Presidente dell’Aspen Institute Italia, per quattro volte ministro dell’Economia e delle Finanze, autore di numerosi e preziosi saggi dedicati alle dinamiche economico-politiche della scacchiera internazionale, Giulio Tremonti rilascia quest’intervista al chairman del “Nodo di Gordio”, Daniele Lazzeri, sulle ragioni dell’attuale crisi dei mercati, sul ricorso al MES da parte dell’Italia e sul futuro delle istituzioni europee:
La Bce e l’Unione europea sono intervenute apparentemente in modo massiccio negli ultimi giorni. In ritardo di più di 20 anni forse?
Sul frontone dei “National Archives” a Washington è scritto: “What is past is prologue” (Shakespeare, The Tempest, Act 1).
È difficile valutare il tempo presente ignorando il tempo passato (in ogni caso qui non serve una grande quantità di passato).
Il meccano globale si è rotto per la prima volta nel 2008, con la “crisi”. Crisi al principio solo finanziaria, ma poi economica e sociale, infine oggi quasi dappertutto politica. Superata la fase più acuta, nel corso del 2009 ed all’interno del G20, si confrontarono due visioni politiche: quella del “Global Legal Standard”, quella prima, ispirata dal Governo italiano, era questa: la crisi non è terminata, è destinata a proseguire in altre forme, in altre fasi. L’immagine utilizzata era quella del videogame: arriva un mostro, lo batti, ti rilassi, arriva un altro mostro più grande del primo. Dato che oggigiorno Churchill va di moda, ricordo la citazione: abbiamo davanti “non due guerre mondiali, ma una sola, intervallata da un lungo armistizio”. Per questo devono essere scritte nuove regole. Regole non limitate al campo della finanza, ma estese alla struttura complessiva dell’economia globale. Si deve passare dal “Free Trade” al “Fair Trade”: non è sufficiente che a valle il prezzo di un prodotto sia giusto per l’incrocio tra domanda ed offerta (“Free Trade”), ma necessario che a monte sia giusto anche il suo processo di produzione. Il “Global Legal Standard” prese forma nella bozza di un “Trattato internazionale multilaterale” scritto da politici e studiosi italiani e dall’OCSE e fu infine votato all’unanimità dall’Assemblea dell’OCSE. Sia qui consentito ricordare che nel decalogo del “Global Legal Standard” al punto 4 si prevedevano regole per evitare: “Rischi prevedibili, in particolare rischi sociali, etici ed ambientali”. Il “Financial Stability Board” era cosa del tutto diversa: la crisi è finanziaria e dunque servono nuove regole, ma solo per la finanza e regole non ordinate a ridurne la dimensione o la velocità ma solo a potenziarne i freni. Il “Financial Stability Board” occupò la scena nel corso del 2009 ed ebbe infine il sopravvento. Fu così che “Creso” (il simbolo del denaro) batté l’imperatore (questo il simbolo della politica). E fu così, per effetto di questa “vittoria”, che la macchina della finanza ha potuto proseguire ancora per il successivo decennio la sua “marcia trionfale”, con i desideri al posto delle virtù, con i consumi al posto dei risparmi, con i liquidi al posto dei solidi, con i debiti al posto del capitale, con i tassi a zero o sotto zero. Nell’insieme ancora per un decennio un processo circolare per cui la finanza lanciava ed alimentava la globalizzazione e la globalizzazione senza regole poteva coltivare ed infine esportare i suoi frutti avvelenati. Come è oggi purtroppo evidente in uno scenario che oscilla tra la certezza di una pandemia sanitaria e la probabilità di una Chernobyl finanziaria, perché come tutte le cambiali, anche le cambiali diaboliche arrivano infine alla scadenza. L’intervento fatto dalla BCE nel 2012 (la creazione ex nihilo di una enorme quantità di moneta) aveva certo una valida ragione, ma solo in termini contingenti, in termini di pronto soccorso. Un pronto soccorso è una cosa un po’ diversa da una lunga degenza. Protratto per otto lunghi anni, quanti sono stati gli anni che vanno dal 2012 al 2020 ha integrato il tipico caso di cura peggiore del male, ha narcotizzato la politica e non per caso, ma pour cause non ci sono più state politiche economiche o riforme significative in nessuno Stato europeo. In realtà in questi anni si è sviluppato un processo politico mai prima visto nella storia: prima la rotazione dell’asse del potere dagli Stati alle banche centrali, poi la cessione del potere così ricevuto dalle banche centrali ai mercati monetari, questi a loro volta dominati dagli algoritmi e dai computer. L’ultimo intervento fatto dalla BCE, tra l’altro discutibile nella forma e nel tempo si sta rivelando – come previsto – non risolutivo e più o meno lo stesso si può dire dell’ultimo e gigantesco intervento annunciato dalla Federal Reserve degli Stati Uniti. In altri tempi il mercato finanziario avrebbe risposto in termini positivi iperbolici: non è stato così. Se il mercato non crede più alle banche centrali perché e come dovrebbero crederci gli altri? La realtà è che la continua produzione di moneta priva di base sta trasformando – ha trasformato – la natura stessa della moneta. La moneta, nata come un “segno sovrano”, prima è divenuta la sovrana di se stessa fino a perdersi essa stessa nella sua massa iperbolica fino a realizzare la profezia scritta nella Montagna Incantata: “… l’anima dello Stato è il denaro ama solo fino a che non è raggiunta la completa demonizzazione della vita”.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è davvero la panacea di tutti i mali o si rischia anche per l’Italia uno scenario greco?
