CARMELO BORG PISANI: EROE DI CHI?
INDICE
- Introduzione (Andrea Liorsi)
- Breve storia di Malta (Andrea Liorsi)
- L’irredentismo maltese (Andrea Liorsi)
- Presentazione e introduzione al volume Carmelo Borg Pisani (1915-1942): eroe o traditore?, di Stefano Fabei (Guido de Marco – Franco Cardini)
- Carmelo Borg Pisani, vita e morte di un idealista (estratto dell’articolo “Carmelo Borg Pisani – un eroe dimenticato”, di Raffaele Gargiulo, Rivista Marittima, luglio 2010)
- Il caso Baillie-Stewart (Andrea Liorsi)
- Riabilitare Carmelo Borg Pisani? (Fabio Caffio)
- Relazioni fra Italia e Malta (Andrea Liorsi)
- Iniziative e azioni in memoria di Carmelo Borg Pisani (tabella)
- Intervista al Comandante Gulminelli (Emanuele Pilon, pubblicata sul sito del Movimento Irredentista Italiano, 28 novembre 2013)
- Parlano di lui e lo ricordano … (box)
- Considerazioni conclusive (Andrea Liorsi)
INTRODUZIONE
di Andrea Liorsi
Il 28 novembre 1942 moriva a Malta, impiccato nel carcere di Corradino (Paola) come un comune malfattore, Carmelo Borg Pisani (CBP), maltese di nascita, italiano per cultura ed ideali, membro delle FF.AA. italiane, in quanto Sottocapo Manipolo della MILMART (Milizia Marittima di Artiglieria). La sua esecuzione avveniva al termine di un ambiguo processo dopo una prigionia di sei mesi, conseguente alla sua cattura sul suolo maltese nel corso di una sfortunata missione preparatoria all’Operazione “C3”, lo sbarco sull’isola (come noto, poi mai avvenuto). Perché la pena capitale, per di più infamante rispetto alla più “nobile” fucilazione? E perché dopo l’esecuzione fu sepolto in una fossa comune, assieme ai criminali giustiziati nel carcere? Essendo Borg Pisani un membro effettivo delle FF.AA. di un Paese sovrano, ancorché nemico, la sua vita e la sua dignità avrebbero dovuto essere tutelate dalle vigenti leggi di guerra … Ma gli inglesi, all’epoca, considerarono prevalente il fatto che CBP fosse nato su suolo inglese e quindi fosse da considerare cittadino britannico a tutti gli effetti, nonostante all’inizio delle ostilità fra la Gran Bretagna e l’Italia avesse dichiaratamente ed ufficialmente rinunciato alla cittadinanza britannica, consegnando una lettera assai esplicita all’Ambasciata USA a Roma, che all’epoca curava anche gli interessi della Gran Bretagna. Considerato traditore del proprio Paese, quindi, il processo e la morte per impiccagione erano scontati. Ma anche se tecnicamente non era un “cittadino italiano”, era pur sempre un “soldato italiano”, cui fra l’altro fu concessa, alla memoria, la Medaglia d’Oro al Valor Militare dal Re Vittorio Emanuele III, il 4 maggio 1943, con la seguente motivazione:
Irredento maltese e, come tale esente da obblighi militari, chiedeva ripetutamente ed otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica. Come Camicia Nera partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva una infermità per cui avrebbe dovuto essere sottoposto ad atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina ad ufficiale della Milizia Artiglieria Marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi di allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo. Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla Corte Marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e cadeva sotto il piombo del plotone di esecuzione[1] al grido di: “Viva l’Italia”. Fulgido esempio di eroismo, di fede, di abnegazione e di virtù militari, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell’irredentismo.
Malta, 1942
Un vero paradosso legale. Gli inglesi, quindi, avevano ragione o torto quando decisero di processare CBP come traditore? In effetti egli non ottenne la cittadinanza italiana (forse nemmeno la chiese …), ma aveva ufficialmente rinunciato a quella britannica (e questo gli inglesi certamente lo sapevano). Un apolide, dunque? E la decisione inglese può essere stata, anziché ponderata, falsata da un desiderio di rivalsa contro l’Italia, che in quel periodo sottoponeva l’isola di Malta a pesanti bombardamenti? O forse per dare un avvertimento ai maltesi che mal sopportavano il giogo britannico? E quale è stato l’atteggiamento dell’irredentismo maltese nella vicenda di CBP?
Sta di fatto che né al termine del conflitto, né successivamente all’indipendenza di Malta dalla Gran Bretagna è stato possibile far luce sulla vicenda, con lo scopo di riabilitare univocamente la memoria di CBP o, quanto meno, dare una dignitosa sepoltura ai suoi resti, almeno simbolicamente, visto che sarebbe ora assai difficile, materialmente, individuarli.
Questo dossier, il cui titolo è preso dall’interrogativo finale contenuto nell’ultimo libro scritto su CBP[2], oltre a illustrare la vicenda in sé, ha lo scopo di raccogliere sinteticamente tutto quello che è stato detto e fatto in merito negli ultimi decenni del secolo scorso e fino ad oggi, cercando di trarre qualche conclusione e, non meno importante, di mantenere desta l’attenzione su un caso che, al di là delle considerazioni storiche, politiche e legali, meriterebbe di trovare una soluzione dettata dall’Umanità e dalla Carità cristiana.
BREVE STORIA DI MALTA
di Andrea Liorsi
Popolato sin dal neolitico, l’arcipelago di Malta, composto da tre isole maggiori, Malta, Gozo e Comino, e da 18 minori, fu colonizzato dai Fenici nel 1000 a.C. e occupato nel 736 a.C. dai Greci, che denominarono l’isola maggiore Melita, da “miele”, in ragione della numerosa popolazione di api presente in loco. Malta passò successivamente sotto il dominio cartaginese (400 a.C.), romano (218 a.C.) e infine bizantino (300 d.C.), fino a che nell’870 fu conquistata dagli Arabi, che dominarono sull’arcipelago fino al 1091; la cultura araba è ancora oggi riscontrabile nelle tradizioni e nella lingua. Dall’XI al XVI secolo l’isola fu dominata in successione da Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi, fino a che nel 1530 fu concessa in affitto perpetuo dal Regno di Sicilia ai Cavalieri Ospitalieri, nati come Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme,precedentemente stanziati a Rodi.
Questo ordine monastico, noto da allora come “Cavalieri di Malta”, nasce a Gerusalemme nella prima metà del IX secolo come ordine ospitaliero, per poi divenire un ordine religioso cavalleresco cristiano con la missione di aiutare i poveri e gli ammalati e di proteggere i pellegrini che si recavano in Terrasanta. Dopo la perdita di Gerusalemme, l’ordine si trasferì prima a Cipro, poi a Rodi ed infine a Malta, perdendo progressivamente l’aspetto assistenziale e divenendo di fatto un ordine militare, con una piccola ma efficace flotta, che si schierò spesso a fianco delle potenze cristiane contro l’Impero Ottomano (che tentò di conquistare, inutilmente, l’isola nel 1565, con un assedio durato quattro mesi). Ben nota è la partecipazione dei Cavalieri alla battaglia di Lepanto (1571), nella coalizione voluta da papa Pio V. Il dominio dei Cavalieri ebbe termine quando Malta fu conquistata da Napoleone, durante la Campagna d’Egitto (1798). Due anni dopo, nel 1800, un’azione di blocco della Royal Navypose fine al possesso francese dell’isola, che divenne un protettorato britannico e, nel 1814, ufficialmente parte dell’Impero. Grazie alla sua posizione favorevole fra Gibilterra e Suez fu ben presto utilizzata come base logistica e quartier generale della Mediterranean Fleet.
Agli inizi del Novecento si sviluppò a Malta un forte sentimento irredentista che mirava a unire l’arcipelago al Regno d’Italia. Tale sentimento fu energicamente contrastato dagli inglesi, i quali avviarono un processo di “de-italianizzazione” di Malta che si inasprì durante il periodo del Fascismo, fino a vietare l’uso dell’italiano nei tribunali ed il suo insegnamento nelle scuole elementari; infine fu tolto all’italiano lo statusdi lingua ufficiale che aveva assieme all’inglese, sostituendolo con il maltese (1934). Durante la Seconda Guerra Mondiale l’isola rivestì un ruolo cruciale per la Battaglia dei Convogli che si combatté nel Mediterraneo, sia nel contrasto a quelli italo-tedeschi che andavano dai porti italiani al Nord Africa, sia nella difesa di quelli britannici che da Gibilterra portavano i rifornimenti verso l’Egitto. Le forze dell’Asse, che non tentarono di occuparla malgrado fosse stato approntato un piano di invasione, la sottoposero a pesanti bombardamenti, senza tuttavia provocarne la resa.
Il 21 settembre 1964 Malta ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna, divenendo parte del Commonwealth(con la Regina d’Inghilterra come Capo di Stato), mentre dieci anni più tardi si costituì in Repubblica parlamentare. Dal 2004 Malta è parte dell’Unione Europea.
L’IRREDENTISMO MALTESE
di Andrea Liorsi
L’attuale popolazione maltese è discendente da quelle genti sicule che gli Arabi, dopo aver conquistato l’arcipelago nell’870 e sterminato gli abitanti originari, importarono, per così dire, dalla Sicilia; queste popolazioni parlavano un dialetto semitico siculo-arabo, antenato dell’odierna lingua maltese. È innegabile quindi che fin da allora si stabilì un forte legame, etnico e culturale, fra Malta e l’Italia, in particolare la Sicilia, legame destinato poi ad accrescersi nei secoli successivi, grazie anche alla contiguità geografica. Dalla conquista normanna (1091) il legame divenne anche di tipo religioso, quando le popolazioni dell’arcipelago passarono progressivamente dall’islamismo al cattolicesimo. Inoltre, durante il periodo in cui Malta fu governata dai Cavalieri (1530-1798), si diffuse l’uso dell’italiano come “lingua franca” nell’amministrazione dell’arcipelago; anche l’aristocrazia maltese, in questo periodo, utilizzava l’italiano come lingua colta.
Con l’amministrazione inglese, istauratasi dopo il breve dominio napoleonico, sull’onda di svariati motivi di scontento per la politica interna e fiscale britannica iniziò a manifestarsi un sentimento di vicinanza alla Nazione italiana, che molti maltesi consideravano alla stregua di una Madre Patria. A ciò contribuì la presenza, nell’isola, di qualche centinaio di esuli italiani risorgimentali, le cui idee fecero presa sui locali più insoddisfatti del Governo inglese, che diedero vita al Partito Anti-Riformista, fondato dall’italo-maltese Fortunato Mizzi (1880). Il partito fu sciolto dalla repressione inglese nel 1905 ma il seme dell’irredentismo era stato gettato e nel primo dopoguerra i nazionalisti maltesi si riunirono in un nuovo partito, l’Unione Politica Maltese; da questo ben presto si distaccò una corrente più estremista e pro-italiana, guidata da Enrico Mizzi (figlio di Fortunato), che si costituì in Partito Democratico Nazionalista. Dopo alcuni anni di vita politica separata ma non confliggente, nel 1926 i due partiti, riunitisi, diedero vita al Partito Nazionalista.
L’evento che rafforzò i sentimenti irredentisti della popolazione maltese ebbe luogo il 7 giugno 1919, quando le truppe inglesi aprirono il fuoco sulla folla disarmata che manifestava contro l’aumento del prezzo del pane in seguito a nuove tasse introdotte dall’autorità britannica, causando quattro morti ed una cinquantina di feriti (tale evento è ancora oggi commemorato come Festa Nazionale, che prende il nome appunto di “Sette giugno”, non a caso in italiano). Dopo l’avvento del Fascismo, che rivendicava apertamente l’appartenenza di Malta all’Italia, Il Governo britannico vide con sempre maggior preoccupazione l’affermarsi di sentimenti irredentisti fra la popolazione maltese ed intraprese una serie di misure repressive per troncare i legami con l’Italia. Quando alle elezioni del 1932 il Partito Nazionalista sconfisse nettamente il Partito Costituzionale Maltese, filo-britannico, le autorità coloniali, preoccupate dall’ascesa dell’Italia nel Mar Mediterraneo e in Africa, sospesero sia il Governo che la Costituzione ed iniziarono un processo di “de-italianizzazione” dell’arcipelago, giungendo ad abolire l’italiano quale lingua ufficiale e, successivamente, a far chiudere le scuole e gli istituti di cultura italiani.
Gli irredentisti maltesi vicino al Fascismo ebbero da allora vita difficile: sottoposti a continue misure repressive da parte degli inglesi, in molti furono costretti all’esilio, tra cui Carlo Mallia, docente di Diritto dell’Università di Malta, considerato l’ideologo del movimento irredentista maltese; egli riparò a Roma dove fondò il Comitato di Azione Maltese, e venne in seguito nominato Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, in rappresentanza dell’arcipelago. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale gli attivisti ancora presenti sull’isola, tra i quali vi era Enrico Mizzi, vennero arrestati e deportati in Uganda. Quelli riparati in Italia aderirono per la gran parte al Fascismo, ed in molti si arruolarono volontari nel Regio Esercito o nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, per combattere contro gli inglesi; alcune decine di loro furono addestrati nel Centro militare “G” di Soriano nel Cimino (Viterbo), per diventare guide da sbarco in previsione dell’invasione dell’isola (nel dopoguerra il Governo britannico ottenne l’estradizione di alcuni degli irredentisti maltesi portandoli in giudizio sull’isola, dove furono prosciolti tutti da una giuria popolare).
