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Il Sogno dell’Eurasia perno geopolitico del mondo, preconizzato nel giro dell’ultimo secolo da pensatori come sir Halford MacKinder e Karl Haushofer sino ad Aleksandr Dugin, si sta realizzando, almeno in termini geoeconomici, con il Grande Gioco delle Reti. «Reti» di trasporto, comunicazione, interconnessione e relazioni commerciali al centro del presente saggio collettaneo che, nel serrato susseguirsi di ben diciannove contributi, ne analizza criticamente i diversi profili. Un Gioco delle reti che si sviluppa lungo la tradizionale Via della Seta con le sue intricate diramazioni che innervano l’Europa e l’Asia, modificando radicalmente la nostra percezione della realtà e, soprattutto, rendendo in continuo divenire gli equilibri geoeconomici globali e cominciando a intaccare anche quelli geopolitici, con il profilarsi di nuove e inedite alleanze.
«Se provassimo a disegnare una carta del mondo così come è oggi — scrive Andrea Marcigliano — dovremmo tracciare, sulla superficie, sia terrestre che marittima, un fitto reticolo di vie, percorsi, strade, reti di ogni tipo… e questa alla fin fine è la differenza più marcata, evidente e profonda al tempo stesso, con il ‘Mondo di ieri’». La progressiva strettissima interconnessione della piattaforma euroasiatica, che caratterizza il mondo di oggi e di domani, viene quindi analizzata puntualmente, tra realtà e progetti futuri, in particolare negli interventi di Augusto Grandi («Un immenso metrò da Pechino a Madrid») e Gian Guido Folloni («Le reti dell’Eurasia»).
Sotto il profilo energetico, Antonciro Cozzi e Marcello Ciola ci illustrano quindi, rispettivamente, «le nuove vie del gas», linfa vitale in un mondo sempre più affamato d’energia e i termini della cooperazione economico-energetica sotto l’ombrello della Shangai Cooperation Organization, che con i suoi sei membri permanenti occupa i 3/5 del continente asiatico (http://infoshos.ru/en/ e http://www.cfr.org/china/shanghai- cooperation-organization/p10883) e sta portando avanti un discorso di integrazione tra Silk Road Economic Belt d’iniziativa cinese e l’Eurasian Economic Union a guida russa. Né mancano veri e propri «camèi», come si dice nel gergo dei media, su città che, alla luce di quanto esposto, sembrano rinascere a nuova vita, come Istanbul «città interconnessa», per la velocissima e inarrestabile espansione delle sue dotazioni infrastrutturali (di Giuseppe Mancini), senza dimenticare che attraverso il Bosforo transitano ogni anno 48.000 navi. Ovvero come Baku, addirittura «nel cuore pulsante del mondo», come viene definita nell’assunto cioè del ruolo-chiave che l’Azerbaigian sta rivestendo nella geopolitica delle reti (di Andrea Marcigliano).
Sul fronte marittimo l’accento batte — nell’intervento di chi scrive — sull’impatto del recente «raddoppio» del Canale di Panama sui traffici del sistema indo-pacifico, sul significato della Nuova Via della Seta Marittima per il Mediterraneo, specie dopo l’ampliamento del Canale di Suez dello scorso anno, soffermandosi infine sui grandi progetti infrastrutturali marittimi intesi a velocizzare i traffici stessi. Da quello cinese del canale di Kra nel punto più stretto della penisola malese in territorio thailandese, volto a esorcizzare il pericoloso Dilemma di Malacca, incubo degli strateghi di Pechino a quello indiano del canale di Sethumadrusan, una sorta di canale di Kiel in salsa indiana, tra il subcontinente indiano e lo Sri Lanka. In un discorso così ricco e variegato, non v’è chi non veda come si offrano all’Italia una serie di straordinarie opportunità che non bisogna lasciarsi sfuggire.
L’Italia terminale della Nuova Via della Seta Marittima: l’Italia che, nel Grande Gioco delle Reti, si trova in una posizione geostrategica eccezionale, cioè all’incrocio tra il corridoio mediterraneo sull’asse est-ovest e quello che attraversa l’Europa da nord a sud, da Genova a Rotterdam per intenderci. E oltre ai dati dell’export (che, per esempio, verso la Cina hanno registrato un +4,7%) e ai vari rapporti di cooperazione in corso (tra cui la partnership italo-cinese in tema spaziale, di cui ci parla in dettaglio Antonio Lo Campo), l’Italia mostra di aver bisogno soprattutto di una «rete di relazioni» con i Paesi che si affacciano lungo la Via della Seta per valorizzare e far conoscere tutte le potenzialità del made in Italy, cioè tutte quelle eccellenze del nostro Paese che piacciono al mondo, come fa rilevare nell’intervista rilasciata Pierfrancesco Guarguaglini, già Presidente e AD di Finmeccanica.
Certo l’instabilità geopolitica del quadrante sud-orientale del Mediterraneo non gioca a favore e allora, più che mai, la parola deve passare alla diplomazia per cercare di risolvere le infinite crisi in corso. E Paolo Casardi a sua volta esplora proprio una possibile panoplia di strumenti nel suo brillante contributo imperniato sull’Ipotesi di una Conferenza Generale per la Sicurezza del Mediterraneo e Medio Oriente, in un articolo cioè che aveva già visto la luce proprio sulle pagine della Rivista Marittima e che ora, nel saggio in questione viene integralmente riproposto.
Ezio Ferrante