Senza volto e senza nome ed un’unica regola: il segreto, non rivelare a nessuno, nemmeno alla famiglia, l’unità alla quale si appartiene ed il tipo di lavoro che si svolge. Queste le caratteristiche che contraddistinguono gli operatori del Gruppo Intervento Speciale, meglio noto come Gis, i cui uomini provengono dal I Reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania.
‘Velocità e precisione’ è la formula impiegata dal Gis durante gli interventi in cui è chiamato ad operare. Tante le situazioni di crisi che questo Reparto d’élite dei carabinieri ha risolto in una manciata di secondi, evitando che potessero sfociare in tragedia.
A raccontare addestramento, missioni ad alto rischio, armi, attrezzature, tipologie e tattiche di intervento del Gis è il Comandante Alfa, uno dei cinque fondatori, nel libro “Io vivo nell’ombra” (Longanesi, 2017 – pp. 293, Euro 15,90).
Due le presentazioni del volume, fresco di stampa, che si sono tenute, alla presenza dell’autore, in un unico giorno a Roma. Entrambi gli eventi sono stati a cura della Squad S.M.P.D. (Security Military Police Division).
Con il volto coperto dal Mephisto, per proteggere se stesso, la propria famiglia e per il rispetto delle norme, il Comandante Alfa ha interagito con il pubblico presente, senza sottrarsi a nessuna domanda, con le sue qualità di leader carismatico e abile comunicatore, a cui si aggiunge il temperamento siciliano.
Gli incontri non sono stati una pura promozione del libro, ma una conoscenza approfondita del Gis, dall’excursus storico della nascita del Reparto; al ricordo di uno dei cinque fondatori, Enzo Fregosi, morto a Nassiriya nel terribile attentato del 12 novembre 2003; al racconto della liberazione di alcuni ostaggi italiani; fino alle più importanti esperienze operative vissute sul campo in Italia e all’estero, con in mezzo anche spazio per il lato umano, quello di marito e padre.
“Il Gis – esordisce Alfa – nasce nel 1977, anni in cui in Italia l’offensiva terroristica era al culmine. Come Gruppo di intervento Speciale saremmo stati chiamati a intervenire nel caso di dirottamenti di aerei, di navi, sequestri di persona e catture particolarmente pericolose. In Italia mancava un reparto speciale mentre in tutto il mondo già esisteva. All’inizio abbiamo cercato di carpire i segreti delle forze speciali esistenti in quel momento in Europa. Per tre anni ci siamo impegnati a fondo nell’addestramento perché capivamo che presto per il nostro reparto sarebbe arrivato il momento di entrare in azione. E quel giorno arrivò: era il 28 dicembre 1980. Il battesimo del fuoco lo abbiamo fatto con l’assalto al supercarcere di Trani, dove il tentativo di evasione di alcuni brigatisti rossi si era trasformato in una rivolta di tutti i reclusi e dieci agenti della polizia penitenziaria erano nelle mani dei detenuti. Il governo aveva chiesto l’intervento del Gis. Avevamo carta bianca su come intervenire e come dosare l’intervento”.
Un anno dopo il successo della missione nel super carcere di Trani, il Comando Generale dell’Arma inviò undici uomini del Gis, tra cui il Comandante Alfa, in Israele per affinare la tecnica, imparare il più possibile e al ritorno istruire gli altri colleghi.
“Molte cose le abbiamo copiate da Israele – racconta -, dove vi è un senso di Patria spiccato, però abbiamo adattato tutto alla nostra cultura. La differenza con gli operatori israeliani è che se durante un’operazione muore un ostaggio per loro è normale, per noi no, per noi la cosa primaria è l’incolumità dell’ostaggio. Il nostro motto è sparare il meno possibile, la nostra vittoria è quando risolviamo situazioni difficili senza sparare, ma se ci chiedono di combattere lo facciamo. Abbiamo imparato molto anche in Inghilterra presso il famoso SAS (Special Air Service), che ci ha insegnato, tra l’altro, a pattugliare un ambiente urbano applicando la ‘tecnica a mattone’, ed anche in Germania. Come cultura e come obiettivi ci sentiamo vicini al reparto spagnolo, siamo simili e lavoriamo molto insieme”.