Ad ogni modo, con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania e soprattutto con le azioni di bombardamento cui l’isola venne sottoposta, l’appealdell’irredentismo calò assai rapidamente fra i maltesi, anche fra le fila del Partito Nazionalista che, giunto al Governo nel 1950 (con Enrico Mizzi), si dedicò principalmente a propugnare l’indipendenza dalla Gran Bretagna (contrastando un progetto di integrazione con il Regno Unito portato avanti dal Partito Laburista), ottenuta nel 1964.
PRESENTAZIONE DEL VOLUME CARMELO BORG PISANI (1915-1942): EROE O TRADITORE? DI STEFANO FABEI
di Guido de Marco
Giudicare Carmelo Borg Pisani, anche dopo più di sessant’anni dalla sua tragedia, crea qualche difficoltà. Per chi nel passato sognò una Malta irredenta e vide nella sua unione all’Italia il compimento storico del Risorgimento, egli sta nella stessa categoria di Cesare Battisti e di altri eroi, che in terre irredente vissero il sogno di un ritorno alla madrepatria.
Da chi negli anni Quaranta e durante la Seconda Guerra Mondiale visse la situazione politica maltese, Borg Pisani è considerato un traditore che durante il bombardamento indiscriminato dell’arcipelago da parte delle forze aeree italo-tedesche stava dalla parte di chi lo riduceva in rovine. Questo rimane per molti l’enigma dell’uomo. In verità qui sta il semplicismo di chi vuol ridurre la tragedia di un giovane, serio e idealista, in un’apoteosi non del tutto meritata, o in un disprezzo non del tutto dovuto.
A partire dal 1530, a Malta, pur geograficamente e, grazie all’Ordine dei Cavalieri, culturalmente vicina all’Italia, si sviluppò un’identità particolare che, in seguito alla presenza francese contro la quale i maltesi insorsero riscattando con il sangue la propria indipendenza, rafforzò le posizioni dell’Inghilterra cui era legata l’economia dell’isola ed estese l’influenza della cultura anglosassone.
Il Risorgimento italiano, tramite le sue figure storiche, alcune delle quali presenti nell’isola come esuli, diede l’impulso necessario al nazionalismo maltese. Questo, pur essendo culturalmente difensore dell’idioma italiano a Malta, una presenza linguistica che durava da più di sette secoli, si ispirava anche a principi di democrazia e del governo rappresentativo sul modello di Westminster.
Tutto ciò, unitamente al ruolo giocato sul piano economico, fece talvolta apparire la presenza inglese a Malta come quella di uno Stato coloniale e imperialista. È importante notare che il nazionalismo maltese non era irredentista, non considerava come suo vitale obiettivo l’unione di Malta all’Italia. Quello su cui insisteva il nazionalismo maltese era che pari passuall’avanzamento della lingua inglese, quella italiana continuasse ad essere parte della cultura dell’isola, come lo era stata nei secoli precedenti. In sintesi, il nazionalismo maltese difendeva la civiltà latina di Malta come elemento fondamentale per il diritto all’autogoverno del popolo maltese.
Gli anni Trenta del XX secolo erano anni difficili. Difficili perché la politica coloniale inglese a Malta si manifestò in tutta la sua durezza. Il sistema di “self government“, che dopo una lunga lotta politica il popolo maltese aveva ottenuto dal 1921 in avanti, venne prima sospeso e poi tolto. Il Governatore inglese decise provvedimenti contro la lingua italiana.
Carmelo Borg Pisani fu preso in questo vortice: da una parte una dipendenza economica dall’Inghilterra che restringeva l’azione politica per l’autonomia reclamata dai politici nazionalisti, e dall’altro lato la sfida del Governo britannico che volle ad ogni costo cancellare dall’isola la forte presenza della cultura latina.
La decisione dell’Italia di concludere il Patto d’Acciaio con la Germania creò una situazione ancora più difficile per tanti maltesi. Una cosa era lottare per la civiltà latina di Malta, e un’altra cosa era far parte di un grande disegno nazifascista. Mentre Mussolini godeva di una certa simpatia nella politica internazionale, l’affiancamento a Hitler rafforzò in molti la volontà di lottare contro le dittature. E qui stava l’ironia del popolo maltese. Questo subiva la dittatura britannica, ma almeno l’Inghilterra credeva nei princìpi della democrazia, mentre l’asse Roma-Berlino si fondava sulla dittatura.
Questo era anche il calvario del nazionalismo maltese che andava cercando le vie della soluzione per un popolo che voleva salvaguardare la sua storia, la sua dignità, ma tutto questo nel rispetto della democrazia nella quale credeva. È da qui che inizia la divergenza con Borg Pisani, il cui nazionalismo non si sviluppa nel contesto di una Malta che deve autogovernarsi, ma di una Malta irredenta.
Per i nazionalisti maltesi, il sogno del nazionalismo si concretizzerà il 21 settembre 1964, con l’indipendenza dell’arcipelago. Da coloro che guardavano all’Inghilterra come nazione protettrice e sostenitrice dell’economia, Borg Pisani viene considerato come uno che aiutava il nemico. Ma sarebbe uno sbaglio non accreditargli un idealismo puro e travolgente, perché veramente credette nella causa di Malta irredenta. Per lui la soluzione maltese stava non nell’indipendenza di Malta, e neppure nell’assorbimento di Malta nell’impero inglese, ma nel suo ritorno a quella che considerava la madrepatria, l’Italia. Questo lo fece con un convincimento chiaro e deciso.
Carmelo Borg Pisani visse una vita ordinaria che le circostanze della storia fecero cambiare in modo straordinario. Egli non rappresenta un enigma, era soltanto un giovane dalle idee semplici, di principi risoluti, che merita il rispetto di chi s’immola per i propri sogni.
Guido de Marco
Presidente della Repubblica di Malta
1999-2004
INTRODUZIONE AL VOLUME CARMELO BORG PISANI (1915-1942): EROE O TRADITORE? DI STEFANO FABEI
di Franco Cardini
Eroe o traditore? Il sottotitolo di questo libro esplicita quel che, nel linguaggio degli speakertelevisivi, si definirebbe appunto “una bella domanda”. E una domanda molto difficile: quasi disperante, in questi tempi di polemiche aspre e talvolta demenziali sul cosiddetto relativismo.
È stato fra gli altri Carl Schmitt a impostare da par suo il paradigma del traditore. Una dimensione complessa dell’essere e dello scegliere: la spia, il doppiogiochista, il collaborazionista, il traditore vero e proprio sono ritagliati nella stessa stoffa del traduttore o di quello che nell’epica bizantina sarebbe il Dighènis Akrites[3]e in tanti momenti della storia sono stati il clandestino-brigante e il borderfighter. In un suo saggio, Carlo Ginzburg ha confessato (ne riassumo il pensiero, ma non ricordo le parole esatte) che, quando riceve critiche anche aspre a una sua tesi, non sa resistere dall’immedesimarsi nelle ragioni del critico e quasi dal “tifare” per lui contro sé stesso. Caso tipico da lettino dello psicanalista o caso estremo di onestà intellettuale? Comunque siamo almeno in due a sentire e a pensarla così: a me succede sempre l’identica cosa. Ciò è valido però per un tipo speciale di “traditore” o, visto dall’estremo opposto, di “convertito”: colui cioè che per maturata ma sofferta convinzione, o per viltà, o per interesse, o per un eccesso di sentimentalismo, o per una troppo vigile curiosità intellettuale, o essendo (sul piano etno-linguistico-culturale) perfettamente bilingue, spesso è anche uno che ha due patrie, e magari le ama entrambe e non riesce a distaccarsi del tutto dalla sponda che in qualche modo è stato costretto o indotto ad abbandonare. Colui insomma per il quale il “tradimento” è stato obiettivamente tale, e non ha costituito una metanoia, una conversio; oppure colui il quale ha scelto una parte di sé stesso, ma così facendo pensa di averne perduta un’altra, e vorrebbe tanto poter riunire quelle due parti di sé, sanare quell’intima contraddizione, quella continua nostalgia dell’altra sponda, quell’eterno sentirsi “altrove”. “J’ai deux amours“, come diceva la vecchia canzone francese.
Ma, naturalmente, il vero convertito è altra cosa: è un uomo nuovo, che si è lasciato alle spalle l’uomo vecchio come si getta un abito usurato o un otre ormai inservibile, di quelli che non si userebbero mai per versarvi l’evangelico vino nuovo. Quanto poi il “traditore” sia tale solo formalmente o istituzionalmente, perché in realtà ha avuto in sorte di nascere sulla sponda o sul lato del crinale “sbagliati” rispetto alla sua essenza profonda e alla sua identità, allora il discorso è ancora diverso: in quel caso, il “tradimento” sarà solo la corsa verso la libertà. Che cosa “tradivano” i cittadini tedesco-orientali che si gettavano a corsa pazza verso la sbarra di confine o che scavalcavano il muro che divideva le due Berlino, sfidando i mitra dei Vopos?
Resta comunque vero che, invariabilmente e con le dovute, fortunate o illuminate eccezioni, colui che è un eroe o un convertito per i suoi nuovi fratelli, quelli verso i quali si dirige nella sua corsa verso quelle che gli sembrano la Libertà o la Giustizia o la Patria o la Verità, è invariabilmente un traditore o un rinnegato per quelli la terra o la fazione o la fede dei quali egli abbandona. Salvo che poi, finché i giochi non sono chiari, il rinnegato o il traditore possono essere usati come spie o come doppiogiochisti o anche semplicemente come traduttori e diplomatici magari ufficiosi. Quel che davvero purtroppo decide, sul piano dell’eroismo versustradimento, del rinnegamento e dell’apostasia versusconversione, è il lato dal quale inclina la bilancia della Storia. Sono i vincitori a decidere chi sia eroe, chi sia traditore. Perché, altrimenti, dovremmo mai – almeno in Italia – chiamare eroi Guglielmo Oberdan e Cesare Battisti? E perché, al contrario, sono stati giudicati traditori un Robert Brasillach e un Ezra Pound, e l’uno è finito fucilato mentre per non macchiarsi del sangue del più grande poeta del Novecento i vincitori del ’45 hanno dovuto farlo passar per pazzo e rinchiuderlo come una belva feroce in una gabbia del Fascist Criminal Campdi Coltano?
La storia d’Italia ha avuto i suoi irredentisti: e gli irredentisti sono sempre dei rinnegati e dei traditori per quella che – premesse alcune condizioni storiche e giuridiche – è formalmente, istituzionalmente la loro patria. Ma se gli irredentisti anteriori al 1918, indipendentemente dall’esito della loro scelta e del loro impegno, hanno ricevuto se non altro postuma gloria, un velo greve, pesante, plumbeo, è calato sugli altri, su quelli che irredentisti sono stati nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. In un periodo nel quale la storia scritta dopo il ’45 ha decretato che onorevole fu l’esule e patriota colui che, dopo il giugno ’40, avesse agito o perfino combattuto contro il proprio esercito e il proprio Paese, mentre al contrario assolvibile (ma non del tutto innocente) chi non avesse avuto il coraggio di compiere tale scelta, o chi si fosse rifugiato dietro il “right or wrong, it’s my country“; e degno al contrario d’oblio chi vivendo in un Paese estero, ed essendo italiano, avesse fatto di tutto per ricongiungersi alla madrepatria anche nonostante il fatto ch’essa fosse in balìa di una dittatura. Al limite, l’irredentismo italiano tra le due guerre, che poteva esercitarsi dalla Corsica o da Malta, è stato considerato e – molto poco – studiato solo come uno degli aspetti della propaganda fascista o dei suoi esiti.
In effetti, l’Italia fascista non era soltanto una patria: essa costituiva anche una scelta se non proprio ideologica quanto meno politica. Chi si fosse sentito italiano e attratto dal richiamo dell’Italia, ma al tempo stesso avesse nutrito sentimenti antifascisti o sospetti e riserve nei confronti del fascismo, si sarebbe probabilmente astenuto, almeno tra il ’25 e il ’40 (e con più decisione durante il conflitto) dal compiere scelte suscettibili di riavvicinarlo all’Italia o addirittura di ricondurlo entro i suoi confini. Ciò è vero soprattutto in Corsica: l’isola, nella quale l’italicità è sempre stata presente ma non altrettanto l’italianità, è stata dal Settecento terra di forti e radicati sentimenti indipendentistici e nazionali, non solo in senso antifrancese, ma anche – in modo diverso – antitaliano. I condannati a morte dal Tribunale per la difesa dello Stato di Bastia del 1946 – che erano peraltro quasi tutti nascosti in Italia – erano senza dubbio fascisti o avevano comunque collaborato con le autorità italiane d’occupazione sino a quando le truppe coloniali francesi ripersero di nuovo l’isola. Nel novembre del ’43, ad Algeri, fu fucilato come collaborazionista e traditore il colonnello Petru Simon Cristofini, mentre “traditori” tout courtfurono giudicati dai tribunali francesi quei còrsi esuli in Italia che stampavano giornali come “Corsica antica e moderna” o “L’Idea còrsa“.
Differente, per natura e per qualità, il caso dell’irredentismo maltese, che Stefano Fabei ricostruisce rivisitando la figura di un uomo politico, artista e pensatore come Carmelo Borg Pisani: anche perché Sua Maestà britannica non aveva mai assunto, nei confronti della gente di Malta, quell’atteggiamento duramente assimilazionista che aveva caratterizzato la politica francese nei confronti della Corsica almeno dai tempi di quel Napoleone III che era pur figlio e nipote d’illustri còrsi d’origine. Borg Pisani, italiano per famiglia, per tradizioni e per educazione fin dalla scuola elementare – l'”Umberto I” di La Valletta – fu senza dubbio un sostenitore e un cultore dell’italianità dei maltesi (per i quali italicità e, se si vuole, sicilianità sarebbero più problematiche), ma al tempo stesso compartecipò del clima politico dell’Italia fascista, ne condivise le prospettive e se si vuole le illusioni, fu soldato italiano, combattente per quella che egli riteneva la liberazione del suo Paese – nell’evidente prospettiva dell’annessione all’Italia – e martire di quell’idea. Martire nel senso che non poena, sed causa facit martyrem: perché quella fu la ragione per la quale egli immolò la vita, ponendosi sulla scia di quel ch’era stata una certa lettura del Risorgimento, quella indicata dalla prospettiva dello scritto di Francesco Ercole comparso sul numero di aprile (1943) della rivista “Malta“.
