Tav e Tap, c’è assonanza ma le due realtà hanno aspetti molto differenti e non basta che si tratti di due interventi infrastrutturali per renderli simili. La Tap porterà in Italia il gas in arrivo dall’Azerbaijan. Approderà in Puglia per poi venir distribuito in tutta la Penisola. Che l’Italia abbia bisogno di energia è evidente a tutti, compresi coloro che si sono opposti al gasdotto. In futuro, si spera, le energie rinnovabili e pulite renderanno superfluo il ricorso al metano o al petrolio, ma l’autosufficienza energetica basata su sole e vento non sarà raggiunta in tempi brevi.
Dunque il ricorso al gas è non solo inevitabile ma rappresenta anche l’alternativa migliore, in termini ambientali, al ben più inquinante petrolio. Sulla Tap, però, incombevano anche le proteste per eventuali danni arrecati ai fondali marini, alla spiaggia dove la condotta arriverà, agli ulivi dei pochi km attraversati prima di collegarsi con gli impianti già esistenti.
Problemi che pare siano stati affrontati e risolti. Basti pensare che gli ulivi espiantati sono stati collocati provvisoriamente in aree dotate di strutture per la protezione dalla Xylella e saranno poi ripiantati nei terreni originari. Ed anche la spiaggia non verrà intaccata.
Quanto alla Tav Torino Lione, i contrasti riguardano la filosofia stessa dell’opera. Tav è l’acronimo di Tratta ad Alta Velocità. E quel riferimento all’Alta Velocità va tenuto presente. Sin dall’inizio della discussione sulla nuova linea tra il Piemonte e la Francia si è sostenuto che la Tav sarebbe servita per agevolare il trasporto delle merci, aumentando la competitività del territorio e riducendo l’inquinamento con l’eliminazione dei Tir che percorrono attualmente la Val Susa in autostrada o sulla viabilità ordinaria. Tutto bene, dunque?
Non proprio, perché le stesse promesse avevano accompagnato la realizzazione dell’alta velocità italiana tra Torino e Salerno passando per Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. E in tutti questi anni quanti Tir sono stati eliminati grazie alla nuova linea? Nessuno. Sull’Alta Velocità italiana non transitano treni merci.
E allora qualche dubbio sulla Torino Lione è inevitabile. In origine avrebbe dovuto rappresentare una tratta fondamentale del corridoio 5, da Lisbona a Kiev. Peccato che molti Paesi lungo il corridoio 5, che ha pure cambiato nome, non siano più interessati, a partire dal Portogallo. Però potrebbe essere solo un problema contingente. Mentre la realizzazione della Via della seta ferroviaria dalla Cina all’Europa potrebbe dare nuovo impulso.
Però, a quel punto, i problemi sarebbero nuovamente italiani. Se sull’alta velocità italiana non transitano treni merci, i carichi in arrivo dall’Est verrebbero scaricati dai treni a Trieste e trasferiti sui Tir per attraversare su gomma, e inquinando, tutta la Pianura Padana arrivando sino a Torino dove andrebbero ad ingolfare la già insufficiente tangenziale per proseguire sull’autostrada verso Pinerolo per raggiungere lo scalo di Orbassano dove i Tir scaricherebbero le merci sui treni diretti a Lione. Una follia.
Le merci devono viaggiare su rotaia, ma sull’intera tratta. Invece alcune associazioni imprenditoriali hanno già spiegato di preferire il trasporto su gomma, respingendo ogni ipotesi di divieto di transito nelle tratte alpine. Fingendo di non sapere che Austria e Svizzera hanno già imposto limitazioni proprio per tutelare l’ambiente. Imprenditori che vogliono la Tav per le commesse relative alla costruzione, ma senza l’obbligo di utilizzarla successivamente.
È vero che l’opera sarebbe comunque utile per i collegamenti riservati ai passeggeri, ma un briciolo di onestà intellettuale non farebbe male e servirebbe a fare chiarezza.
Augusto Grandi
Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”