Nel Mediterraneo in crisi, non tutte le economie sono in difficoltà. Cresce la Turchia e cresce il Marocco, con un Pil in incremento del 4,5% annuo. Una situazione favorita dalla stabilità politica che non ha risentito delle cosiddette “primavere arabe”. Ma il Paese Nordafricano non intende fermarsi e punta sull’Europa – ma anche sull’Asia – per una nuova fase di crescita. Per questo sono state previste agevolazioni di ogni tipo per le aziende, anche italiane, interessate ad iniziative in Marocco. Ed a Tangeri è operativa una zona franca legata, in particolar modo, al settore automotive.
«Quali aziende – spiega Salvatore Torrente, della Bourse nationale de soustraitance et de partenariat – vorremmo che arrivassero in Marocco? Quelle sane. Quelle che non delocalizzano chiudendo in Italia, ma che si internazionalizzano aggiungendo una struttura nordafricana a quelle italiane».
Le opportunità sono varie. Nel comparto auto, ad esempio, la Renault è già presente e produce nel Paese oltre 340mila veicoli all’anno, ma con volumi in costante crescita. Però, ricorda Torrente, solo il 10% della componentistica è prodotto in Marocco. Dunque servono componentisti e gli italiani, nel settore, sono probabilmente i migliori. Ma se il costruttore francese per ora è l’unico nel Paese, altri gruppi si stanno già affacciando. Dai coreani agli indiani e, forse, anche un altro costruttore europeo (ma non Fiat).
Non c’è però solo l’auto. Dal tessile all’agroalimentare, le possibilità non mancano. Con particolare attenzione per il comparto delle costruzioni: il piano casa del Marocco prevede la costruzione di 250mila appartamenti all’anno. Lo scorso anno ne sono stati realizzati “solo” 160mila e dunque c’è un gap da recuperare. Ed anche in questo ambito si guarda alle imprese italiane con particolare attenzione.
Claudia Grandi