Il Mare nostrum? Parla tedesco. Eravamo convinti che il commercio con i Paesi delle sponde del Mediterraneo dovesse premiarci sempre e comunque, a prescindere. Ed invece l’Italia è riuscita a farsi sorpassare dalla Germania. I dati, in assoluto, non sono negativi. Il valore dell’interscambio tra Italia e Paesi mediterranei ha infatti raggiunto i 58,3 miliardi di euro, cresciuto del 77% rispetto al 2001. Ed anche non considerando il settore energetico, che vale il 44% degli scambi con l’Italia, i flussi commerciali nell’area ammontano a 33 miliardi di euro.
Ma se l’Italia è cresciuta come export (+4%), l’interscambio è calato del 4,3% a causa del crollo delle importazioni (-10,8%), la Germania è cresciuta ancora di più, con un interscambio in progresso del 7,4%. E quest’anno raggiungerà un valore dell’interscambio pari a 61,2 miliardi. Se poi non ci si limita alla sola leadership europea, bisogna fare i conti con gli Stati Uniti che hanno un interscambio che vale poco meno di 69 miliardi.
Un incidente di percorso? Assolutamente no. Secondo le proiezioni dell’Istituro Srm, infatti, nel 2015 andrà ancora peggio: l’Italia scenderà in quarta posizione e sarà preceduta anche dalla Cina che dovrebbe arrivare a 71 miliardi rispetto ai 56 miliardi di quest’anno, mentre l’Italia non dovrebbe arrivare a 63 miliardi. In prima posizione rimarranno gli Stati Uniti, con 77 miliardi, seguiti dalla Germania con 71,4 miliardi.
Da un lato, dunque, appare evidente come il Mediterraneo rappresenti un’area in forte crescita nonostante le “primavere arabe”, i conflitti, le tensioni di ogni tipo. Ma appare altrettanto evidente come l’Italia non sappia affrontare i cambiamenti e le opportunità. Perché è evidente che le difficoltà del Nord Africa abbiano determinato una flessione non solo delle nostre importazioni di gas e petrolio, ma anche delle nostre esportazioni di prodotti raffinati. Ma è imbarazzante scoprire che, per i soli prodotti manifatturieri, l’Italia subisce un distacco di 20 miliardi rispetto alla Germania ed è sorpassata pure dalla Francia.
L’industria italiana paga la mancanza di competitività e l’ostinazione a concentrarsi su produzioni di non elevata qualità che, ormai, non possono più essere vendute in Paesi che su questo livello manifatturiero riescono ad offrire prezzi inferiori a parità di qualità. Mentre la Germania punta, grazie a ricerca ed innovazione, su prodotti più avanzati e che hanno mercato in tutto il Mediterraneo. A questo si aggiungono i ritardi nelle infrastrutture italiane, a partire dai porti. Gioia Tauro, che nel 2005 movimentava il 20% delle merci in transito nel Mediterraneo, raggiunge ora l’11%. Mentre crescono Porto Said e Tangeri, ma crescono anche la spagnola Valencia e il Pireo in Grecia.
Claudia Grandi