“In ambito antiterrorismo – aggiunge – ogni 6-8 mesi facciamo dei workshop con tutti i reparti stranieri. La nostra soddisfazione è che adesso sono loro che vengono a copiare noi”.
Il Gis è attivo in programmi di scambio con altri reparti antiterrorismo in Europa e nel mondo quali il G.S.G.9 tedesco, il S.A.S. britannico, il G.I.G.N. francese, il G.E.K. austriaco, il G.E.O. spagnolo, il B.B.E. olandese, l’U.R.NA. ceca e l’E.S.I. della Gendarmerie Royale belga.
“Dal 2004 – evidenzia – il Gis fa parte del Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (Cofs), siamo presenti nella Task Force 45 che dal luglio 2006 è impegnata nell’operazione Sarissa, missione peacekeeping in Afghanistan, nelle basi di Herat e Farah”.
Alla domanda sul perché il Reparto è molto noto all’estero e poco in Italia, il Comandante Alfa risponde: “Noi italiani spesso pensiamo che l’erba del vicino è sempre più verde, sarà la nostra cultura, eppure le istituzioni italiane ci tengono in considerazione. All’estero abbiamo dimostrato che gli italiani quando iniziano un lavoro lo fanno bene, siamo forza armata e forza di polizia. Il Gis è un reparto eccellente e non ha nulla da invidiare agli altri reparti nel mondo. Lavoriamo silenziosamente, non facciamo pesare che siamo bravi perché alla fine quello che conta sono i risultati e il Gis dove è stato impiegato ha lavorato in modo eccellente. La nostra è una vita di rinunce e sacrifici, il Gis è composto da ragazzi senza nome e senza volto, pronti a partire in 24h e per me sono eroi”.
Tutti conoscono la paura ma un operatore del Gis la trasforma in coraggio. “Con la paura bisogna convivere – sostiene Alfa – e non farsi condizionare. Ognuno di noi è disposto a sacrificare la propria vita per salvare quella del collega. Sono nel mirino da quando ho indossato il mephisto per la prima volta, ma sono pronto ad entrare in azione in trenta minuti al massimo. Non ho paura della morte, mi cammina accanto da tanto tempo, sono un operatore del Gis, la possibilità di cadere in azione è compresa nelle regole d’ingaggio. Ho vissuto in compagnia del rischio per anni, chiedendomi ogni volta se sarei stato così fortunato da riuscire a rivedere la mia famiglia”.
Anche un operativo del Gis ha una famiglia e prova dei sentimenti che a volte fa fatica ad esprimere, come accade al Comandante Alfa che affida ad una lettera destinata alla moglie i sentimenti che prova per lei, le parole che avrebbe volute dirle e che non è mai riuscito a pronunciare. Lettera – pubblicata nel libro – scritta su una cassa di munizioni a conclusione della missione in Iraq e in attesa di imbarcarsi sul C130 che l’avrebbe riportato in Italia. Quattro pagine, recuperate – come si legge nel volume – dal block notes su cui fino a qualche ora prima appuntava i dati delle missioni.
“E’ importante avere al fianco – asserisce – una donna che sappia capire questo lavoro. Tutta la mia vita professionale la devo a mia moglie e sono grato a lei per tutto quello che ho fatto nel mio settore. Mia moglie è stata complice in tutto e per tutto. Mi ha fatto lavorare con la mente libera”.
“Un grazie – prosegue – lo rivolgo all’Arma dei carabinieri per tutto quello che ho fatto in questi anni. Al Gis ho dedicato la mia vita, i miei anni di attività li ricordo tutti. Il mio obiettivo era di finire la carriera al Gis e ci sono riuscito. Adesso l’unica missione difficile che devo affrontare è di lasciare il Reparto dopo 40 anni di servizio. I carabinieri sono amati dal popolo italiano. Si può pensare che siamo esaltati, invece vi dico che l’arruolamento è basato sulla testa dei ragazzi, proveniamo dal Tuscania, siamo paracadutisti, tutti ragazzi con la testa sulle spalle”.
Negli anni, dalla prima linea il Comandante Alfa è passato ad un compito ancora più delicato, è diventato istruttore a tempo pieno dei militari dell’Arma, della Marina, dell’Esercito e dell’Aeronautica. Ha dovuto formare le nuove generazioni degli operatori del Gis, trasferire loro tutto quello che lui e i suoi compagni hanno appreso in anni di missioni ad alto rischio. Insegnare loro che “l’impossibile non esiste se si è pronti al sacrificio e si crede davvero nel proprio dovere”.