Su Carmelo Borg Pisani, e su casi analoghi al suo o con esso confrontabili, è caduto un annoso velo. Era del tutto ovvio e naturale che ciò accadesse: la storia ha bisogno del suo tempo per decantarsi: vi sono cose che è opportuno, e magari anche possibile (per questioni di disponibilità delle fonti) visitare storicamente in modo libero e corretto solo dopo che qualche anno o qualche decennio siano trascorsi.
Stefano Fabei ha puntualmente e correttamente restituito la figura di questo artista-soldato alla storia: una storia, è bene aggiungere, forse per qualche verso marginale, ma non “minore”. Ogni tempo ha avuto i suoi personaggi discutibili o controversi. Borg Pisani sarebbe stato un buon cittadino italiano, forse magari un po’ meno attratto dal fascismo, se fosse nato sul territorio metropolitano della madrepatria. Nacque in un lembo di terra che per vicende storiche e posizione geografica era dalla fine del Settecento nelle mani di un paese extra-mediterraneo ma nel Mare Nostrum molto presente e possente. In questi anni stiamo riscoprendo il rapporto di stretta e profonda complementarità tra Europa e Mediterraneo, mentre Malta, ormai indipendente dal suo vecchio imperiale padrone, sta tornando a interrogarsi sulla sua italianità-italicità, non certo pensando a nuove annessioni, ma orientandosi semmai alla condivisione della nuova patria europea. In questo contesto, e con questo spirito, tornare a ripensare la figura di Carmelo Borg Pisani è cosa opportuna. Un grazie a Fabei per averlo fatto con tanta attenzione ai documenti e tanta sensibilità storica.
Franco Cardini
Direttore editoriale de “Il Nodo di Gordio”
CARMELO BORG PISANI: VITA E MORTE DI UN IDEALISTA
Estratto da “Carmelo Borg Pisani – un eroe dimenticato”, di Raffaele Gargiulo, articolo apparso sul numero di luglio 2010 della Rivista Marittima
Carmelo Borg Pisani nacque a Senglea, nei pressi di La Valletta, il 10 agosto 1915, in una nota famiglia cattolica e nazionalista maltese di spiccata cultura italiana, da Gaetano Borg (di origine siciliana) e Rosina Pisani. A 14 anni entrò a far parte della locale sezione delle OGIE (Organizzazioni Giovanili Italiane all’Estero), sostenute dal Governo fascista, i cui elementi più promettenti e dotati venivano inviati in Italia per migliorare la loro formazione dottrinale (anche Carmelo fu inviato a Roma, nel 1933, dove divenne Capo Centuria).Dotato di uno spiccato talento artistico, frequentò il liceo d’arte presso l’Istituto “Umberto I”, centro culturale efficiente e bandiera di fervente italianità. Da sottolineare che allora le scuole italiane erano supportate dal Regime ma fortemente ostacolate dai britannici in una continua azione di contrasto della cultura e della influenza italiana (nel 1934 fu abolito l’uso dell’italiano quale lingua ufficiale). Terminati gli studi liceali, per perfezionare i suoi talenti artistici nel 1936 si trasferì a Roma dove, grazie ad una borsa di studio concessa dal Ministero degli Esteri italiano, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti; conobbe in quel periodo il prof. Carlo Siviero, noto pittore, con il quale sviluppò un rapporto di particolare amicizia.
In questo periodo alternò gli studi artistici con l’attività politica: entrò in contatto col gruppo degli irredentisti maltesi (il Governo italiano aveva aperto a Roma la “Casa della Redenzione Maltese” per ospitare gli studenti isolani), divenne presidente del “Circolo degli Amici della Storia di Malta” e organizzò manifestazioni culturali e patriottiche. Fu ammesso nel comitato direttivo del “Comitato d’Azione Maltese”, costituitosi in quegli anni a Roma sotto la presidenza di Carlo Mallia, docente di Diritto dell’Università di Malta, che, perseguitato dagli Inglesi per le sue idee irredentiste, era stato costretto a lasciare l’isola; collaborò col prof. Umberto Biscottini, segretario del Fascio di Malta e funzionario del Ministero degli Esteri, e con altri intellettuali dell'”Archivio storico di Malta”[4].
Il 30 maggio 1940, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia, nel clima acceso ed effervescente della vigilia, Carmelo Borg Pisani aveva inviato a Mussolini un’appassionata lettera, mettendosi ai suoi ordini: “… pronto a fare tutto quello che posso per dare il mio contributo alla mia vera Patria, l’Italia. Sono Maltese di nascita, ed ho passaporto inglese, ma mi sono sempre sentito italiano …[…] Io risiedo a Roma[5]… ed intendo qui restare offrendo l’opera mia per il coronamento del mio grande ideale, quale è di vedere Malta resa all’Italia“; frutto della sua idea che i britannici stavano distruggendo l’anima Italiana di Malta e che fosse necessario scacciare gli inglesi per il ritorno dell’isola alle sue origini. Il 7 giugno 1940 si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (GUF) e al Partito Nazionale Fascista.
L’intervento dell’Italia in guerra lo trovò decisamente schierato: “Malta non è inglese che per usurpazione e io non sono suddito britannico che per effetto di questa usurpazione. La mia vera Patria è l’Italia. È dunque per lei che devo combattere“. Tramite l’Ambasciata USA, che curava gli interessi inglesi in Italia, Carmelo rinunciò alla cittadinanza inglese con una lettera assolutamente esplicita, anche se non del tutto formale: “… debbo dichiararvi che io, appunto perché italiano irredento, non ho più a che fare con le sorti dell’Impero britannico che avete avuto l’incarico di tutelare. […] … vi prego di prendere nota una volta per sempre, che io, come tanti altri maltesi residenti nel Regno, ho il solo desiderio di essere lasciato indisturbato alla mia attività impegnata nella sacrosanta guerra italiana, che considero una vergogna del passato esser stato suddito britannico e che non desidero pertanto di essere protetto dagli Stati Uniti d’America“. L’Ambasciata trasmise la lettera al Foreign Office, Ministero degli Esteri inglese, tramite la rappresentanza diplomatica di Londra; questo, inviando per conoscenza al Luogotenente Governatore di Malta copie di documenti, così testualmente si esprimeva: “… riguardo al passaporto inglese del signor Carmelo Borg già cittadino maltese“, riconoscendo quindi implicitamente che Borg Pisani non era più cittadino di S.M. britannica.
Tre giorni dopo l’apertura delle ostilità andò ad arruolarsi volontario, ma fu respinto alla visita medica per la sua fortissima miopia. Carmelo, assai amareggiato, però non si arrese. Insistette, bussò a molte porte, chiese raccomandazioni per poter essere accettato in un qualsiasi corpo combattente. Finalmente, il 16 aprile 1941, per l’autorevole intervento della Direzione Generale degli Italiani all’Estero, sollecitata da Umberto Biscottini, riuscì ad essere arruolato nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Fu inviato a Brindisi in forza alla 112alegione CC.NN. pronta a imbarcarsi per la Grecia. Il primo maggio partecipò all’occupazione di Cefalonia col suo reparto. Da lì scrisse una semplice cartolina ai camerati rimasti a Roma, il cui pur sintetico testo, giunto fino a noi, ci fa comunque intuire chiaramente l’entusiasmo che animava questo patriota: “Dalla terra conquistata, fascisticamente vi saluto“. Inviò cartoline dello stesso tenore anche a tanti altri camerati in Italia.
Alla fine della campagna di Grecia, rientrato in Patria, chiese e ottenne di frequentare un corso della Scuola Allievi Ufficiali della MILMART[6](Milizia Marittimadi Artiglieria, specialità della MVSN incaricata della difesa delle piazzeforti delle basi navali, dei previsti punti di sbarco e delle isole minori, logisticamente inquadrata nella Regia Marina), a Messina, uscendone ai primi di aprile del 1942 con il grado di Sottocapo Manipolo (Sottotenente).
Intanto si stava preparando intensamente l’Operazione C3[7], ossia lo sbarco a Malta. Carmelo Borg Pisani sentì prepotente il bisogno di partecipare in prima linea, volle contribuire alla preparazione di quella operazione che lo avvinceva profondamente. Si offrì di tornare clandestinamente sull’isola per dare un valido contributo di informazioni, ma anche per riprendere i contatti con i camerati isolani che avevano frequentato i corsi di cultura italiana e con persone i cui sentimenti fascisti non erano stati intaccati dalle vicissitudini belliche. Caio Borghi, questo il suo nome di copertura, era ben conscio del rischio a cui si sarebbe esposto e quindi volle scrivere il suo testamento spirituale: un atto di appassionato amore per la sua Malta e per la sua Italia, che così concludeva:
Ai camerati volontari, che della Malta di oggi e di domani sono la più alta espressione italiana, il mio pensiero affettuoso e il mio augurio più fervido. Ai camerati italiani che mi hanno assistito e particolarmente al prof. Biscottini che mi ha sempre confermato con la sua fede nei sentimenti che i genitori mi avevano instillato e al prof. Siviero […] il mio pensiero riconoscente e affettuoso. Al Re e al Duce il mio ultimo pensiero, quello che va oltre la Vittoria per la grandezza della Patria immortale. Viva Malta italiana. Vostro Carmelo.
Divenne un agente del SIS (Servizio Informazioni e Sicurezza della Regia Marina). Si preparò quindi alla missione clandestina con il suo solito diligente e solerte impegno: allenamento e studio che si protrassero per mesi presso la base segreta di addestramento dei marinai dei mezzi d’assalto della X Flottiglia Mas alla foce del fiume Serchio. Un lungo tirocinio in cui tra l’altro, acquisì le istruzioni per trasmettere e ricevere messaggi radiotelegrafici, per le segnalazioni luminose, per l’uso di cifrari, per l’organizzazione clandestina, per il riconoscimento di mezzi nemici, ecc..
Finalmente nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942, con favorevoli condizioni meteorologiche, Carmelo Borg Pisani si imbarcò a Portopalo[8](Siracusa) sul MTSM 214 della X Flottiglia Mas. Gli scopi della missione erano molteplici: scoprire i movimenti di una nave fantasma, che, evitando ogni sorveglianza, di notte portava piccole, ma regolari provviste a Malta[9]; informare sulla situazione alimentare e morale delle truppe e della popolazione; scoprire se c’erano installazioni radio o radar sullo scoglio di Filfola e sull’isolotto di Comino; scoprire gli obiettivi militari nell’isola di Gozo.
La squadriglia di MTSM (Motoscafo da Turismo Silurante Modificato, un veloce motoscafo, agile e manovriero, studiato per l’attacco col siluro, ma utilizzato anche per il trasporto e lo sbarco di sabotatori e informatori sulle coste nemiche) di base ad Augusta svolgeva incessanti attività di ricognizione nelle acque di Malta. Data l’importanza che si dava alla missione, il loro piccolo scafo, a cui si era aggregato il MTSM218, incaricato di analoga missione[10], fu scortato dalla torpediniera Abbae dai MAS 451e 452fino a distanza di sicurezza; quindi gli MTSM 214e 218proseguirono nella loro rotta d’avvicinamento con i motori al minimo. Separatisi i due MTSM, il 214proseguì la sua rotta a lento moto, perché la scia fosforescente del motoscafo, se fosse stato lanciato a più alta velocità, sarebbe stata facilmente rilevata dai riflettori che sciabolavano le onde. Il piccolo motoscafo si arrestò quindi a circa 150 metri dalla scogliera, nella cala di Ras Id-Dawara, sotto lo strapiombo di Had-Dingli (circa 260 metri di altezza). Il punto di approdo era stato scelto dallo stesso Borg Pisani. Quella cala si apre sulla costa sud-occidentale dell’isola, un litorale roccioso e scosceso a sud di Casal-Dingli, in vista dell’isolotto di Filfola; sotto la rupe si apre una caverna marina che Carmelo ben conosceva, in quanto ci era arrivato diverse volte nelle sue ardite escursioni adolescenziali.
Carmelo trasbordò sul battellino pneumatico e, senza essere scorto, dopo breve esplorazione, approdò all’interno dell’antro e scaricò sopra un recesso pianeggiante, all’asciutto, 4 contenitori stagni con viveri e acqua per 20 giorni, una pistola, bombe a mano, munizioni, radio rice-trasmittente, cifrario, batterie, medicine, alcuni rotoli di corda, benzina e infine banconote per un ammontare di circa 200 sterline, utili per compensare chi lo avesse aiutato.
Ma il mare mosso aumentò di forza; un’onda anomala gli strappò via tutto, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Buona parte del materiale nei contenitori stagni fu in seguito ritrovato dagli Inglesi. Per due lunghi giorni tentò di trovare una via per arrampicarsi sulla parete a strapiombo; non aveva più il battellino, ma neanche a nuoto riuscì a ritrovare un accesso che gli permettesse di superare la parete a picco. Eppure, ricordava di averlo percorso più di una volta nelle sue scorribande di adolescente; evidentemente le onde avevano demolito una qualche sporgenza nel corso di quegli anni, rendendo la parete inaccessibile dal mare.
