’intero globo. Comprese dunque le “armi intelligenti” di cui si fa gran uso di recente. I timori degli USA sono cresciuti quando, qualche mese fa, Pechino ha poco velatamente minacciato di chiudere l’esportazione di tali minerali come risposta ai dazi sui prodotti cinesi imposti dalla Casa Bianca. Il blocco delle esportazioni, od anche solo una drastica riduzione, non sarebbe assorbibile in tempi brevi dall’industria high-tech statunitense, con un conseguente significativo impatto negativo sulla supremazia militare americana. Del resto, non sarebbe la prima volta: già nel 2010 i cinesi condizionarono le industrie giapponesi, limitando l’export di terre rare verso Tokio in risposta alle tensioni nel Mar Cinese circa la sovranità sull’arcipelago Senkaku/Diaoyu. E’ comunque presumibile che difficilmente Pechino userà l’“arma” del boicottaggio, sia per non rinunciare agli introiti derivanti dalla vendita di tali prodotti, sia perché oggi può condizionare i prezzi evitando così di farne lievitare il valore fino al punto in cui diverrebbe conveniente attivare altri impianti, sostenendo i costi, soprattutto ambientali, che ciò comporta. L’estrazione delle terre rare ha infatti impatti ecologici devastanti. Il nuovo impegno dell’US Army quindi probabilmente potrà consentire, in nome dell’interesse nazionale, di superare con più agilità sia gli ostacoli formali che quelli ambientali ai nuovi investimenti, oltre a garantire un adeguato livello di riservatezza sui progressi realizzati. E’ certo comunque che, da qui a qualche anno, i confronti sulle terre rare saranno sempre più rari.
Francesco Lombardi
Senior Fellow del think tank “Il Nodo di Gordio
© RIPRODUZIONE RISERVATA