Intervista a Federico Prizzi, storico militare e autore del volume “Al Manar – La Guerra Psicologica di Hezbollah”, in libreria da fine ottobre.
Questo libro, basato su una lunga ricerca sul campo svolta in Libano dallo storico livornese Federico Prizzi, dimostra come la “Guerra dei 33 giorni”, combattuta nel 2006 e chiamata anche la Sesta Guerra arabo-israeliana, possa essere considerata oggigiorno l’esempio più concreto di guerra psicologica asimmetrica nell’Era dell’Informazione. Questo perché, pur non rappresentando la prima guerra mediatica del XXI˚ Secolo, fu caratterizzata dalla capacità di entrambi i belligeranti di trasportare efficacemente la loro lotta sullo scacchiere internazionale al fine di ottenere il consenso dell’opinione pubblica mondiale.
Lotta che, come dimostrato dalla guerra civile in Siria, dagli attacchi di Hezbollah in Spagna e in Bulgaria, così come da quelli falliti in Thailandia, Azerbaijan, Kenya, Turchia e Cipro, è combattuta sempre più a livello globale.
Il testo, inoltre, è arricchito dalle prefazioni di autorevoli studiosi ed esperti d’area quali Daniele Lazzeri (Direttore Responsabile della rivista di geopolitica “Il Nodo di Gordio”), Mohamed Noureddine (Director of Center For Strategic Studies di Beirut), Franco Cardini (Professore ordinario di Storia Medievale presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane), Khrais Talal (giornalista libanese di Al Manar accreditato in Italia presso il Ministero degli Affari Esteri).
Federico Prizzi “Al Manar – La Guerra Psicologica di Hezbollah” (Edizioni Novantico 2012, pp. 200, Euro 22,00).
“Al Manar – La Guerra Psicologica di Hezbollah”, come nasce l’idea di pubblicare un libro sulla rete televisiva del “Partito di Dio”?
Il libro nasce quasi per caso, infatti mi trovavo in Libano per una ricerca storico-religiosa sulla figura di El Khader conosciuto come il “verde”, un “essere sovraumano” sempre giovane e immortale, molto venerato nei paesi islamici del Medio Oriente. Un personaggio che mi ricordava il “Viso Verde” di Meyrink e che è perfettamente identificabile con il Profeta Elia della tradizione ebraica e con il Sant’Elia di quella cristiana. Ebbene, aggirandomi tra mausolei e resti archeologici, mi interessai anche alla Guerra civile libanese (1975-1990) e al relativo conflitto interetnico. Raccolta una buona documentazione su quei tragici eventi, decisi di pubblicare il mio studio all’interno del libro di Emilio Del Bel Belluz “Don Emilio e la Falange Libanese”. Libro che venne pubblicato in una delle collane editoriali che curo per la casa editrice Novantico Editrice di Pinerolo.
La ricerca sulla guerra civile libanese mi fece entrare in contatto con tutta una serie di bandiere, simboli, striscioni, manifesti e volantini di cui non comprendevo inizialmente il significato. Decisi così, grazie a una interprete che mi accompagnava nei miei giri per il Libano meridionale, di approfondire anche quest’ultimo aspetto. Ne parlai con Luigi Cazzadori, il mio editore, al quale proposi di scrivere un libro sulla guerra psicologica di Hezbollah. Libro che sarebbe stato pubblicato in un’altra collana editoriale che curo per la Novantico e che ho dedicato proprio a testi di approfondimento sulle Psycological Operations (PSYOPs). Il mio fine era quello di fornire a un eventuale lettore alcune chiavi di lettura per l’interpretazione delle tecniche tipiche della Guerra Psicologica. Un libro utile soprattutto oggi, in un mondo globalizzato, dove la manipolazione delle informazione e quella dei mezzi di comunicazione sembrano essere all’ordine del giorno.
L’attentato di Burgos al pullman di turisti israeliani in vacanza in Bulgaria ha riportato alla ribalta la componente terroristica di Hezbollah. Come si spiega questa nuova strategia?