Stremato, digiuno, arso dalla sete, distrutto dalla fatica, si decise a chiedere aiuto. Udito, fu inviata in suo soccorso una lancia di salvataggio a motore della Royal Air Force,che lo raccolse aggrappato a uno scoglio. Preso in condizioni estreme, fu portato a Kalafrana e da lì venne trasferito in ambulanza all’ospedale militare di Mtarfa, dove il capitano medico maltese Thomas (Tommy) Warrington, che era stato suo vicino di casa e compagno di giochi a Senglea, lo riconobbe[11]. Carmelo, ritenendo probabilmente che l’amico d’infanzia lo avrebbe protetto, si confidò, raccontando i particolari della sua missione. Purtroppo per lui, mentre Carmelo era un maltese che si sentiva italiano, Tommy Warrington era un maltese che si sentiva inglese, e che ritenne suo dovere riferire dettagliatamente tutto al controspionaggio dell’Intelligence Service
Iniziò allora per Carmelo Borg Pisani una tragica sequenza che lo portò, lentamente, alla realtà del capestro. Dimesso dall’ospedale, fu condotto in una “casa privata”, che era in realtà una delle tante sedi dell’Intelligence Service, sotto strettissima, continua vigilanza. Questi “arresti domiciliari” durarono sei mesi, durante i quali gli inglesi, fingendo blandi provvedimenti, speravano di convincerlo a “collaborare”[12]. Quando chiese di parlare con un avvocato, suo cugino, di cui aveva fiducia, gli inglesi furono lesti a accontentarlo, dopo aver messo un microfono spia e, nella stanza accanto, un ricevitore con uno stenografo che annotò tutto quello che si dissero. Cessata ogni speranza di appurare qualche elemento utile[13], il 7 agosto gli inglesi lo trasferirono nel carceredi Kordin (Corradino) a Paola, a breve distanza da La Valletta. Non fu subito sottoposto a processo (l’esito del quale sarebbe stato scontato), in quanto nel caso l’isola fosse stata occupata dalle Forze Armate italiane la condanna a morte di Carmelo Borg Pisani sarebbe stata una cosa di cui rendere conto. Solo quando il pericolo dell’invasione fu scongiurato, avendo lo Stato Maggiore Generale accantonato il progetto, allora Carmelo fu consegnato ai giudici.
Il processo iniziò il 12 novembre e fu celebrato a porte chiuse per evitare una eventuale, clamorosa reazione di fascisti e simpatizzanti, che avrebbe potuto turbare la giuria, composta da tre giudici togati maltesi di proclamata osservanza britannica. Fu proibito di integrare la giuria con i nove giurati popolari, che invece erano e sono tassativamente previsti dal Codice maltese, sulla falsariga di quello britannico, in quanto detto Codice era stato sospeso a seguito dello stato di guerra[14]. Carmelo Borg Pisani fu ostinatamente considerato ancora suddito britannico, non si volle tenere in nessun conto la sua rinunzia alla cittadinanza inglese, né l’acquisizione – ancorché non formale – della cittadinanza italiana, consacrata dalla militanza nelle Forze Armate di quel Paese. Si volle incriminarlo perfino per aver combattuto contro la Grecia, che era alleata dell’Inghilterra. La condanna a morte era stata scritta inesorabilmente prima ancora di cominciare.
Il 19 novembre 1942 Carmelo Borg Pisani venne condannato a morte per cospirazione contro il governo di Sua Maestà britannica e per tradimento[15]. Accolse la comunicazione sull’attenti. Nella cella della morte disse ai presenti: “Non mi spiace di morire, ma sono amareggiato per la mancata invasione di Malta da parte dell’Italia“. Sulla porta della sua cella aveva scritto col carbone: “I servi e i vili non sono graditi a Dio“.
Venne impiccato alle ore 7,34 di sabato 28 novembre, nello stesso carcere dove aveva trascorso quasi quattro mesi, dopo che una domanda di grazia, inoltrata al Governatore dai suoi avvocati (non da Carmelo), era stata respinta[16]. Credente, volle assistere alla messa celebrata prima dell’alba dai monaci dell’Arciconfraternita del Santo Rosario, preposti fin dal XVI secolo al conforto dei condannati a morte. Dopo aver ricevuto i conforti religiosi, si avviò fra venti frati salmodianti al luogo del patibolo, camminando a passi lenti e cadenzati e pregando a voce alta, eretto nella persona, con le braccia conserte, rifiutando ogni aiuto e appoggio. Salì da solo sul patibolo, continuando a pregare, mentre il boia (un detenuto che aveva accettato di assolvere quell’incarico per ottenere uno sconto di pena) lo preparava per l’esecuzione, alzando la testa per sistemarsi meglio sotto il cappio. Morì istantaneamente; il suo corpo fu poi gettato nella fossa comune, con i corpi di sedici malfattori giustiziati in carcere.
La notizia dell’esecuzione arrivò molto tempo dopo in Italia, in un generico e parzialmente inesatto comunicato dell’agenzia Reuter; il 20 dicembre la rivista “La Tribuna Illustrata” dedicò a Carmelo Borg Pisani la copertina, raffigurante una fantasiosa fucilazione del giovane maltese. Il 4 maggio 1943 il Re Vittorio Emanuele III gli conferì motu propriola Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria[17]; le notizie sulla sua morte erano però tuttora approssimative, per questo motivo, credendo che Borg Pisani fosse stato fucilato, nelle motivazioni si fa riferimento al piombo del plotone di esecuzione[18]:
“Irredento maltese e, come tale, esente dagli obblighi militari, chiedeva ripetutamente e otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica. Come camicia nera partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva una infermità per cui avrebbe dovuto essere sotto posto a atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina a ufficiale della milizia artiglieria marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi di allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo. Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla corte marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e cadeva sotto il piombo del plotone di esecuzione al grido di: Viva l’Italia! Fulgido esempio di eroismo, di fede, di abnegazione e di virtù militari, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell’irredentismo”. Malta, 1942.
All’indomani dell’esecuzione i giornali maltesi, ovviamente schierati con la potenza coloniale, si complimentavano per il rigore e la determinazione con cui era stato affrontato il caso della spia Borg Pisani, auspicando un simile trattamento anche per gli altri maltesi che, rifugiatisi in Italia, erano passati al servizio del nemico, primo fra tutti “… l’arci-traditore Carlo Mallia, … per aver egli dato origine alla congiura per cui Borg Pisani è venuto a Malta con lo scopo di commettere tradimento“[19]. Ben diverso il trattamento che la sua memoria ebbe in Italia: oltre alla concessione della MOVM, fu ricordato con discorsi ufficiali alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, gli vennero intitolate borse di studio e strade cittadine[20], nonché la Regia Accademia di Belle Arti di Roma e la Scuola Allievi Ufficiali della MILMART, da lui frequentate in vita. A marzo e ad aprile 1943 il quindicinale “Malta” gli dedicò una copertina (con la scritta: “Carmelo Borg Pisani: Presente!”) ed un numero speciale; il 3 aprile, per disposizione del Ministero dell’Educazione, fu commemorato nelle scuole di ogni ordine e grado. Una stele a lui dedicata fu posizionata nel comprensorio della batteria costiera di Monte Marcello (SP), gestita dalla MILMART[21]. Dopo la caduta del fascismo e l’avvento della Repubblica Sociale Italiana, nel novembre del 1943 fu costituito a Porto Maurizio (IM) il battaglione “Borg Pisani”, che operò fino alla fine delle ostilità alle dipendenze della Guardia Nazionale Repubblicana.
IL CASO BAILLIE-STEWART
di Andrea Liorsi
A sostegno del fatto che “… la distinzione tra ciò che è legale e ciò che è morale era … legittima e doverosa“, nel suo libro “Per il sogno della sua Vita – Il sacrificio di C. Borg Pisani irredento maltese” Laurence Mizzi cita il caso di Norman Baillie-Stewart (Stuart, nella grafia adottata da Mizzi).
Questi (1909-1966) era un militare dell’Esercito inglese. Dopo la nomina ad Ufficiale, fu assegnato inizialmente ai Seaforth Highlanders, di stanza in India; successivamente, dopo due anni di servizio non brillante, entrò in forza al Royal Army Service Corps, in Patria, su sua espressa richiesta. Nel 1933 fu accusato di aver venduto segreti militari alla Germania nazista; sottoposto a Corte Marziale e riconosciuto colpevole, anche se non di tutti i capi di imputazione, fu condannato a cinque anni di reclusione. Scarcerato nel 1937, si recò in Austria dove tentò di ottenere la cittadinanza; questa gli fu rifiutata, in quanto sospettato di essere un agente nazista. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania (Anschluss, 12 marzo 1938), vi rientrò, chiedendo la cittadinanza tedesca, che tuttavia, a causa di vari intoppi burocratici, ottenne solo agli inizi del 1940.
A luglio del 1939, in attesa del sospirato passaporto tedesco, venne per caso a conoscenza del fatto che la Germania aveva organizzato un servizio di radiodiffusione in lingua inglese, con lo scopo di condurre attività di propaganda nazista nei confronti delle popolazioni anglofone. Entrato in contatto con l’Ente preposto, il Reichsrundfunk, fu inviato a Berlino, dove, giusto una settimana prima dell’ingresso in guerra della Gran Bretagna, iniziò a condurre trasmissioni di propaganda in inglese. Svolse questo compito fino a dicembre di quell’anno, quando fu sostituito da William Joyce, che divenne il più famoso Nazi propaganda broadcasterdel periodo (arrestato dopo la guerra, fu riconosciuto colpevole di tradimento e giustiziato).
Dopo essere stato licenziato dal Reichsrundfunk, Baillie-Stewart lavorò come traduttore per il Ministero degli Esteri tedesco e per l’Università di Berlino, salvo tornare brevemente alla radio nel 1942. Nel 1944 si recò a Vienna per motivi sanitari; qui fu arrestato nel 1945, al termine della guerra, ed inviato in Gran Bretagna per essere processato per alto tradimento. Baillie-Stewart rischiava la pena di morte, in quanto quando manifestamente aveva iniziato a lavorare per il nemico – agosto 1939 – era ancora cittadino britannico. Ma ebbe la fortuna di trovare, quale pubblico accusatore, il famoso giurista Sir Hartley Shawcross, il quale sostenne che, malgrado tecnicamenteBaillie-Stewart fosse rimasto cittadino britannico fino ai primi del 1940, moralmenteaveva cessato di esserlo fin dal 1938, quando aveva richiesto la cittadinanza tedesca. Riconosciuto colpevole quindi non già di “alto tradimento” ma di “commissione di atti di probabile supporto al nemico”, fu condannato a soli cinque anni di reclusione.
Due casi simili, quindi, ma due diversi esiti, certamente dovuti anche al fatto che le circostanze in cui ebbero luogo i giudizi erano diverse: a “bocce ferme” quello di Baillie-Stewart, nel pieno dell’emergenza bellica, con le bombe italiane che ancora devastavano il territorio maltese quello di CBP. Tuttavia, come afferma Laurence Mizzi, un giudice illuminato ed imparziale ha il dovere di considerare tutti gli aspetti del contesto personale dell’accusato, nel momento della commissione del crimine: Baillie-Stewart non si sentivainglese, in quel momento, come CBP non si sentivasuddito britannico, ed in entrambi i casi tale sentimento era stato palesato ben prima della commissione del supposto crimine ed era ben noto alle Parti che poi avrebbero dovuto esprimere il giudizio. Sir Hartley Shawcross era evidentemente un “giudice illuminato”, i tre giudici maltesi davanti ai quali comparì CBP, evidentemente, per sua sfortuna, non lo erano.
RIABILITARE CARMELO BORG PISANI?
di Fabio Caffio
La vicenda del maltese Carmelo Borg Pisani (CBP) – patriota irredento per l’Italia anteguerra, traditore per gli inglesi che nel 1942 esercitavano sovranità su Valletta – continua ad essere un rebus irrisolto a distanza di 75 anni dalla sua morte per impiccagione avvenuta il 28 novembre 1942.
La posizione maltese nei confronti del loro concittadino è più sfumata, nel sensoche al silenzio tenuto per decenni sul caso per evidenti ragioni politiche, si è da qualche tempo sostituito un sentimento di partecipazione per la vicenda umana di CBP caratterizzata da elevati sentimenti morali e religiosi, che potrebbe aprire spiragli per una sua rilettura.
In realtà, a prescindere da tali aspetti, un motivo per far questo sta sia nelle questioni legate alla cittadinanza, sia in quelle relative alla mancata attribuzione, da parte inglese, del trattamento dovuto, secondo il diritto bellico, ai militari in uniforme impegnati in attività spionistica su territorio nemico.
Che CBP, essendo nato a Malta nel 1915, fosse suddito inglese non c’è dubbio perché, al tempo, l’Isola era sotto dominio britannico e quindi priva di qualsiasi indipendenza. Il puntoè che CBP, dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, stando a Roma, aveva espresso la volontà di rinunciare alla cittadinanza inglese, pur non riconsegnando il proprio passaporto[22]. In quell’occasione CBP si qualificò come “Italiano non regnicolo“secondo la terminologia in uso sulla base dello Statuto Albertino (poi traslata nell’art. 51 della Costituzione sotto la veste di “Italiani non appartenenti alla Repubblica”).
Una controprova si trae dalla Medaglia d’oro alla memoria concessa a CBP nel 1943 – la cui motivazione fu poi corretta a guerra finita, nel 1969, eliminando l’errato riferimento alla morte per fucilazione – in cui vi è un esplicito riferimento alla cittadinanza italiana: “Irredento maltese e, come tale esente da obblighi militari, chiedeva ripetutamente ed otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica.(…)Conseguita la nomina ad ufficiale della Milizia Artiglieria Marittima, chiedevainsistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra (…)Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla Corte Marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e condannato all’impiccagione, saliva al patibolo al grido di: “Viva l’Italia”.Fulgido esempio di eroismo, di fede, di abnegazione e di virtù militari, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell’irredentismo. Malta, 1942“[23].
