Prevedere gli attentati e i singoli atti terroristici è, purtroppo, tecnicamente impossibile. Tuttavia sarebbe forse possibile prepararsi a parare i colpi dei nuovi Maestri del Terrore identificando con un qualche anticipo i nuovi teatri d’azione da questi prescelti. La Tunisia, ad esempio, era da tempo per tutta una serie di ragioni – centri di reclutamento jihadisti per il fronte libico, forte presenza di partiti islamisti, crisi sociale ed economica – un obiettivo probabile, anzi primario. E il massacro al Museo del Bardo non avrebbe dovuto sorprendere Media e osservatori occidentali come invece è avvenuto.
Ora, un probabile nuovo teatro in cui l’Hydra dalle cento teste del terrorismo jihadista potrebbe colpire è il Libano, da cui già da tempo giungono preoccupanti segnali di movimenti di gruppi e organizzazioni vicini alle reti terroristiche dell’Is e di Al Qaeda.
Inoltre il Paese dei Cedri sembra particolarmente esposto per una serie di ragioni che proviamo a riassumere sommariamente.
1. Gli stretti legami politici ed etnici con la vicina Siria. Damasco fin dal 1989 è stata, a suo modo, garante e controllore dei fragili equilibri libanesi, ed è pertanto prevedibile che il protrarsi della complessa guerra civile siriana finisca con il riverberare pesantemente a Beirut e dintorni.
2. Dalla Siria, in questi anni, hanno cercato rifugio in Libano centinaia di migliaia, probabilmente oltre un milione di profughi. Una massa che sta sbilanciando i fragili equilibri tra i gruppi politico-religiosi che costituiscono il mosaico libanese. Ricordiamo che la lunga guerra civile che travagliò il Paese tra gli anni ’70 e gli ’80 fu innescata da una similare migrazione di profughi palestinesi che fuggivano dal conflitto con gli israeliani.
3. La presenza dominante di Hezbollah, il Partito di Dio, le cui milizie controllano gran parte del territorio. Milizie che sono state organizzate da siriani ed iraniani; anzi, ad averne addestrato i quadri sembra sia stato quel generale Suleymani che comanda le truppe speciali iraniane e che, oggi, sta guidando, o per lo meno orchestrando, la controffensiva degli sciiti irakeni contro l’IS a Tikrit e nel Triangolo sunnita.
4. Il complesso tessuto etnico-religioso che vede milizie cristiane maronite e druse tatticamente alleate, oggi, con Hezbollah, e una crescita progressiva di gruppi di ispirazione salafiti tra i Sunniti. Gruppi che, naturalmente, cercano l’appoggio all’estero nello Stato Islamico o nel Network Al-Qaedista.
5. La cronica debolezza del governo di Beirut e, soprattutto, delle sue forze armate, incapaci di tenere sotto controllo il territorio e di contenere lo strapotere delle milizie.
Di qui il rischio che, come dicevamo, proprio il Libano, nei prossimi mesi, possa divenire non solo teatro di attentati ed azioni terroristiche, ma addirittura di una nuova guerra civile che, per le sue caratteristiche, rischierebbe di coinvolgere pesantemente Israele.
Andrea Marcigliano
Senior fellow