Per questa vita vissuta in prima linea, per aver contribuito alla “creazione e allo sviluppo del Gruppo di Intervento Speciale del quale ha saputo interpretare principi ispiratori e funzioni”, il 6 ottobre 2016 gli è stata conferita la Croce d’Oro al merito dell’Arma dei carabinieri. “Il comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, mi ha conferito la Croce d’Oro – racconta – che è il massimo che si può avere, ma per me le più grandi soddisfazioni sono i risultati lavorativi conseguiti all’estero”.
Durante i due incontri nella Capitale, il Comandante Alfa ha più volte sottolineato come “in questo periodo contraddistinto dal terrorismo è essenziale la collaborazione che c’è in Italia tra intelligence, investigatori, forze armate, forze di polizia, istituzioni”.
“Un gruppo – precisa – per funzionare deve andare nella stessa direzione ed è quanto stiamo facendo noi in Italia, stiamo lavorando in modo eccellente. Se il gruppo non funziona non si vince, bisogna fare squadra soprattutto in questo momento particolare. Dobbiamo tirare fuori il senso di Patria che sembra stia scemando, l’Italia è di tutti e ogni italiano deve contribuire alla sicurezza”.
“Questo tipo di terrorismo – continua – è imprevedibile perché cambia spesso il modus operandi. Chi sta facendo questi attentati in Europa non sono persone che fanno parte dell’Isis ma sono i famosi ‘lupi solitari’, che vengono radicalizzati tramite internet, ragazzi deboli di carattere, magari qualcuno si ritiene fallito, e fanno danni. I ‘lupi solitari’ sono difficilmente individuabili, vengono infatti chiamati i ‘terroristi della porta accanto’, ecco perché noi riteniamo che anche la popolazione debba far parte di questa squadra. Dobbiamo evitare la tendenza di farci inculcare la paura. Dobbiamo continuare a vivere la nostra quotidianità svolgendo tutte le nostre abitudini. Noi abbiamo bisogno di tutti voi, l’Italia è nostra”.
In Italia i reparti speciali pronti ad intervenire in caso di attacco sono quattro: il Nocs della polizia, il Gis dei carabinieri, il Col Moschin dell’Esercito e il 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica militare.
“Il Gis – spiega Alfa – interviene per reprimere, non per prevenire. Se interviene vuol dire che c’è qualcosa che non va bene, che ormai si è arrivati ad una situazione di rischio altissimo”.
Il libro, scorrevole, non romanzato, è adatto a qualunque tipo di pubblico, sia a chi si occupa del settore militare sia a chi è lontano da tale ambiente, è un libro da tenere sotto mano. Nelle pagine, da leggere tutte d’un fiato, è racchiusa un pezzo di storia italiana con nomi e cognomi, momenti salienti, dagli Anni di Piombo, alla stagione dei sequestri di persona, fino alle missioni militari all’estero e ai servizi di scorta del Reparto per importanti vertici delle istituzioni straniere ed italiane. Tappe vissute da protagonista dal Comandante Alfa e dagli uomini del Gis ed altre ne verranno perché il Gis non si ferma mai: è sempre operativo.
“È un libro destinato ai giovani – puntualizza Alfa -, i quali adesso hanno bisogno di esempi pratici, bisogna fargli capire che tutti gli obiettivi sono facilmente raggiungibili, se si vuole fortemente qualcosa si raggiunge. Bisogna puntare sui giovani”.
“Un’altro scopo di questo libro – conclude – è di far conoscere meglio il Reparto, i sacrifici che abbiamo fatto per farlo nascere, far capire chi sono gli operativi del Gis, la loro vita di rinunce a difesa dello Stato. Il proventi della vendita andranno in beneficenza al reparto oncologico dell’ospedale di Castelvetrano”.
Il Comandante Alfa così come tutti gli operativi del Gis vivono nell’ombra ma lavorano per proteggere lo Stato e gli italiani.
Clara Salpietro
Giornalista professionista, si occupa di Difesa, Geopolitica, Terrorismo ed Intelligence, è esperta di Medio Oriente e Balcani.