Dunque, CBP cittadino italiano, ed anche militare, visto che la Milizia Artiglieria Marittima (Milmart) di cui faceva parte era una componente delle Forze armate.
A questo punto si pone il problema del perché non gli fu riconosciuto lo status di prigioniero di guerra che gli avrebbe risparmiato la pena di morte[24]. CBP fu infatti considerato dagli Inglesi un “traditore” dopo essere stato giudicato dalla “Corte Criminale di Sua Maestà”operante a Malta, per aver congiurato contro il Governo in favore del nemico[25]. In sostanza, gli inglesi esercitarono la loro giurisdizione domestica nei confronti di CBP, ignorando del tutto la sua appartenenza alle Forze armate italiane.
Non ci sono riscontri sul fatto che CBP, nel momento in cui fu catturato da una pattuglia della polizia maltese, indossasse una divisa militare italiana. Quando fu portato all’ospedale militare inglese in stato di grave prostrazione, “… si pensava che egli fosse un naufrago o un pilota salvatosi col paracadute …“[26]. Per qualche ora, sino a che non fu identificato da un medico maltese, CBP sembrò forse essere un militare italiano anche perché si professò tale[27].
Il fatto che stesse svolgendo attività spionistica non lo avrebbe quindi dovuto privare della qualità di prigioniero di guerra garantendogli le immunità previstein territorio nemico ai belligeranti in forza dell’art. 29 del Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre della IV Convenzione dell’Aja del 1907, secondo cui”I militari non travestiti che siano penetrati nella zona di operazioni delle truppe nemiche per raccogliere informazioni, non sono considerati come spie“.Questo principio, già vigente durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato confermato dall’art. 46, 2 del I Protocollo di Ginevra del 1977il quale dispone che“Un membro delle Forze armate di una Parte in conflitto che raccoglie o cerca di raccogliere, per conto di detta parte, informazioni in un territorio controllato da una Parte avversaria, non sarà considerato come svolgente attività di spionaggio se, ciò facendo, riveste l’uniforme delle proprie Forze armate“.
A CBP non fu però riconosciuto tale trattamento. Egli fu invece sottoposto alla giurisdizione penale inglese e gli fu addebitato, da cittadino inglese, di aver cospirato contro la sicurezza nazionale.
In sostanza, l’attribuzione dello statusdi prigioniero di guerra avrebbe potuto garantirgli l’esenzione dalla giurisdizione ordinaria inglese. Ma, il fatto di essere ancora considerato un suddito di Sua Maestà e non un “Italiano non regnicolo”, rafforzò al contrario tale giurisdizione ed anzi offrì spunto per ipotizzare i reati di tradimento.
Volendo tirare le somme, nella vicenda di CBP è cruciale la questione della nazionalità che va inquadrata nel contesto della dominazione inglese e nelle aspirazioni dell’irredentismo italiano.
Ma proprio qui sta il punto. A distanza di più di settant’anni dai fatti, scomparsa ogni traccia di irredentismo e del tutto archiviata la dominazione inglese (ma non dimentichiamo che Malta, oltre ad essere un membro UE, fa ancora parte del Commonwealth[28]), è tempo di vedere CBP sotto la giusta luce, umana e cristiana, che la grande serenità con cui ha affrontato la morte gli garantisce. Oltretutto, CBP ha tutte le carte in regola per essere considerato, ex post, un eroe dell’indipendenza della Patria maltese, sempre amata e mai rinnegata.
Sulla base di tali premesse, potremmo auspicare che una lapide che ricordi il sacrificio, in perfetto spirito cristiano, di CBP sia inserita in una qualche chiesa, soprattutto a Malta, magari nel villaggio di Senglea dov’è nato. Come anche, si dovrebbe dare sepoltura cristiana ai suoi resti (se fosse possibile identificarli).
Se poi si volesse affrontare la vicenda dal punto di vista storico-giuridico, sotto il profilo della doppia nazionalità e del disconoscimento delle garanzie previste per i prigionieri di guerra, si potrebbe ipotizzare, come esercizio accademico, che una commissione indipendente di studiosi maltesi, britannici ed italiani emani un verdetto dopo aver consultato le carte d’archivio, a cominciare da quelle inglesi. Un simile esercizio rafforzerebbe, oltretutto, le attuali relazioni italo-maltesi eliminando antistoriche reticenze ed ambiguità.
Quanto alla medaglia d’oro al valor militare concessa dall’Italia a CBP – mai revocata, ma anzi riconfermata quando nel 1969 se n’è corretta la motivazione – essa non può che essere considerata oggi per quella che è “… senza inutili nostalgie o … sentimenti antibritannici“[29]: un tributo allo spirito di sacrificio ed alla coerenza di CBP da parte dell’Italia, sua seconda Patria, dopo la Madrepatria Maltese.
Fabio Caffio
Ufficiale della Marina militare in congedo,
esperto in Diritto internazionale
RELAZIONI FRA ITALIA E MALTA
di Andrea Liorsi
Subito dopo il raggiungimento dell’indipendenza da parte di Malta (21 settembre 1964), la nuova Nazione iniziò ad allacciare relazioni diplomatiche con gli altri Paesi. L’Italia, che, tramite il suo Primo Ministro, Aldo Moro, aveva espresso sostegno all’isola durante il cammino verso la sovranità, fu il primo Paese a nominare un Ambasciatore a La Valletta, Antonio Dazzi, che presentò le sue credenziali al Governatore generale[30]il primo dicembre 1964. Subito iniziarono i collegamenti navali (servizio di traghetti con la Sicilia) ed aerei; questo favorì il turismo italiano e la diversificazione dell’economia maltese.
Negli anni immediatamente successivi si intavolarono fra i due Paesi dialoghi volti alla firma di accordi di cooperazione e alla discussione di questioni bilaterali; in particolare, nel 1967 furono firmati quattro accordi:
– un accordo culturale, per una più ampia cooperazione culturale, scientifica, tecnica, turistica e sportiva, attraverso la creazione di Istituti di Cultura e la collaborazione tra le Università e gli istituti di istruzione, oltre all’offerta di borse di studio per corsi di laurea e studi specialistici in Italia;
– un accordo per la cooperazione scientifica e tecnica, che favoriva la collaborazione dei due Governi nello sviluppo scientifico e sociale e prevedeva un prestito di due milioni di sterline al Governo maltese per l’ampliamento della locale centrale elettrica;
– un accordo per la cooperazione economica e la protezione degli investimenti, con lo scopo di attirare gli investimenti di cittadini e società italiane a Malta, facilitare specifici progetti di cooperazione economica e proteggere gli investimenti;
– un accordo sul commercio, per rafforzare i rapporti commerciali, ampliando lo scambio di beni e servizi e favorendo lo sviluppo economico e industriale.
Negli anni successivi furono firmati altri accordi e protocolli di scambio, tra cui quello sull’assistenza militare, del 1973, che prevedeva l’insediamento a Malta di una Missione Italiana di Cooperazione Tecnica e Militare (MICTM); tale struttura, interforze, fu presente in forma saltuaria e con diverse denominazioni fino al 1988, quando divenne Missione Italiana di Assistenza Tecnico-Militare (MIATM). Scopi della MIATM erano: la collaborazione al servizio di Ricerca e Soccorso (S.A.R.) maltese, la formazione dei piloti e degli aerosoccorritori, l’addestramento, sia di base che avanzato, di aliquote del personale delle Forze Armate, nonché l’addestramento tecnico-militare di componenti della Polizia. Nel 2011 in luogo della MIATM è stata costituita a Malta la Missione Italiana di Collaborazione nel Campo della Difesa (MICCD), tuttora operante, con una minore presenza di militari italiani (ad eccezione dell’AM, che ha mantenuto compiti e consistenza del passato), con compiti essenzialmente di consulenza.
Alla fine del 1980, dopo una serie di avvenimenti politici e militari che in qualche modo “tangenziarono” la piccola Repubblica, noti come “affare maltese[31]”, Malta e Italia siglarono un Accordo sul Riconoscimento e la Garanzia della Neutralità di Malta(dichiarata nel 1979, dopo la chiusura della base navale NATO – presente nell’isola dalla fondazione dell’Alleanza – da parte del premier Dom Mintoff nel quadro di una nuova politica autonoma e di non allineamento). In base a tale accordo l’Italia si impegnò a garantire la neutralità maltese; a sua volta Malta confermò il divieto di installazione di basi militari straniere sul proprio territorio, ribadì il suo impegno verso una politica di non allineamento e infine si impegnò a utilizzare i propri cantieri navali solo per scopi civili commerciali, consentendo la riparazione di navi militari solo se poste preventivamente in condizione di “non combattimento”, con esclusione, in ogni caso, delle navi militari di Stati Uniti e Unione Sovietica. La firma dell’accordo col Governo italiano, successivamente integrato da protocolli di assistenza economica e finanziaria, permise a Malta il raggiungimento di una autosufficienza sia dal punto di vista politico che da quello economico, nonché di ottenere la protezione militare.
Le relazioni fra Italia e Malta, peraltro eccellenti, hanno subito nel recente passato periodici irrigidimenti riguardo due aspetti: il contenzioso sulla piattaforma continentale e la questione del soccorso in mare, amplificato dal problema dell’immigrazione clandestina.
Il primo accordo sulla delimitazione della piattaforma continentale fra Italia e Malta consiste in uno scambio di note verbali fra i due Governi (del 1965 quella di Malta, del 1970 quella italiana), con cui veniva concordato, in via provvisoria e “… senza pregiudizio per le future discussioni …” di considerare quale linea di demarcazione provvisoria la mediana fra le coste maltesi e quelle italiane ad esse prospicienti. A tale Modus Vivendi, accordo in forma semplificata e senza necessità di ratifica, considerato giustamente provvisorio dall’Italia (non così, invece, da Malta), non sono seguite azioni concrete tese ad addivenire ad un accordo definitivo, che comunque dovrebbe tener conto anche degli altri attori marittimi in zona, ossia la Libia e la Tunisia, con cui sia l’Italia che Malta hanno avuto modo di confrontarsi – anche vivacemente – nei decenni passati. Negli ultimi anni si è parlato della possibilità di sfruttamento congiunto della piattaforma comune, ed in tale ottica a fine dicembre 2012 con un decreto ministeriale (c.d. “Decreto Passera”) l’Italia ha reso disponibile alle attività comuni di prospezione un ampio tratto della sua piattaforma continentale, ad est di Malta, ampliando verso sud il limite di una zona di sfruttamento già esistente (zona “C”). Tale iniziativa, andando a comprendere aree che Malta aveva interesse a sfruttare unilateralmente, ha provocato il risentimento della Valletta, che ha risposto concedendo licenze di trivellazione proprio in quelle aree ed emanando un Continental Shelf Act(2014), giudicato non conforme alle previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982, oltre che lesivo degli interessi italiani. Una moratoria sulle trivellazioni, concordata informalmente fra i due Governi, che risulterebbe in vigore dal 2015, avrebbe temporaneamente congelato l’impasse[32].
Per quanto attiene il soccorso dei migranti in mare, Malta interpreta gli accordi internazionali in tema di assistenza in mare in maniera restrittiva, sostenendo che i naufraghi recuperati in mare vadano trasferiti al porto sicuro più vicino anche quando esso appartiene ad una Nazione diversa da quella che ha la competenza SAR (Search And Rescue) sulle acque dove sono stati soccorsi. D’altra parte, la zona SAR maltese è assai ampia (circa 250.000 kmq)[33]e comprende le acque territoriali delle Isole Pelagie, per cui di fatto assai spesso i profughi recuperati in mare nella SAR maltese sono stati fatti confluire a Lampedusa. Ciò ha provocato in passato vari casi di controversia con l’Italia; si aggiunga a ciò il fatto che, in relazione alla difficoltà, per la limitata forza aeronavale della Guardia Costiera maltese, di pattugliare un’area tanto vasta, spesso sono stati i mezzi italiani a doversi far carico degli interventi di soccorso.
