Tutti i volti del Leviatano
Il ruolo strategico delle marine militari nelle nuove guerre asimmetriche
È assai evidente per i “tecnici”, ma forse poco per il grande pubblico, quale sia l’importanza dell’ambiente marittimo nello scenario attuale. Numerosi sono gli indicatori che attestano tale importanza: la popolazione mondiale tende ad insediarsi sempre più in aree costiere (attualmente circa il 40% della popolazione mondiale vive in una fascia costiera di 100 km, con una previsione del 60% entro il 2030); l’economia globale dipende fortemente dal libero utilizzo delle vie di comunicazione marittime, su cui viaggia oltre il 90% dei beni; il mare è ricco di risorse sia alimentari che energetiche ancora non completamente sfruttate o sfruttabili, mentre altre vengono sfruttate in modo indiscriminato. Non mancano tuttavia le criticità, in quanto l’ambiente marittimo, per sua natura in gran parte “libero” (anche se minacciato da una strisciante “territorializzazione”), oltre a consentire lo sviluppo di attività lecite favorisce purtroppo tutta una serie di attività illegali (pirateria, contrabbando, immigrazione clandestina, traffico di stupefacenti ed armi, inquinamento, …) nonché azioni terroristiche, che sul mare possono estrinsecarsi nel sabotaggio di strutture portuali, piattaforme petrolifere, oleodotti e cavi sottomarini, nel danneggiamento di fari e altre strutture deputate alla sicurezza della navigazione, o nell’interdizione dei punti di passaggio obbligati per le navi, i cosiddetti choke points.
Di fronte a queste minacce, in costante aumento quanto a varietà e pericolosità, in presenza di strumenti giuridici non sempre idonei (basti pensare al problema della definizione di “terrorismo marittimo”, ancora non univoca) e, ultimamente, anche alle prese con una generale sfavorevole congiuntura economica, le Marine Militari, da sempre garanti della sicurezza sul mare, la Maritime Security, devono adeguare sé stesse alle nuove sfide, rinnovandosi e migliorandosi, sia sul piano tecnologico (non è possibile infatti affrontare i “nuovi nemici” con le armi che andavano bene per la Guerra Fredda), che su quello dell’impiego, adottando strategie innovative che consentano di combattere efficacemente avversari tanto imprevedibili.
Ma soprattutto è indispensabile che gli Stati, o meglio i Governi, si rendano conto della situazione e favoriscano l’integrazione degli strumenti navali, in senso interagenzia, interforze e multinazionale, con l’obiettivo di realizzare un “sistema” che consenta capillare sorveglianza marittima (Maritime Situational Awareness), rapidità di decisione e prontezza di intervento. Perché sul Mare, che divide fisicamente gli Stati ma ne collega inevitabilmente i destini, nessuna comunità può dirsi sicura se non lo sono anche quelle vicine e nessuno può permettersi il lusso di pensare solo a sé stesso.
C’è di che meditare …
Andrea Liorsi
Direttore dei Corsi dell’Istituto di Studi Militari Marittimi