Al Vertice sulla sicurezza nucleare, svoltosi a Washington la settimana scorsa, si è giunti ad un accordo atto a scongiurarne la proliferazione di tutti gli arsenali atomici che potrebbero finire in mano ad organizzazioni terroristiche. Obama al summit ha lanciato un monito: “Se Al Qaeda avesse l’atomica la userebbe e sarebbe una catastrofe, per questo le nazioni devono fare in modo che ciò non accada”. L’Iran e nella fattispecie la questione inerente al suo dossier nucleare, hanno costituito una delle tematiche al centro dell’agenda del summit, il cui esito è stato quello di intraprendere una serie di nuove sanzioni nei confronti del Paese “canaglia”. Tuttavia l’intesa, suggellata dai 47 Paesi presenti ha visto l’esclusione di tre, che hanno preso le distanze.
In primis la Cina che, pur ribadendo il suo impegno per frenare la proliferazione di detti armamenti, ha altresì dichiarato che il nucleare è “un diritto di tutti”. Quindi, quasi a smentire l’apparente idillio con Obama durante il summit, la portavoce del Ministro degli Esteri cinese Jiang Yu, ha recentemente affermato che: “La Cina rimane sempre dell’avviso che il dialogo e i negoziati siano il miglior modo per risolvere il problema. Pressioni e sanzioni non potranno risolverlo alla radice”.
Nel contempo il Brasile e la Turchia hanno autonomamente deciso di avviare un processo di mediazione con l’Iran, al punto che – come riportato dalla stampa per quanto riguarda il primo – a Teheran è giunta una delegazione di rappresentanti del governo e delle imprese brasiliane. Ma è soprattutto la Turchia che non intende compromettere, mediante eventuali sanzioni, le strette sinergie in campo economico con il potente vicino.
Il Premier turco Recep Tayyip Erdogan, infatti, in un’intervista rilasciata alla Cnn ha dichiarato che non intende appoggiare le nuove sanzioni richieste da Obama, giustapponendo fra le altre cose il suo dissenso alla mancata adesione da parte di un altro paese mediorientale in possesso di armi atomiche, ovvero Israele, al Trattato internazionale di non proliferazione (Tnp). Inoltre ha accusato quest’ultimo di essere “la principale minaccia per la pace regionale” in Medio Oriente, biasimando la politica dei due pesi e delle due misure adottata dall’Onu. Significativa è stata la diserzione al vertice da parte del Primo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu, il quale temendo di affrontare lo sgradevole argomento ha preferito inviare una delegazione.
Tra i due Paesi si sta producendo un profondo attrito. Già nel 2009 Erdogan aveva abbandonato il vertice di Davos in seguito a una polemica con il presidente israeliano Shimon Peres. Più di recente, ha cancellato un’operazione militare congiunta con le forze aeree ebraiche.
Per quanto riguarda il dossier nucleare iraniano, mentre Israele invoca rigide sanzioni internazionali non escludendo l’opzione militare, Ankara sostiene il diritto di Teheran a dotarsi del nucleare civile ed è favorevole ad una soluzione diplomatica della crisi.
Tornando ad Erdogan ricordiamo il suo viaggio a Teheran, avvenuto verso la fine dell’anno scorso, che è stato motivo di sorpresa ma anche di apprensione per la stampa occidentale. Una visita che sembrava presagire una svolta da parte turca, un colpo di scena che avrebbe avvicinato Ankara a Teheran. In realtà sul tavolo dei negoziati Ahmadinejad aveva offerto all’interlocutore di cooperare per la creazione di un “nuovo sistema regionale” finalizzato a riempire il vuoto di potere lasciato dalle recenti crisi.
Diciamo che la linea di apertura nei confronti di Teheran così come il tentativo di riportare l’Iran entro un forum di discussione internazionale rientrano innanzitutto nel programma governativo dell’Akp (il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) basato sul principio di stabilire rapporti amichevoli e di cooperazione con i paesi confinanti e vicini. Un programma di politica estera formulato dal Ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, artefice della cosiddetta teoria della “Profondità Strategica”. Una dottrina caratterizzata da una politica estera multivettoriale che si fonda sulla riscoperta della funzione stabilizzatrice della Turchia nel Vicino Oriente e in Caucaso.
Sull’altro piatto della bilancia bisogna anche porre la frustrazione di Ankara per la lentezza con cui procede il processo di integrazione verso la Comunità Europea, nonché l’angoscia scaturente dall’evenienza che un isolamento del vicino iraniano possa penalizzare le proprie relazioni economico-energetiche.
Proprio di questi giorni è la visita di Davutoglu a Tehran, il quale, nel corso di una conferenza stampa con il suo omologo iraniano Manuchehr Mottaki, ha espresso la disposizione da parte della Turchia a fungere da intermediario per agevolare una soluzione dell’ostica questione inerente al programma nucleare. La tensione fra Teheran-Washington e il ruolo della Turchia sono pertanto stati i principali temi trattati da Davutoglu, il quale, allineandosi con la replica della Cina agli Usa, ha detto che la via migliore per risolvere detta tensione fra l’Iran e l’Occidente è quella diplomatica.
Difatti la posizione della Turchia in merito alla questione è molto chiara. Ankara riconosce ad ogni nazione il diritto di sviluppare un proprio programma nucleare per finalità civili. Per inciso ricordiamo che sta cooperando con la Russia alla realizzazione di un programma proprio. Tuttavia allo stesso tempo, si oppone alla proliferazione delle armi nucleari, soprattutto in una regione instabile come quella mediorientale. Pertanto appoggia il diritto dell’Iran a possedere un programma nucleare civile, ma si oppone a qualsiasi tentativo da parte iraniana di svilupparlo con finalità belliche.
Davutoglu ha inoltre aggiunto che Ankara sarebbe disposta ad attivarsi per facilitare uno scambio d’uranio tra l’Iran ed i Paesi occidentali.
La Turchia, attualmente membro provvisorio del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, aveva già proposto la sua funzione mediatrice per aiutare a risolvere il conflitto che oppone Teheran all’Occidente. Si era offerta per fare da garante e custodire l’uranio iraniano in cambio di materiale arricchito al 20% per uso civile. Come annota Jonathan Marcus, corrispondente diplomatico della Bbc, ricalcando le parole di Davutoglu: la posizione della Turchia è chiara, essa sostiene il diritto di Teheran di sviluppare la propria energia nucleare con finalità civili opponendosi simultaneamente ad ogni programma di armamento nucleare nella regione. Tuttavia aggiunge che, dato l’intensificarsi della pressione di nuove sanzioni contro Teheran, Ankara potrebbe venire a trovarsi dinnanzi ad un aut aut difficile se non forse riluttante: quello di schierarsi con Stati Uniti ed Europa oppure con l’Iran. Un’opzione che per quanto verosimile, nonostante tutto non appare essere troppo realistica, visto che la questione si sta trascinando avanti oramai da alcuni anni e visto che almeno due attori internazionali sono allineati su questo fronte.
Ermanno Visintainer