INIZIATIVE E AZIONI IN MEMORIA DI CARMELO BORG PISANI
INTERROGAZIONI PARLAMENTARI
4.12.02 | On. Menia | MAE
MinDif |
Conoscere quali passi intenda fare il MinDif, di concerto con il MAE, per dare adeguata sepoltura alle spoglie di CBP (eventualmente traslandole in Italia, a Redipuglia o in altro Sacrario) e degna commemorazione dell’Eroe | n.n. |
INIZIATIVE PRIVATE
Data | Autore | Destinatario | Oggetto | Risposta |
22.12.94 | CC Gulminelli
Ufficiale M.M. |
On. Trantino
(MAE) |
Richiesta di intercedere presso le Autorità maltesi affinché i resti di CBP ricevano una degna sepoltura | (di ONORCADUTI)
NESSUNA AZIONE, in quanto il caduto, non essendo cittadino italiano, non rientra fra le fattispecie previste dalla legge 9 gennaio 1951, n. 204 |
marzo 95 | CC Gulminelli
Ufficiale M.M. |
On. Trantino
(MAE) |
A seguito della risposta di ONORCADUTI alla precedente lettera, ricercare una deroga alla legge n. 204/51 oppure valutare l’opportunità di provocare un emendamento alla citata legge | n.n. |
16.8.01 | Dott. D’Agata
Presidente Società Storica Catanese |
ONORCADUTI | Richiesta di ottenere una degna sepoltura per i resti di CBP | Problematica già affrontata in passato senza esito; non avendo CBP mai assunto la cittadinanza italiana il problema della traslazione dei suoi resti esula dalle competenze che la legge 204/51 attribuisce a ONORCADUTI |
16.8.01 | Dott. D’Agata
Presidente Società Storica Catanese |
Rivista Marittima | Richiesta di ottenere una degna sepoltura per i resti di CBP | (di Ufficio Storico)
Problematica già affrontata in passato senza esito, essendo stato CBP cittadino maltese. Comunque, anche fosse riconosciuto come cittadino italiano, nel caso in esame lo Stato potrebbe provvedere alla traslazione dei resti solo se richiesto da un congiunto, richiesta mai espressa dal fratello, anche se sollecitata |
4.10.01 | Dott. D’Agata
Presidente Società Storica Catanese |
Presidente della Repubblica | Richiesta di ottenere una degna sepoltura per i resti di CBP | Gratitudine per la segnalazione |
29.11.04 | Prof. Fabei
Storico e saggista |
MinDif | Richiesta di esperire le necessarie azioni per assicurare una degna sepoltura alle spoglie di CBP nel cimitero di Calcara (Malta) eventualmente, in caso di impossibilità di individuare i resti, in forma simbolica, o almeno effettuare una cerimonia in loco | n.n. |
aprile 05 | CC Rocchi
Ufficiale MM |
Prof. De Marco
Presidente Emerito di Malta |
Richiesta di attuare le azioni ritenute più opportune per assicurare una degna sepoltura ai resti mortali di CBP, eventualmente in forma simbolica se non identificabili, o almeno effettuare una cerimonia in loco | Già tentato durante il mandato come Ministro degli Esteri (anni ’90) di rintracciare i resti di CBP per riconsegnarli alla famiglia, ma già al tempo essi risultavano dispersi in una fossa comune e quindi non identificabili |
12.6.06 | CF Gulminelli
Ufficiale M.M. |
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo | Richiesta di assicurare alle spoglie di CBP un’onorevole sepoltura nonché una speciale menzione e protezione in base alla relativa Convenzione dell’UNESCO. | Ricorso irricevibile, non essendo soddisfatte le condizioni fissate dagli articoli 34 e 35 della Convenzione, non ravvisando, inoltre, alcuna violazione dei diritti garantiti dalla stessa |
20.6.08 | Prof. Sinagra
Università “La Sapienza” |
On. Scotti
Presidente Link Campus University di Malta |
Richiesta di organizzare, presso la LCU, un dibattito, aperto a storici italiani e maltesi sulla figura di CBP, con lo scopo di farlo uscire dall’oblio e trarre spunti per una rinascita dei rapporti italo-maltesi e la riscoperta delle origini italiane della cultura maltese | n.n. |
28.10.09 | CF Gulminelli
Ufficiale M.M. |
UK War Grave Commission | Richiesta di buoni uffici affinché sia possibile concedere un funerale cristiano ai resti di CBP | n.n. |
17.10.13 | Compagine italo-maltese degli amici di Carmelo | Presidente di Malta | Richiesta di valutare, assieme al Min. LETTA che prossimamente avrebbe visitato Malta, di dare cristiana e onorevole sepoltura ai resti di CBP, previa identificazione. | n.n. |
5.1.15 | Gr. FB “Carmelo Borg Pisani, un martire dimenticato” | Arcivescovo
Malta |
Richiesta di dare cristiana sepoltura alle spoglie di CBP | n.n. |
18.9.15 | Compagine italo-maltese degli amici di Carmelo | Arcivescovo
Malta |
Richiesta di dare cristiana sepoltura alle spoglie di CBP, nella chiesa della Madonna con il Bambino di Senglea | n.n. |
27.11.15 | Associazione “La Dignità in Uniforme” | MAE
MinDif Amb. Malta |
Richiesta di restituzione delle spoglie di CBP per la loro tumulazione nel Sacrario delle Medaglie d’oro al cimitero Verano | (di ONORCADUTI)
Nessuna azione possibile, in quanto, come più volte rappresentato, dal 1984, CBP non era cittadino italiano quindi non ricadente sotto le previsioni della legge 204/51; inoltre la collocazione dei resti non ne consente l’identificazione |
28.11.15 | Associazione “La Dignità in Uniforme” | Amb. Malta | Petizione per la restituzione dei resti di CBP (consegnata dopo una manifestazione di fronte all’Ambasciata) | n.n. |
4.4.16 | Associazione “La Dignità in Uniforme” | TAR Lazio | Ricorso contro MAE, MinDif e ONORCADUTI, per l’annullamento della determinazione di quest’ultimo Ente in risposta alla richiesta dell’Associazione del 27.11.15, di cui sopra | Pendente |
13.2.17 | Compagine italo-maltese degli amici di Carmelo | Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta | Richiesta di intervenire presso le Autorità maltesi affinché sia data cristiana sepoltura alle spoglie di CBP, vista la mancata risposta da parte dell’Arcivescovo di Malta | n.n. |
27.5.17 | On. Vinciullo | Presidente Regione Sicilia | Richiesta di intervenire presso il Governo affinché possa, attivandosi con quello maltese, ottenere il trasferimento in Italia delle spoglie mortali di CBP, nel 75° anniversario della sua morte | n.n. |
Durante una visita a Malta quando era Presidente della Repubblica (settembre 1991), Francesco Cossiga chiese al Governo maltese (nazionalista e in buoni rapporti con l’Italia) la restituzione dei resti di CBP o, quanto meno, di conoscere il luogo esatto della sua sepoltura. Gli fu risposto senza mezzi termini che era ancora vivo il ricordo del primo bombardamento dell’isola da parte dei velivoli italiani durante la guerra, che aveva provocato vittime solo fra la popolazione civile, e che, quindi, “… non se ne parlava proprio!“[35]. Anche Giovanni Spadolini cercò, durante una visita a Malta in qualità di Presidente del Senato (1989), di far luce sulla vicenda e di recuperare i resti mortali di CBP, ma senza esito[36].
Giulio Vignoli, giurista e storico, per anni titolare delle cattedre di Diritto delle Comunità Europee, di Organizzazione Internazionale e di Diritto Agrario Comunitario presso l’Università di Genova, autore, fra gli altri, del volume Gli italiani dimenticati. Minoranze italiane in Europa. Saggi e interventi(Giuffrè, 2000), si è attivamente interessato al caso di CBP, rivolgendosi anche al Presidente della Repubblica di Malta e all’Ambasciatore di Malta a Roma. Nel 1992, nel cinquantenario della morte di CBP, nel corso di una visita a Malta con una piccola delegazione, consegnò a Laurence Mizzi, biografo del giovane maltese, una targa di marmo, con la speranza che potesse essere apposta nei pressi della tomba di Carmelo, nel carcere di Corradino; ma le autorità non diedero mai il permesso e la targa rimase a Mizzi[37]. Nel 2003, in occasione del 61° anniversario della morte di CBP, rese omaggio, nell’interno del carcere di Corradino, alla tomba dove si ritiene si trovino ancora i resti del giovane maltese[38], dopo aver ottenuto dal Ministero dell’Interno, a prezzo di molte insistenze, l’autorizzazione all’accesso, fino ad allora sempre negata per evitare strumentalizzazioni[39].
Dal 2002, comunque, nel giorno della sua morte (28 novembre), a Malta viene celebrata annualmente una messa in suffragio di CBP, cui partecipano anche i suoi sostenitori italiani.
INTERVISTA AL COMANDANTE GULMINELLI
Pubblicata il 28 novembre 2013 da Movimento Irredentista Italiano
di Emanuele Pilon
Gentile Capitano Gulminelli, anzitutto un saluto ed un grande ringraziamento per la sua disponibilità da parte di tutti noi del Movimento Irredentista Italiano. Potrebbe esporci brevemente la storia del suo personale avvicinamento alla storia e alla figura di Carmelo Borg Pisani?
Mi sono interessato a Carmelo Borg Pisani molti anni fa, di istinto, non appena lessi la motivazione della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria, concessagli nel 1943. Più precisamente mi colpì la sua vicenda, triste per il tragico epilogo, che presenta numerosi punti focali:
- Non si procedette all’attacco e all’occupazione di Malta, cosa alla quale Borg Pisani anelava e per la quale si sacrificò;
- Lo si è lasciato indietro, e nessun nostro soldato deve essere lasciato indietro (la vicenda dei marò è una vergogna soprattutto per questo aspetto), tanto più in quanto si aveva la piena consapevolezza che Carmelo avrebbe rischiato la vita;
- Era un artista, pittore e scultore, aveva un forte grado di miopia, non era certamente uno nelle migliori condizioni fisiche per ricoprire il difficile ruolo assegnatogli, ma aveva un grande coraggio, che dimostrò sempre, fino agli ultimi istanti di vita, di fronte al patibolo;
- Sul muro della sua cella venne trovata una frase, scritta da Carmelo con il carboncino, che recitava: “I servi ed i vili non sono graditi al Signore“. Una frase che, dopo averla conosciuta, ho posto a base della mia vita. La considero una delle massime più grandi, coraggiose ed ispiratrici per la vita di ogni essere umano.
Il libro da voi pubblicato è basato sul saggio del prof. Frendo, ed il sottotitolo, “Nuovi documenti e supposizioni”, lascia intuire l’introduzione di nuovi elementi nella vicenda storica del patriota maltese, sulla quale ancora oggi ci si divide tra le teorie del “traditore” e dell'”Eroe”. Potrebbe raccontarci la genesi di questo progetto editoriale?
Effettivamente il libro consiste nel saggio del prof. Henry Frendo, ordinario di storia contemporanea presso l’Università di Malta e di storia moderna e relazioni internazionali presso l’Università di Urbino, che uscì per la verità già nel 2006, in lingua inglese, a Malta. Si trattava di colmare un “vuoto” che era sfuggito anche al prof. Stefano Fabei, nel suo tuttavia ottimo libro intitolato “Carmelo Borg Pisani: Eroe o traditore?”. Il saggio del prof. Frendo, infatti, ha una notevole importanza in quanto contempla l’intera analisi della storia di Carmelo Borg Pisani, affrontata con dovizia di informazioni ed obiettività di fondo, ma soprattutto perché realizzata proprio da un maltese, scevro da ogni sentimentalismo e revanscismo. Il professore aveva oltretutto manifestato, nell’inverno del 2008, l’idea di potere tradurre e stampare in Italia il suo saggio. Dopo più di quattro anni passati a cercare aiuti nella traduzione, e financo nella pubblicazione, riuscimmo subito dopo l’elezione di Papa Francesco, nel marzo 2013, a far uscire il libro.
Negli ultimi tempi i tentativi di divulgare la storia di Carmelo Borg Pisani sono stati diversi, uno su tutti quello da lei già citato, del prof. Stefano Fabei, che nel proprio libro “Carmelo Borg Pisani: eroe o traditore?”, non ha mancato di ringraziarla per il prezioso aiuto da lei fornito. Da cosa nasce il bisogno di questo nuovo libro? Cosa aggiunge alla storia dell’eroe maltese?
Oltre al saggio del prof. Henry Frendo, che attingendo dagli archivi maltesi ed inglesi ha sicuramente fornito nuovi elementi e spunti di ulteriori approfondimenti, devo necessariamente sottolineare che il libro presenta l’antologia di tutti quegli scritti ed articoli usciti sui siti, sulle piccole riviste, sui quotidiani, realizzati da noti, e meno noti, scrittori ed autori italiani. Questo rappresenta sicuramente un variegato insieme che, oltre a fornire un’approfondita panoramica sulla storia di Carmelo Borg Pisani, rende onore a quei vari autori che, senza il libro, sarebbero rimasti ingiustamente nel dimenticatoio.
Sappiamo che lei fa parte della “Compagine italo-maltese degli amici di Carmelo Borg Pisani”. Potrebbe raccontarci come nasce e come opera? Quali sono i suoi obiettivi e le attività?
La compagine italo-maltese degli Amici di Carmelo Borg Pisani è nata quest’anno, poco dopo l’uscita del libro, ed in concomitanza con la nascita del sito “www.borgpisani.it”. Rappresenta l’élite di coloro che, nel tempo, si sono impegnati per la causa di Borg Pisani, e che guidano anche il gruppo Facebook “Carmelo Borg Pisani: un Martire dimenticato”. Il leader italiano è Pierfrancesco Nicoletti, Jo Meli quello maltese. Gli obiettivi sono quelli di mantenere alto e vivo il ricordo dell’Eroe, allo scopo di concedergli finalmente una cristiana sepoltura a Malta o, se non fosse possibile realizzare un cenotafio sul luogo, in Italia, presso il Sacrario Militare d’Oltremare di Bari.
Tornando al libro, pensa che questo studio possa chiudere definitivamente la diatriba sulla figura di Carmelo Borg Pisani o, in futuro, potrebbero esserci ulteriori spazi per analizzare ancora più a fondo la questione?
Credo di poter dire, senza peccare di immodestia, che questo libro, insieme a quello del prof. Stefano Fabei e ai due libri (“Per il sogno della sua Vita” e “Il caso Borg Pisani”) scritti in precedenza da Laurence Mizzi (il più noto biografo di Carmelo Borg Pisani), dia una visione complessiva esaustiva, per poter capire il personaggio e conoscere la sua storia. Se alla scadenza degli anni di segretazione dei documenti, qualcuno riporterà ulteriori prove e/o atti, la cosa potrebbe essere sicuramente molto utile, anche perché si potrebbero svelare degli inconfessabili retroscena, tra i quali: 1) il perché della pena capitale (oltre al già noto vulnussulla cittadinanza di Carmelo Borg Pisani, che lo avrebbe condannato in qualità di traditore, una chiave di lettura potrebbe risalire al modus operandi dell’imperialismo inglese, fautore del classico detto “colpirne uno per educarne cento”, visti i numerosi maltesi arruolatosi con l’Italia, filoitaliani e/o già deportati dagli stessi inglesi nei campi di concentramento in Uganda); 2) il perché ci fu un ostracismo immotivato da parte del fratello prete (chi voleva coprire Don Paolo Borg Pisani? Forse, come sostengono in molti a Malta, il Monsignor Gonzi – Vescovo di Malta nel 1942 ed eletto Arcivescovo nel 1944 – che fu favorevole alla pena capitale per ingraziarsi gli Inglesi?).
