Pubblichiamo una breve anticipazione dell’intervista a Pietrangelo Buttafuoco su Mediterraneo, Iran, Stato Islamico e spinte migratorie. L’intervista integrale è in uscita con il n. 8 della rivista quadrimestrale “Il Nodo di Gordio”: “Mari che uniscono. Italia e Turchia pilastri del Mediterraneo”.
Prima con il romanzo “Il lupo e la luna” e poi con la Sua più recente opera letteraria “Il feroce Saracino” ha descritto la storia del Mediterraneo come quel mirabile crocevia di civiltà, attraversato da scontri ed incontri. Esiste oggi una comune civiltà mediterranea che unisce le varie sponde del Nostro Mare e che le unifica al di là delle differenze di religioni, sistemi economici e politici?
Direi di no. Meglio: non più. L’idea stessa del Mediterraneo, qualcosa di più di una suggestione “universale”, s’è spenta nello stesso momento in cui s’è cristallizzata l’Unione Europea. Non essendo un soggetto politico, quest’ultima, è riuscita però a creare una divaricazione all’interno dello stesso continente costringendo il Maghreb alla deriva sociale ed espellendo – al nord – la più potente e importante nazione europea, la Russia. La canea fondamentalista non capisce neppure il significato della parola Mediterraneo, figurarsi l’Europa. Di converso, gli eurocrati, non hanno alcuna strategia per il mare di tutti avendo una sola prospettiva: la disgregazione del limes, l’avvio del pulviscolo europeoide verso il destino unipolare.
Oggi il Mediterraneo è diviso e attraversato da tensioni e conflitti. Come potrebbe tornare ad essere un luogo di incontro fra civiltà e di equilibrio geopolitico?
Non è mai esistito un luogo incantato d’incontro. Nella storia, e gli esempi non mancano, comprese le Crociate, sono stati gli scontri a generare poi l’equilibrio tra i popoli del Mediterraneo. Ancora una volta, con l’Oscuro, si può ben dire: il Conflitto è padre e signore di tutto.
L’espansione dell’IS e le efferatezze compiute dalle milizie dell’autoproclamato Califfo al Baghdadi, mostrano all’Occidente un’immagine parziale e distorta del complesso mondo dell’Islam. Sullo sfondo la rinascita della Fitna, il conflitto tra Sciiti e Sunniti. Quale ruolo potrà giocare l’Iran in questa delicata partita?
Più l’Iran diventa una potenza più potremo dormire sonni tranquilli. C’è già un esorcista al lavoro per far rintanare l’Isis nel suo abisso nichilista. È Qassem Suleimani. I giornali occidentali, con la lodevole eccezione di Newsweek che gli ha dedicato una copertina, non ne parlano. Ma è questo comandante persiano a fare il duro lavoro di guerra contro il terrorismo. Si deve a lui e alle sue milizie se nelle chiese in Siria, devastate dai cosiddetti ribelli, i cristiani sono potuti rientrare accompagnati dal suono delle campane in festa. Si deve a lui e ai suoi soldati musulmani se Maolula, sopra l’altura che domina la città, è potuta tornare la statua della Santa Vergine. Si sa, i ribelli siriani sono stati cantati dai media occidentali al pari degli eroi della Guerra di Spagna. Tutti i “mangiatori di fegato” descritti quali novelli Hemingway o Bernanos in lotta contro Francisco Franco. E come i comunisti di Spagna inscenavano – a beneficio della retorica palingenetica – la fucilazione della statua di Cristo Redentore così i loro nipotini siriani, benedetti dallo Zeitgeist liberale, hanno pensato bene di mitragliare la Madonna.
© Riproduzione Riservata