Flash-back. Quando nella seconda parte del 2008 comincia a manifestarsi la crisi, il Governo italiano (e quanto segue è nelle carte ufficiali), fa insieme una constatazione ed una proposta. La constatazione: nei “Trattati europei” non c’è la parola crisi, tutti questi scritti in termini positivi e progressivi. Conseguentemente non vi si prevede un “Fondo europeo”. È in questi termini che nasce il MES. Il MES, allora la sigla era per la verità diversa (ESM), avrebbe dovuto essere la base per emettere eurobond (proposti dall’Italia già nel secondo semestre del 2003) e nella seguente logica: serietà sopra nella formazione dei bilanci nazionali; solidarietà sotto, già stavano infatti provenendo dalla Grecia segnali drammatici; l’ESM in mezzo per emettere eurobond in una logica di sicurezza, solidarietà, antispeculazione (Juncker-Tremonti “E-bonds would end the crisis”, Financial Times, 5 Dicembre 2010). Quanto è stato dopo è stato un errore tragico: al posto della solidarietà europea è venuta, devastante, la Troika (FMI, Commissione europea, BCE). A fianco della Troika, nel 2012, nella nuova versione del “Trattato”, è stata formalizzata la struttura del MES che presuppone vincoli e condizionalità tali per cui lo Stato che viene interessato dall’azione del MES deve rispettarne le condizioni, in modo da creare tanti altri casi Grecia: sottomissione finanziaria + riduzione della sovranità nazionale.
Il processo di globalizzazione pare abbia esaurito la sua spinta propulsiva, o meglio il suo compito, visto che il mondo è già globalizzato. Qual è il Suo bilancio?
Per tre lunghi secoli è stato “Liberté, Egalité, Fraternité” ma poi all’improvviso, negli ultimi tre decenni, è stato “Globalité, Marché, Monnaie”. Globalità, mercato, moneta: questa la nuova, magica triade che ha marcato l’ultimo, il dorato trentennio della globalizzazione. Mai nella storia un cambio così intenso è stato in un tempo così breve e così irresponsabile, opera prevalente degli “Illuminati”– credo di averne conosciuta la più gran parte – tutti impegnati a costruire un mondo nuovo sviluppato fuori dai confini nazionali, sulla rete universale. Qualcosa di simile ad una delle antiche utopie e non per caso utopia letteralmente vuol dire non-luogo e così proprio la quinta essenza della globalizzazione. Tante altre volte nel corso di questo trentennio, in diversi ruoli (accademici, politici) ho scritto e detto che un processo così intenso non poteva avere una dinamica così veloce: la cosa giusta fatta nel tempo sbagliato diventa a sua volta sbagliata. A titolo indicativo: nel 1995 sul lato oscuro della globalizzazione ho scritto “Il Fantasma della Povertà” (Mondadori, 1995) e poi ancora “Rischi Fatali – L’Europa vecchia, la Cina, il mercatismo suicida: come reagire” (Mondadori, 2005) ancora nel 2007 “La paura e la speranza” (Mondadori, 2008). Qui in specie era scritto che, quando la storia fa una delle grandi svolte, non è detto che sempre ti trovi davanti al bene, puoi trovarti davanti all’imprevisto, all’oscuro, ai demoni. Oggi nel linguaggio ufficiale cinese la pandemia è indicata, non per caso, come un demone! Anche la pandemia avrà un termine ma è piuttosto improbabile che il mondo sia globale come prima, come è stato in questo dorato trentennio. Sarà un mondo in cui gli Stati saranno più separati, un mondo meno multilaterale e più bilaterale. Sarà un mondo in cui saranno più segmentati anche i rapporti personali all’interno delle nostre società. Poi il mondo troverà di nuovo un suo equilibrio e non è detto che questo sia poi così male. C’è un motto primitivo sul quale dovremmo forse riflettere: “Fermati ed aspetta che la tua anima ti raggiunga”.
È ipotizzabile un’Italexit sul modello inglese?
La Brexit è stata un “incidente della storia”, un incidente perfettamente evitabile. Prima del Referendum, per evitare il Referendum il Governo britannico chiese e la Commissione europea concesse la possibilità – per il Regno unito – di ridurre la quantità eccessiva e proibitiva della regulation europea. La Commissione, debole con i forti (ma forte con i deboli) dichiarò che quanto così richiesto dal Regno Unito era totalmente compatibile con la lettera e con lo spirito dei Trattati europei. Purtroppo arrivò troppo tardi. Tanto per avere un’idea a questo proposito, a seguito dell’uscita dall’Unione europea, il Regno Unito ha eliminato di colpo più o meno ventimila corpi legislativi europei accumulati dalla data del suo ingresso in Europa fino ad oggi. In alternativa alla Brexit, perché in tutti gli Stati europei non si utilizza la “chiave inglese”? In altri termini la possibilità di eliminare le troppe regole europee, costose nella loro applicazione e causa di odio nei confronti di un’Europa che le fabbrica e che le impone come ad essere ne “La vita degli altri”. Se dipendesse da me, dunque, non Brexit, ma proprio questo farei. Oggi nel crescere da un lato della crisi, dall’altro lato nel declinare della solidarietà europea, il rischio non è tanto che uno Stato esca dall’Unione europea, ma che l’Unione europea esca da sé stessa.
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