Non avrebbe dovuto sorprenderci – come invece sembra essere avvenuto – il pesante intervento militare saudita nello Yemen per contenere e respingere l’avanzata dei ribelli Houthi, già padroni della capitale Saana. Infatti era difficile immaginare che Riyad restasse immobile di fronte al rischio del sorgere di una sorta di “Stato” sciita nel sud della Penisola Arabica, anche, e soprattutto perché questo potrebbe comportare, in un breve volgere di tempo, il dilagare dello scontro fra sunniti e sciiti in tutta la regione. Infatti pressoché l’intera Penisola Arabica vede la presenza di minoranze sciite, o comunque appartenenti a sette derivate dallo Sciismo, tradizionalmente compresse dai regimi monarchici di ispirazione sunnita wahabiti. Minoranze che, in alcune aree, sono in realtà maggioranze, come in Baherein dove i Banu Khalifa, wahabiti e di fatto vassalli di Riyad, governano con pugno di ferro su una popolazione al 65% sciita. È proprio in Bahrein, nel 2011, in corrispondenza con le Primavere Arabe, vi furono manifestazioni di piazza per rivendicare libertà di culto e politiche; manifestazioni rapidamente represse nel sangue dall’intervento dell’esercito saudita, il tutto nel silenzio dei Media e dell’Occidente.
Per altro forti minoranze sciite sono presenti anche negli Emirati Arabi Uniti – circa il 15% – dove godono, però, di diversa libertà, mentre fa eccezione il Sultanato dell’Oman, dove la maggioranza appartiene alla setta Ibadita – di lontana ascendenza kharigita – che rappresenta un Islam estremamente tollerante e “liberale”.
Tuttavia il problema maggiore è interno alla stessa Arabia Saudita, dove, pur non essendoci alcun censimento religioso, la minoranza sciita è consistente e, a quanto sembra maggioritaria sulla costa orientale della Penisola. Che, per altro, è anche la regione petrolifera più ricca.
I monarchi sauditi, dunque, non possono non temere il rischio contagio di quanto sta accadendo in Yemen. Dove, il tradizionale conflitto tra zaiditi – di remota ascendenza sciita – che vivono nella regione settentrionale del paese, e wahabiti maggioritari nel Sud, sta divenendo la cartina di tornasole dell’ormai annoso confronto fra Riyad e Teheran. Dove la politica della Guida Suprema l’ayatollah Ali Khamenei è stata per decenni improntata alla strategia di unificare sotto il comando iraniano tutte le “disperse membra” dell’Umma sciita.
Andrea Marcigliano
Senior fellow