Come Movimento Irredentista Italiano abbiamo sempre sostenuto che Malta, indipendente dal 1964, debba prendere una posizione definitiva sulla figura di Borg Pisani. Alla stessa maniera, abbiamo sempre “sognato” un’Italia più attenta ed orgogliosa dei propri Eroi, un’Italia che renda il dovuto onore ad uno dei suoi tanti figli sfortunati e dimenticati. Quali sono secondo lei i prossimi passi sulla via della riscoperta nazionale e popolare della storia dell’eroe maltese e dell’irredentismo italiano a Malta, di cui Borg Pisani fu non di certo l’unico, ma uno dei tanti esponenti?
Concordo con le vostre considerazioni circa i presupposti che dobbiamo necessariamente porci per il prossimo futuro: il popolo italiano è strano, oggi sembra avulso dalla realtà, ma un domani, come un vulcano dato in maniera sbrigativa ed approssimativa per spento, potrebbe riaccendersi improvvisamente. L’importante, in questo preciso momento storico, è che si mantenga sempre viva la memoria dei nostri Eroi, unitamente alla fiamma dei loro ideali di onore, fedeltà, senso del dovere ed amor di Patria per i quali non esitarono ad immolarsi. Un popolo che non ha conoscenza piena e vera del proprio passato, non può avere futuro.
Per concludere, un’ultima domanda su un argomento da lei già brevemente citato poco fa: secondo lei sarà davvero possibile, in futuro, recuperare i resti mortali di Carmelo Borg Pisani per seppellirli in un luogo degno della sua statura ideale e morale, con un monumento, o almeno una lapide, che ne ricordi la bontà, il coraggio, la purezza?
Sono un Capricorno, sono romagnolo e sono militare. Pertanto, sono tenace, testardo e seguo sempre in ogni mia azione la massima di Guglielmo Il Taciturno: “Non occorre sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare“. Con il vostro aiuto, e con quello di coloro che si aggiungeranno alla “masnada”, sono certo che riusciremo a dare a Carmelo il rispetto e gli onori che merita, anche se saranno sempre “poco” rispetto al “tanto” che lui ha coraggiosamente messo in gioco per la nostra Patria. Sono certo che arriveremo laddove Dio volle il tricolore. Vi ringrazio e vi saluto caramente. Viva l’Italia e tutti gli Eroi caduti per la Patria.
Grazie a lei Capitano, con la speranza di riuscire, un giorno, a realizzare il nostro sogno di dare una degna sepoltura a Carmelo Borg Pisani, e di far sì che venga onorato come merita.
Emanuele Pilon
PARLANO DI LUI E LO RICORDANO …
LIBRI
Guido PUCCIO, Vita di Carmelo Borg Pisani, ed. Le Monnier, 1943[40]
Laurence MIZZI, Per il sogno della sua Vita – Il sacrificio di C. Borg Pisani irredento maltese, ed. G. Volpe, 1981
Laurence MIZZI, Il caso Borg Pisani – 60 anni dopo,ed. PEG publications, 2003
Stefano FABEI, Carmelo Borg Pisani (1915-1942): eroe o traditore?, ed. Lo Scarabeo (ora Ritter), 2007
Henry FRENDO, Paolo GULMINELLI, Carmelo Borg Pisani: Patriota italiano e maltese. Nuovi documenti e supposizioni, ed. Associazione Culturale Sarasota, 2013
RAPPRESENTAZIONI CINEMATOGRAFICHE E TEATRALI
“Malta Story“, film del 1953 con Alec Guinness, diretto da B.D. Hurst, sulla difesa dell’isola da parte dei piloti britannici, ispirato in parte alla vicenda di Carmelo Borg Pisani (il personaggio che lo ricorda è il fratello della giovane maltese con cui il protagonista ha una storia d’amore)
“Bijografiji– Carmelo Borg Pisani”, documentario realizzato da Norman Vella, compreso nella serie Where’s Everybody, sulla vita di personalità di spicco nella storia di Malta, prodotto da TVM, rete televisiva nazionale di Malta
“Il-Borg Pisani“, dramma in tre atti di Anthony Portelli, rappresentato per la prima volta al Teatro Manoel di La Valletta a ottobre 1986, per la regia di Josette Ciappara
ASSOCIAZIONI
Comitato per il ricordo ed il rimpatrio della MOVM Carmelo Borg Pisani
Compagine italo-maltese degli amici di Carmelo
Comitato commemorazione Carmelo Borg Pisani
WEB
Carmelo Borg Pisani, un Martire dimenticato (gruppo su FB)
www.borgpisani.it
www.carmeloborgpisani.20m.com
www.carmeloborgpisani.blogspot.it
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
di Andrea Liorsi
Alla luce di quanto finora riportato, ferma restando l’opportunità, dettata prima di tutto dal buon senso, di rivalutare la memoria di un giovane che morì in nome di un ideale, per il suo Paese, Malta, e per il Paese che considerava come una seconda Patria, è doveroso fare alcune considerazioni sui vari aspetti della vicenda.
La prima considerazione riguarda l’asserita scarsa conoscenza, alla viglia dell’entrata in guerra, che l’Intelligenceitaliana aveva dell’apparato militare difensivo di Malta. A prescindere dall’imperdonabile leggerezza di non avere predisposto con congruo anticipo i piani di invasione, sì da farla scattare all’indomani della dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna (come tutti, alleati e nemici, si aspettavano, e risparmiando alla popolazione maltese le 3346 missioni di bombardamento), lascia perplessi il fatto che, con una buona percentuale di maltesi che guardavano con favore all’Italia, almeno inizialmente, non si fosse stati in grado di trovare uno o più informatori in loco, tanto da dover inviare una spia sul territorio[41].
La seconda considerazione riguarda l’idoneità di CBP ad assolvere una missione di spionaggio in territorio nemico (vero che Malta era la sua Patria, ma in quel momento egli avrebbe agito per conto “dell’altra parte”). Egli era un giovane entusiasta e coraggioso, forse fino all’incoscienza, dotato di una buona forma fisica, anche se con un grave deficit visivo che lo rendeva dipendente da un paio di spesse lenti. Aveva avuto un assaggio di vita militare durante l’occupazione di Cefalonia (prese parte ai combattimenti?), poi frequentò un corso per divenire Ufficiale della MILMART a cui, presumibilmente, si sovrappose parzialmente l’addestramento intensivo per la missione (quanti mesi?). Ma questo basta a fare di un normale giovanotto, civile fino a un anno prima, una spia? Per quanto avesse imparato a trasmettere, nuotare, scalare, forse sparare, gli mancavano certamente altre doti, quali la scaltrezza, la spregiudicatezza, la capacità di improvvisare e di dissimulare. CBP era un ingenuo, un puro, un “libro aperto” e questo avrebbe contribuito al suo infelice destino[42].
Le difficoltà della missione, poi, erano notevolissime, anche per un commandoesperto, a partire dall’approdo sull’isola. Vero è che (a quanto pare) CBP asseriva di conoscere assai bene la zona, avendola frequentato da ragazzo, ma forse qualcuno avrebbe dovuto aprirgli gli occhi sulla difficoltà di scalare una parte di 260 metri, di notte (non avrebbe certo potuto farlo di giorno), portandosi appresso l’attrezzatura; se anche avesse deciso di lasciarla alla base della scogliera, in qualche caverna, avrebbe comunque dovuto periodicamente scendere e risalire per comunicare via radio. Anche gli obiettivi della missione appaiono sproporzionati rispetto alle capacità di CBP (prevedevano addirittura ricognizioni sulle isole di Gozo e Comino), il cui unico vantaggio era la conoscenza della lingua maltese, ma che, per contro, per i suoi trascorsi nell’isola, era ben noto all’Intelligence britannica che sapeva esattamente dove avrebbe dovuto essere, ossia in Italia (e questo i suoi superiori dovevano saperlo, o almeno immaginarlo). A questa considerazione se ne collega subito un’altra: i Comandi italiani, che, alla fine, avevano deciso di inviarlo in missione, erano consci dell’enorme pericolo che avrebbe corso se scoperto?
È stato ipotizzato che CBP sia stato in qualche modo “convinto” a offrirsi volontario dai suoi mentori a Roma, in particolare Carlo Mallia e Umberto Biscottini. Questi, in particolare, segretario del Fascio di Malta, secondo la testimonianza di un medico maltese presente a Roma in quel periodo, Alex Mizzi, avrebbe cercato più volte di convincere con lusinghe gli studenti maltesi ad assumere la cittadinanza italiana, in vista di una probabile vittoria dell’Asse[43]. Carlo Mallia invece sarebbe rimasto all’oscuro di tutto, pur intuendo che il giovane maltese si era accollato un ben pericoloso incarico, e, secondo Camillo Bonanno, amico di CBP, quando venne a sapere dell’accaduto si risentì di non essere stato consultato in merito, affermando che in quel caso avrebbe cercato di dissuadere il giovane dal compiere un simile pericoloso passo[44]; inoltre si adirò moltissimo con Biscottini, che invece, evidentemente, qualcosa sapeva …
Un’altra considerazione riguarda l’atteggiamento dei maltesi nei confronti di CBP. Tommy Warrington conosceva Carmelo fin da piccolo, le due famiglie abitavano nella stessa via a Senglea ed è probabile che da bambini abbiano giocato assieme. La famiglia Warrington era vicina alle posizioni del Partito Costituzionale, filo-britannico, mentre la famiglia Borg era nazionalista e filo-italiana, per cui ad un certo punto le relazioni si deteriorarono ed i giovani si persero di vista. Quando si ri-incontrarono all’ospedale militare di Mtarfa, dove CBP era stato portato, questi era “passato al soldo del nemico”, mentre Warrington era un militare, leale verso la Corona britannica: non ebbe pertanto dubbi a fare quel che fece, anche se si rese conto che lo stava condannando a morte[45]. A quanto risulta, tuttavia, nel corso della deposizione al processo mise in evidenza il fatto che CBP confessò tutto spontaneamente e sinceramente, forse ritenendo che questo avrebbe alleggerito la sua posizione[46]; ma ciò non fu, come noto, sufficiente.
Ben più ambiguo fu l’atteggiamento dei famigliari di CBP, in particolare del fratello sacerdote, don Paul, che, se fu vicino a Carmelo durante gli ultimi giorni della sua vita (tentò anche di intercedere per lui, invano, presso il Vice Governatore – S. Fabei, cit.), una volta eseguita la condanna a morte prese le distanze dal suo gesto, fino a non interessarsi delle sue spoglie, che avrebbe dovuto reclamare. In fin dei conti CBP era morto in grazia di Dio, era cattolico e praticante e, una volta pagato il suo debito con la giustizia (ammesso che di “giustizia” si possa parlare), il suo corpo era libero da colpe; con ogni probabilità nessuno si sarebbe opposto alla sua riconsegna ai famigliari. Negli anni successivi don Paul Borg, benché più volte sollecitato, rimase sordo alle varie richieste avanzate dall’Italia di collaborare al recupero dei resti mortali di CBP per concedere loro una dignitosa sepoltura, a Malta o in Italia, affermando di non voler essere coinvolto, né rivangare un doloroso passato, e che il fratello “… aveva commesso un grave errore“[47]. A quanto sembra anche gli altri parenti di CBP mantennero un contegno riservato durante le fasi dell’internamento e del processo, mentre dopo l’esecuzione vollero dimenticare tutta la vicenda, quasi si vergognassero di quanto Carmelo aveva fatto (nonostante in linea con le loro opinioni politiche), o forse temessero ritorsioni[48]. Di certo, non si preoccuparono mai di ritirare la medaglia d’oro concessa al loro congiunto, che probabilmente si trova ancora in qualche cassetto al Ministero della Difesa.
Un aspetto che lascia veramente perplessi è il trattamento riservato alle spoglie mortali di CBP dopo l’impiccagione. Se le modalità di esecuzione, pur denotando un accanimento vendicativo ingiustificabile a posteriori, erano in linea con la sentenza emessa, che sostanzialmente equiparava CBP ad un criminale comune, per il quale la pena capitale, come in uso a quei tempi, era l’impiccagione, non si può assolutamente giustificare il fatto che il suo corpo sia stato tumulato in una fossa comune, quando era ben chiaro che egli aveva parenti in vita che avrebbero potuto prendersene cura. Come sopra detto, mentre il vivente può essere “colpevole” e quindi meritevole di un trattamento “punitivo”, le sue spoglie mortali non hanno più colpa, con la morte essa si è estinta, e quindi hanno diritto ad essere trattate come quelle di chiunque lasci questo mondo, soprattutto in un Paese cattolico come Malta (ciò vale naturalmente anche per i comuni criminali giustiziati). CBP è morto in grazia di Dio, pregando fino alla fine: anche se i famigliari non si interessarono più di tanto, avrebbe almeno meritato una tomba tutta per lui, con una croce ed il suo nome sopra.
