Sul sito delle Forze Aeree del Pacifico (PACAF), è riportata la frase che la missione, la visione e la priorità dell’Aviazione USA nel Pacifico è quella di attuare la strategia di difesa nazionale e supportare gli obiettivi del comando indo-pacifico degli Stati Uniti. Le forze aeree del Pacifico devono essere agili, resilienti, letali e rivoluzionarie. Il PACAF integrerà le capacità congiunte di aria, di spazio e di cyberspazio per salvaguardare un Indo-Pacifico libero e aperto.
Le truppe statunitensi devono essere pronte ad un conflitto con la Cina in un momento in cui le tensioni tra i due paesi hanno raggiunto un livello alto. Questo è quanto emerge da una videochiamata, effettuata il 6 novembre scorso, tra i leader delle Forze Aeree del Pacifico e il personale di stanza in Giappone. Il comandante del PACAF, generale Kenneth Wilsbach ha dichiarato che Pechino, con la sua “attività malvagia e coercitiva, che spesso non è conforme al diritto internazionale”, è la sfida più grande che la regione deve affrontare.
Wilsbach è il comandante di circa 46.000 aviatori, principalmente in Giappone, Corea del Sud, Hawaii e Guam. E’ il comandante della componente aerea per il Comando del Pacifico degli Stati Uniti in una delle regioni più complesse del mondo e dovrà fare i conti con la crescente assertività della Cina in aree come il Mar Cinese Meridionale e l’imprevedibile belligeranza della Corea del Nord.
Le Forze Aeree del Pacifico, con sede presso la Joint Base Pearl Harbor-Hickam alle Hawaii, prevedono la presenza continua di bombardieri, B-1B Lancer, B-52 Stratofortress e bombardieri B-2 Spirit e hanno lo scopo di rassicurare gli alleati degli Stati Uniti nel Pacifico e scoraggiare potenziali avversari come Cina e Corea del Nord. Le basi PACAF includono: la base aerea di Andersen a Guam; le basi aeree di Kadena, Misawa e Yokota in Giappone e le basi aeree di Kunsan e Osan in Corea del Sud.
Il comandante delle forze aeree USA nel Pacifico ha detto che tra i comportamenti “inquietanti” della Cina, rientrano la “repressione del processo democratico” a Hong Kong, che ha scatenato disordini lo scorso anno, i suoi recenti scontri al confine con l’India e la militarizzazione e costruzione di isole nel Mar Cinese Meridionale.
Pechino ritiene di avere un diritto storico sulla regione, facendo riferimento alle prime mappe pubblicate dalla Cina che rivendicano come propri i mari della Cina meridionale e orientale. Ma Vietnam, Malesia, Filippine, Brunei e Taiwan hanno contro rivendicazioni. Nel Mar Cinese Orientale, la Cina ha controversie territoriali con il Giappone. Pechino ha anche compiuto notevoli progressi nella militarizzazione delle sue isole artificiali negli ultimi anni. Tuttavia, le Nazioni Unite, nel 2016 hanno respinto queste rivendicazioni in una sentenza relativa ad un caso presentato dalle Filippine.
Wilsbach ha criticato la Cina per “gli atteggiamenti minacciosi” nei confronti di navi e aerei militari statunitensi che nemmeno si avvicinano “alle 12 miglia della Cina”, riferendosi alla distanza dalle coste che costituisce le acque territoriali di una nazione ai sensi del diritto marittimo internazionale. “Tutta questa attività sta causando molto sconforto a noi e ai nostri alleati e partner nella regione perché … siamo alla ricerca di un Indo-Pacifico libero e aperto, che includa un commercio aperto, mari aperti e cieli aperti in conformità con il diritto internazionale”.Il lavoro degli alleati e dei partner statunitensi nella regione indo-pacifica sono fondamentali, ha affermato Wilsbach. Vengono effettuate attività addestrative regolari con le forze armate di altri paesi “in modo da diventare interoperabili e probabilmente anche integrati”.
Il termine “interoperabilità” descrive la capacità delle forze armate di un paese di utilizzare i metodi di addestramento e le attrezzature militari di un altro paese. Le frequenti esercitazioni con le forze di autodifesa giapponesi e la marina australiana sono esempi di interoperabilità.
Infine Wilsbach ha detto che “questa è una cosa che il nostro avversario deve davvero considerare”. “In breve, è un valore deterrente prima dell’inizio di un combattimento.” Se dovesse scoppiare un conflitto, la capacità di combattere a fianco dei partner “diventa una grande risorsa perché i nostri punti di forza sono maggiori se operiamo insieme”.
Un’alleanza che potrebbe contrapporsi alla Cina starebbe prendendo forma ed è composta dai cosiddetti paesi “Quad” (USA, Giappone, Australia e India). I paesi che vi fanno parte sanno che per moderare il comportamento di Pechino si deve agire insieme e parlare all’unisono. Lo scopo principale della pseudo-alleanza sarebbe il rafforzamento della cooperazione per promuovere un equilibrio strategico nell’Indo-Pacifico e lavorare per sostenere una regione di stati resilienti e sovrani che si impegnano a vicenda sulla base di regole, norme e diritto internazionale. La Cina però è consapevole che tale alleanza è rivolta principalmente contro la crescente presenza della flotta militare cinese nell’Indo-Pacifico e la sua politica, vista come espansiva ai danni dei paesi della regione.
Nel prossimo futuro si vedranno anche gli indirizzi del nuovo presidente degli Stati Uniti in politica estera, anche se si è portati a pensare che con la Cina ci potrà essere un cambiamento di toni e di atteggiamento ma non nella sostanza.
Elvio Rotondo
Country Analyst think tank “Il Nodo di Gordio”
© RIPRODUZIONE RISERVATA