Il 10 marzo 2023 è avvenuto un evento unico nella storia delle relazioni diplomatiche: l’accordo tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina.
La ripresa dei rapporti iraniano-saudita sta offrendo materiale interessante agli analisti geopolitici non solo perché i due attori principali sono due rivali storici, ma anche perché l’anello di congiunzione non sono gli USA. Il fatto è anomalo in primis perché Washington è un alleato storico di uno dei protagonisti, poi perché, come spiega Andrea Marcigliano alla classe di giornalismo del collegio Arcivescovile di Trento, è dai tempi di Theodore Roosevelt che gli Stati Uniti interferiscono in quell’area da loro stessi soprannominata “Medio Oriente”. Ma facciamo un passo indietro. Perché l’Iran e l’Arabia Saudita, due nemici storici, avrebbero deciso ora di stringersi la mano? Abdolrasool Divsallar, in un’intervista a Tempi, dichiara che “le ragioni che hanno spinto l’Arabia Saudita a raggiungere un accordo con l’Iran sono legate alle conseguenze devastanti di una crisi nella regione derivante da uno scontro tra Teheran e Israele”. Nello “storico feudo della famiglia Saud”, come lo definisce Marcigliano, vi è infatti un nuovo Primo ministro, Mohammad bin Salman, il quale già nel 2016 aveva presentato il programma Vision 2030. Il futuro erede al trono non è mai rimasto indifferente ai progetti di transizione energetica e vuole rendere l’economia dello Stato indipendente dalle esportazioni petrolifere. “Il programma di sviluppo Arabian Vision 2030 “- continua Divsallar- “implica una certa stabilità nella regione, quindi non avere problemi con i paesi vicini” ed è qui che l’accordo con Teheran diventa necessario. Dal 2015 lo Yemen è il campo di battaglia non solo di una sanguinosa guerra civile ma anche di una proxy war tra Iran e Arabia Saudita. “Non avere problemi con i paesi vicini” comporta, quindi, un allentamento delle tensioni con Teheran e la crisi in cui sta navigando quest’ultima ha sicuramente giovato all’obiettivo.
Se la posizione dei due protagonisti è piuttosto chiara la domanda sul perché a congiungere le mani di Ali Shamkhani e Musaad bin Mohammed al-Aiban vi sia Wang Yi rimane. Dove sono finiti gli storici alleati americani? Marcigliano su questa questione non ha dubbi: in questa frattura un ruolo fondamentale l’ha giocato lo scontro tra Kiev e Mosca. All’inizio dell’invasione Washington ha imposto alle banche svizzere di bloccare e sequestrare i conti russi. L’interferenza americana non è passata inosservata agli occhi degli azionisti e gli gnomi di Zurigo hanno iniziato progressivamente a perdere ciò su cui si fonda la loro fortuna: la credibilità. Persa questa il crollo delle banche è inevitabile e infatti Credit Suisse, la seconda banca del paese, fallisce. Tra gli azionisti vi sono anche i sauditi che non accettano di buon grado gli strumenti di pressione geopolitica adottati da Washington. “È vero che i monarchi sauditi sono alleati degli americani” – afferma Marcigliano- “ma questi il dubbio che un giorno in America qualcuno decida che sia necessario creare una democrazia anche in Arabia lo hanno”, soprattutto a fronte del fatto che i sauditi sono di confessione wahhabita, una delle più rigide e intransigenti del mondo islamico. Il motivo della virata verso Pechino risulta perciò più chiaro. “La dottrina di cooperazione senza conflitti” di Xi Jinping viene percepita come un porto relativamente sicuro; la prima a ricavare vantaggi dalla pacificazione internazionale, infatti, è proprio la Cina che necessita della stabilità nell’area medio-orientale da cui proviene il petrolio.
Il National Post scrive che “l’accordo offre a tutte e tre le nazioni coinvolte la possibilità di dimostrare che è possibile risolvere i problemi senza l’impegno degli Stati Uniti”, ma cosa significa concretamente? L’impero americano sta iniziando a sgretolarsi? Posto che, come afferma Marcigliano, “le egemonie mondiali sono storicamente impossibili e la supremazia americana si fonda sul fatto che dal crollo dell’Unione Sovietica gli USA non hanno più un competitor come modello sociale, economico e culturale”, non è forse che il posto vacante lasciato dalla Russia abbia un nuovo candidato?
Beatrice Chizzola
Studentessa del Corso di Giornalismo extracurricolare organizzato dalla prof.ssa Giuseppina Coali e da Roberto Vivaldelli presso l’Arcivescovile di Trento
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