E dunque, riprendendo il sottotitolo del libro di S. Fabei, più volte citato: eroe o traditore? E se era un eroe, come si chiedono H. Frendo e P. Gulminelli nel loro volume, eroe di chi? Quando CBP decise il suo destino aveva nel cuore due Patrie: la Patria maltese, che gli aveva dato la vita e per la quale era pronto a dare la sua, e la Patria italiana, che lui sentiva intimamente vicina, idealmente e culturalmente. Il suo sogno era di vederle unite in un’unica realtà e per questo accettò di porsi in una posizione assai ingrata: per il bene della sua Patria natale, passare dalla parte dell’altra, che allora era il Nemico, il nemico che bombardava, anziché venire a soccorrere i fratelli maltesi. Ma cosa volevano veramente i maltesi? Nella presentazione al libro di Fabei, Guido de Marco, ex Presidente della Repubblica di Malta, bambino all’epoca dei fatti, lo spiega chiaramente: “È importante notare che il nazionalismo maltese non era irredentista, non considerava come suo vitale obiettivo l’unione di Malta all’Italia. Quello su cui insisteva il nazionalismo maltese era che pari passuall’avanzamento della lingua inglese, quella italiana continuasse ad essere parte della cultura dell’isola, come lo era stata nei secoli precedenti. In sintesi, il nazionalismo maltese difendeva la civiltà latina di Malta come elemento fondamentale per il diritto all’autogoverno del popolo maltese“.
Pur se non anelavano ad una unione con l’Italia, i maltesi scontenti della dominazione britannica (non tuttii maltesi, quindi) guardavano con favore a Mussolini e al Fascismo, che si era preoccupato di fondare scuole e istituzioni culturali. Dopo la stipula del Patto di Acciaio con Hitler, tuttavia, tale favorevole disposizione iniziò a deteriorarsi, fino a crollare del tutto quando iniziarono i bombardamenti. CBP si presentò sull’isola, oltre che scarsamente preparato per il suo compito, anche “fuori tempo” rispetto alle sue aspettative, ed i maltesi non lo aiutarono, considerandolo un traditore[49]. In Italia fu acclamato come un eroe, ma solo fino alla caduta del Fascismo, o quanto meno fino alla fine della guerra. Poi entrambi i Paesi lo dimenticarono, l’uno con il disprezzo per un figlio rinnegato, l’altro con l’imbarazzo per un soldato che aveva combattuto “dalla parte sbagliata”. Un eroe che nessuno si merita.
La memoria di CBP oggi sopravvive per merito di un pugno di volonterosi sostenitori, maltesi ed italiani, che, individualmente o riuniti in associazioni, ancora si battono affinché venga riconosciuto il diritto di un giovane idealista ad essere ricordato semplicemente come tale, ed a riposare in pace, dignitosamente inumato, in una delle sue due Patrie, che, si spera, possano finalmente accoglierlo come un Figlio che, per dirla ancora con le parole di Guido de Marco, “…merita il rispetto di chi s’immola per i propri sogni“[50].
[1] All’epoca della concessione della MOVM non erano ancora stati diffusi i dettagli della sua morte, per cui fu data per scontata la fucilazione. Solo nel 1969 la motivazione fu corretta, sostituendo alle parole “… cadeva sotto il piombo del plotone di esecuzione …“, le parole “… condannato all’impiccagione, saliva al patibolo …“.
[2] H. Frendo, P. Gulminelli, Carmelo Borg Pisani: Patriota italiano e maltese. Nuovi documenti e supposizioni.
[3] Dighènis Akritesè il titolo di un poema anonimo scritto in greco intorno all’XI-XII secolo, ricco di riferimenti, divenuti leggendari, agli scontri secolari tra Bisanzio e l’Islam. Protagonista l’eroe omonimo, figlio di un emiro arabo di Siria e di una nobile bizantina, che affronta una serie di difficili prove contro briganti, draghi e belve per salvare la donna amata. Al termine di una vita di lotte egli diventa il simbolo del mondo dei confini.
[4] Rivista trimestrale, organo della “Regia Deputazione per la Storia di Malta”, il cui scopo era quello di completare la cultura dei ragazzi maltesi giunti in Italia, che non avevano potuto contare sulle scuole italiane nell’isola a seguito delle azioni repressive del Governo coloniale britannico (S. Fabei, Carmelo Borg Pisani (1915-1942): eroe o traditore?).
[5] In Piazza Sallustio al n. 3. Nel recente passato è stata avanzata al Comune di Roma, dal Consigliere Giuseppe Sorrenti del IV Municipio, una proposta per l’apposizione di una targa commemorativa sulla facciata del palazzo.
[6] Nella MILMART militavano molti altri giovani maltesi che, privi della cittadinanza italiana, non avevano potuto arruolarsi nell’Esercito, in Marina o in Aeronautica.
[7] Denominata Operazione Herkulesda parte tedesca, prevedeva l’impiego di due divisioni di paracadutisti, cinque di fanteria, una di fanteria aviotrasportata di riserva e truppe speciali da sbarco, per un totale di 62.000 uomini, 1.600 veicoli e 400 cannoni. Per il trasporto dei paracadutisti era previsto l’impiego di centinaia di alianti tedeschi, mentre per la fanteria, oltre ai mezzi da sbarco, sarebbero stati requisiti 16 piroscafi. Il tutto con l’appoggio di circa 900 aerei e dell’intera squadra navale italiana.
[8] Qui si era trasferito dal 28 aprile, accompagnato dal Capitano di Fregata Max Ponzo, del SIS, responsabile dell’operazione (S. Fabei, cit.).
[9] Si trattava del posamine veloce HMS Welshman(S. Fabei, cit.).
[10] Il MTSM 218 trasportò nei pressi di Marsa Scala, sulla costa orientale di Malta, il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo, del gruppo Gamma (nuotatori d’assalto) della X MAS, incaricato di effettuare una ricognizione delle strutture difensive. L’operatore eseguì correttamente il compito ma si attardò eccessivamente, perdendo il contatto con il mezzo che avrebbe dovuto recuperarlo, il quale alla fine, essendo l’alba imminente, dovette rientrare. Guglielmo fu costretto a scendere a terra e fu successivamente scoperto ed arrestato.
[11] Per (tragica) ironia della sorte, il capitano Warrington si trovava per caso in servizio all’ospedale; avrebbe infatti dovuto essere in ferie, ma era stato richiamato in servizio per la scarsità di personale medico. I rapporti fra le famiglie Warrington e Borg, inizialmente buoni, si erano raffreddati quando gli avvenimenti avevano enfatizzato le differenti opinioni politiche: costituzionalisti filo-britannici i primi, nazionalisti filo-italiani i secondi (S. Fabei, cit.).
[12] Il capo dell’Intelligence Service, Col. Bertram Ede, gli fece balenare la speranza di potergli salvare la vita, in cambio di informazioni, ma al processo non si presentò (H. Frendo, P. Gulminelli, cit.).
[13] Le informazioni che Carmelo Borg Pisani diede, anche in relazione a quello di cui effettivamente poteva essere stato messo a conoscenza durante l’addestramento, erano per lo più irrilevanti.
[14] I tre giudici erano Sir George Borg, Presidente della corte d’Appello, Edgard Ganado e William Harding. La difesa era costituita dagli avvocati Alberto Magri e Paolo Borg Grech, cugino dell’imputato (S. Fabei, cit.).
[15] I suoi avvocati difensori avevano cercato di convincere i giudici che Carmelo fosse stato costretto ad aderire al Comitato d’Azione Maltese per poter ottenere il necessario da vivere dallo Stato italiano e che avesse accettato di compiere la missione di spionaggio per poter tornare a Malta. Ma, nonostante la testimonianza del capitano Warrington, che affermò che Carmelo aveva confessato tutto spontaneamente, i tre membri della Corte rimasero sulle loro posizioni (S. Fabei, cit.).
[16] Il Governatore, Lord John Gort, aveva da poco raggiunto l’isola per rilevare il suo predecessore, Generale Dobbie. Militare duro e intransigente, era deciso a punire Borg Pisani in modo esemplare (J. Holland, La fortezza Malta).
[17] Mai ritirata dai suoi famigliari.
[18] Le modalità di esecuzione furono corrette solo nel 1969, con decreto del Presidente della Repubblica pro tempore, Giuseppe Saragat.
[19] Sunday Times of Malta, 29 novembre 1942 (S. Fabei, cit.).
[20] Oggi risultano vie cittadine intitolate a Carmelo Borg Pisani a Roma, Torino, Bari e Legnago (VR).
[21] Ritrovata per caso nel 1991 alla base della scogliera, dove era stata presumibilmente gettata dopo la caduta del Fascismo, è stata recuperata dalla Marina Militare e collocata all’interno del Museo Tecnico Navale di La Spezia.
[23] Http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/medaglie/Pagine/CarmeloBORGPISANI.aspx.
[24] R. Gargiulo, “Carmelo Borg Pisani, un eroe dimenticato”, Rivista Marittima, 7, 2010.
[26] C. De Risio, Navi di ferro teste di legno, 1976, p. 111.
[28] http://www.thecommonwealth.org/.
[29] S. Romano, Corriere della Sera, 25 ottobre 2015.
[30] Dopo l’indipendenza, Malta, che entrò a fare parte del Commonwealth, continuò a riconoscere come Capo dello Stato la Regina Elisabetta II, fino a che, nel 1974, il Paese divenne una Repubblica parlamentare.
[31] Con l’espressione “affare maltese” (utilizzata nel carteggio relativo alla strage di Ustica) si intende una serie di avvenimenti, apparentemente slegati fra loro, che ebbero luogo durante l’estate del 1980 e che coinvolsero Paesi mediterranei, in primisl’Italia, la Libia e Malta: la stessa strage di Ustica, il sequestro di pescherecci italiani da parte della Libia, il ritrovamento del relitto di un velivolo libico sulla Sila, la strage di Bologna, il tentato colpo di Stato in Libia, il confronto in mare fra unità italiane e libiche in merito alla presenza della nave da ricerca dell’ENI, Saipem 2, sui banchi di Medina, contesi fra Malta e Libia.
[32] I dati del presente paragrafo sono tratti da un lavoro dell’Amm. Fabio Caffio, in via di pubblicazione nell’ambito di una raccolta di studi curata dal Prof. Tullio Scovazzi.
[33] Il motivo per cui Malta si ostina a mantenere una zona SAR così vasta in rapporto all’estensione del suo territorio (appena 315 kmq) è da ricercare in considerazioni sia di carattere storico (l’ha “ereditata” dalla Gran Bretagna e quindi ne fa una questione di prestigio), che economico, visto che l’UE elargisce aiuti finanziari in rapporto alle sue dimensioni.
[34] In particolare, quello del Primo Ministro pro temporedi Malta, Dom Mintoff: “Borg Pisani non era un volgare avventuriero che vendeva i suoi servigi alla parte vincente: era un tranquillo giovane artista infiammato di uno spericolato idealismo. Affrontò il patibolo in pace con Dio e con la sua coscienza. Malta non si vergogna di averlo come uno dei suoi figli sfortunati” (H. Frendo, P. Gulminelli, cit., e S. Fabei, cit., in quarta di copertina).
[35] Intervista a Il Giornale, 27 luglio 2008, in C. De Risio, “Non volemmo prendere Malta”, Nuova Storia Contemporanea, 3/2015.
[36] H. Frendo, P. Gulminelli, cit..
[37] Ibidem. Il testo della targa è: “A Carmelo Borg Pisani – italiani non immemori – nel 50° della morte – 1942-1992“.
[38] Secondo voci, non confermate, i resti di CBP sarebbero stati spostati negli anni ’70 del secolo scorso, nascostamente, in un ossario comune nel Cimitero dell’Addolorata di Paola, la città dove si trova anche il carcere di Corradino.
[40] Il libro è introvabile. Sembra che nell’imminenza dell’entrata delle truppe alleate a Firenze la tipografia Le Monnier abbia distrutto tutte le copie in magazzino.
[41] Nei mesi antecedenti la dichiarazione di guerra, ritenendo che l’invasione di Malta fosse ormai imminente, alcuni studenti filo-italiani avevano pensato di organizzarsi per accogliere e supportare i paracadutisti una volta atterrati, individuando case-rifugio dove avrebbero potuto all’occorrenza nascondersi. Furono stampati anche volantini che avrebbero dovuto convincere i maltesi a non cooperare con gli inglesi. Ma gli italiani non si mossero e poco dopo, a causa di un’imprudenza, la rete clandestina fu scoperta e molti studenti arrestati (S. Fabei, cit..
[42] Fin dal suo incontro con il dottor Warrington; CBP, pur conoscendo i sentimenti filo-britannici dell’Ufficiale, non solo non fu in grado di inventarsi una qualche menzogna per giustificare la sua presenza sull’isola, ma gli raccontò candidamente tutto.
[43] H. Frendo e P. Gulminelli, cit..
[45] Intervista di Massimo Zamorani a Thomas G. Warrington, 1992, in occasione del cinquantenario della morte di CBP (Presenza, settembre-ottobre 2009).
[46] Ibidem. La spontaneità di CBP nel rendere dichiarazioni spontanee e complete (ma comunque prive di elementi di interesse per la controparte) risulta anche dalle dichiarazioni di Vivian de Gray, all’epoca Soprintendente di polizia, che partecipò al primo interrogatorio, anch’egli intervistato da Zamorani nel 1992.
[48] H. Frendo e P. Gulminelli, cit..
[49] “L’idealismo di Borg Pisani in quel momento storico non coincideva con lo stato d’animo dei Maltesi. L’invasione sembrava imminente: familiari morti, case distrutte. Sembra ironia, ma mai come durante la guerra i Maltesi sono stati così vicini agli Inglesi. (…) Noi ci sentivamo dalla parte degli esiliati, ma Borg era con chi bombardava“. Guido de Marco, intervista, citato da M. Zamorani, in S. Fabei, cit..