In realtà, il terrorismo è semplicemente una attuazione a livello tattico di una forma di lotta di matrice insorgente volta ad atterrire la popolazione civile. Pertanto, non è qualcosa a se stante o di isolato, bensì è parte integrante della lotta armata, esattamente come la guerriglia e la guerra psicologica. Inoltre, Hezbollah quest’anno ha ucciso in Spagna, il 16 febbraio 2012, Zvi Ashkalov ex vice capo del Mossad. Il mese precedente un suo militante, Atris Hussein, è stato arrestato in Thailandia perché sospettato di essere in cerca di armi ed esplosivi, senza contare i recenti falliti attentati del “Partito di Dio” in Azerbaijan, Kenya, Turchia e Cipro.
Pertanto, di nuovo non c’è proprio nulla.
Quali effetti avrà la crisi siriana sugli equilibri interni del Libano?
La Storia del Libano è sempre stata condizionata dai popoli confinanti: siriani, palestinesi e israeliani. Popoli che non hanno mai esitato a scatenare e alimentare una guerra civile nel “Paese dei Cedri” per perseguire i propri interessi geopolitici. Perciò, come dimostrato dai recenti scontri avvenuti a Tripoli tra le milizie filo-Assad e i miliziani del Consiglio Nazionale Siriano, il Libano è già coinvolto nel conflitto siriano. Tuttavia, non credo che verrà trascinato in un’altra vera e propria guerra civile. Anche perché sconvolgere nuovamente il Libano non è nell’interesse di nessun paese mediorientale.
Qual è il ruolo d’Israele nella nuova crisi Mediorientale?
Israele ha tutto l’interesse a vedere crollare il regime di Assad, ciò è innegabile. Non solo per la sua alleanza con l’Iran, ma soprattutto per l’appoggio militare e politico fornito da Damasco a Hezbollah, unico movimento insorgente islamico che è riuscito a far crollare il mito dell’invincibilità del Blitzkrieg israeliano sconfiggendo ripetutamente Tzahal sul campo di battaglia.
Perché la “Guerra dei 33 giorni” è un modello di guerra psicologica asimmetrica per gli esperti di strategia militare?
Chiamata anche la Sesta Guerra arabo-israeliana, può essere considerata oggigiorno l’esempio più concreto di guerra psicologica asimmetrica nell’Era dell’Informazione. Questo perché, pur non rappresentando la prima guerra mediatica del XXI˚ secolo, fu caratterizzata dalla capacità di entrambi i belligeranti di trasportare efficacemente la loro lotta sullo scacchiere internazionale al fine di ottenere il consenso dell’opinione pubblica mondiale.
Cos’è che rende Al Manar tanto importante nelle operazioni psicologiche di Hezbollah?
Al Manar, che vuol dire in arabo “il faro” è, come evidenzia il suo stesso slogan, “Qanat al-muqawamah” ovvero la “TV della Resistenza”. Cioè, è la televisione che si pone non solo come organo ufficiale della resistenza anti-israeliana, ma in supporto di tutte le insorgenze che combattono ancora oggi contro gli eserciti occidentali in Medio Oriente e contro i disvalori della Modernità. In linea pertanto con la visione politico-religiosa, enunciata da Khomeini, della lotta contro “il Grande Satana”.
Inoltre, con un budget annuale pari alla metà di quanto disposto dalla rete qatariota Al Jazeera, con un audience giornaliero tra i dieci e i quindici milioni di telespettatori si pone tra le prime quattro reti televisive più importanti del Medio Oriente, tanto da essere vista anche dai cittadini israeliani.
Quali sono stati gli altri mezzi impiegati nelle psyops dal “Partito di Dio” durante la guerra?
Ce ne sono stati tanti, ad esempio, la radio del partito “Al Nour”, giornali, case editrici, siti internet, blog, volantini, assistenza sociale, cd musicali, oggettistica varia.
Tutti mezzi analizzati e descritti nel mio libro.
Quali sono stati i principali errori di Israele?
Prevalentemente quattro: il fallimento della strategia dei bombardamenti quale strumento principale per la condotta delle operazioni militari, l’incapacità di sviluppare una strategia di Counterinsurgency mirata a difendere e salvaguardare la popolazione civile libanese, la non conoscenza della capacità militare del proprio avversario e la relativa sua sottovalutazione, l’impiego errato dei mezzi della guerra psicologica.
Recensioni:
Rinascita.Eu – Un conflitto nell’Era dell’Informazione
AnalisiDifesa.it – AL MANAR E LA GUERRA PSICOLOGICA DI HEZBOLLAH
Caserta24Ore.it – Federico Prizzi, dalla Falange Libanese a Hezbollah