Vittorio Dan Segre è stato molte cose nella sua lunga vita. Anzi, ha vissuto molte vite. Giornalista, scrittore, diplomatico, soldato, uomo d’azione… tra l’altro, però, è stato anche un importante studioso di geopolitica.
Particolarmente rilevanti i suoi saggi su Israele – né poteva essere altrimenti, visto che dello Stato Ebraico era uno dei padri fondatori – e il suo impegno per l’analisi della geopolitica del Mediterraneo, che lo portò a fondare, presso l’Università di Lugano, l’Istituto di Studi Mediterranei. Per questo anche noi del “Nodo di Gordio” abbiamo ritenuto di ricordarlo nel momento della sua scomparsa, pubblicando due brevi testimonianze di chi gli fu, in modi e in tempi diversi, amico: del politologo statunitense Edward Luttwak, e di Andrea Pontini, a.d. de ilGiornale.it, che lo considera uno dei suoi maestri di giornalismo e non solo.
Edward Luttwak
Molti anni fa arrivai a Gerusalemme per un progetto. Fra le colline rocciose non era facile cavalcare ma scoprii che c’era un ardito che andava a cavallo ogni giorno, mantenendo la propria piccola stalla. Dan Avni nato Vittorio Segre di Govone nelle Langhe e Torino immediatamente accettò la mia richiesta di accompagnarlo nelle sue uscite quasi quotidiane, prestandomi la cavalla Dalya, splendida, grande, coraggiosa (subito dopo incontrai e sposai un’altra Dalya). A cavallo, Dan/Vittorio non era neanche un cavaliere ma una specie di angelo sospeso – la gente rimaneva ipnotizzata dalla sua eleganza. A quel punto, lui era solo stato paracadutista nell’esercito Britannico (Special Operations Executive) e poi nell’esercito Israeliano, poi diplomatico giovanissimo fino ad essere capo missione, ed aveva iniziato una carriera da professore universitario che lo portò a co-fondare una nuova università. Divenne scrittore per colpa mia: gli chiesi di scrivere un libro per Penguin sullo sviluppo economico. Da lì arrivò ad altri libri. Ormai pubblicati in molte lingue. Tutto cominciò a cavallo. (Edward Luttwak)
Andrea Pontini
Ieri mattina Dan Vittorio Segre ci ha lasciati, per dirla come mi ha detto lui nella nostra ultima telefonata qualche giorno fa “farò presto come Giacobbe che dopo aver benedetto suo figlio Giuseppe ritrasse i piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati”. Dan se ne è andato come i ‘giusti’ durante il sabato ebraico e circondato dalle persone che ha amato, ma accompagnato anche dall’affetto, la gratitudine e il pensiero di tanti amici. Molti lo hanno considerato un grande maestro, lui non amava sentirselo dire ma in realtà lo era. Per me è stato qualcosa di più: un amico, un grande insostituibile amico. A lui devo il coraggio con cui ho affrontato momenti importanti della mia vita e del mio lavoro. Amava molto il nostro lavoro e amava molto anche ilGiornale (Montanelli lo volle al suo fianco sin dal primo giorno), lo so bene io. Ricordo l’ultima volta che sono andato a trovarlo e, con il sorriso e l’entusiasmo di un giovane redattore, si scusò con me e mi chiese di tornare un’altra volta perché: “mi hanno chiesto di scrivere un pezzo per ilGiornale di domani… tu Andrea mi capisci”.
L’ho capito e sono uscito, sorpreso, anche deluso ma felice di vederlo sempre così pieno di vita. Per la verità non ci siamo più visti e un po’ gliene voglio per questo, ma ci siamo sentiti tante volte al telefono e ogni volta era più occupato a chiedere di me e del Giornale.it che a darmi sue notizie. Non scrivo sovente, lo faccio questa volta per Daniele che me lo ha chiesto e per Dan, anzi lo faccio per provare un poco della sua emozione ogni volta che si metteva di fronte a quel foglio bianco. Vorrei raccontare due piccoli episodi della nostra amicizia.
Il primo di questi è legato al giorno che ci siamo conosciuti. Ero in redazione come tutti i giorni e, con la coda dell’occhio, lo vedo entrare quasi timido guardandosi intorno curioso. “Sono qui, mi piacerebbe vedere il mondo che viene” queste le sue parole entrando. È stato con noi tutta la mattina e ha voluto vedere tutto: come si pubblicano i pezzi, come lavoriamo e come funzionano Facebook e Twitter. Ricordo lo stupore con cui guardava gli strumenti che ci permettono di misurare in tempo reale cosa accade sul sito, visitatori, i pezzi più letti e tutto il resto. Mi colpì la sua curiosità, lo stupore di fronte a questo mezzo allora ancora ‘nuovo’ per lui. Curiosità passione e stupore tipici di un giovane uomo che inizia, un giovane uomo che allora aveva quasi novant’anni. A pranzo gli chiesi di scrivere un blog per noi, in realtà gli dissi che sarebbe stato il pretesto per ‘costringerlo’ a frequentarci ancora. Accettò con l’entusiasmo che ho poi imparato a conoscere e da quel momento crebbe anche la nostra amicizia.
Il secondo prezioso ricordo è legato ad una nostra visita a Gerusalemme due anni fa. Ci volle portare come prima cosa a vedere Gerusalemme dall’alto. La mattina ci recammo su una collina di fronte alla città santa che tanto amava. Posteggiata la macchina su un piazzale in cima a questa collina ci portò su un lato del parcheggio dal quale non si vedeva la città ma il deserto di rocce e sassi che si stende a perdita d’occhio di fronte ad essa. “Qui – ci disse – inizia il deserto. E continua così fino alla muraglia cinese. Questa è la terra dei nomadi, delle regole non scritte, di San Francesco e dei Profeti”. Lentamente poi attraversammo tutto il parcheggio sotto un cielo e un sole limpidi. Arrivati dall’altra parte: Gerusalemme, splendida. Distesa, quasi adagiata sulla collina, come un muro. “Qui invece – disse Dan – inizia la civiltà, gli stati, le regole. I regni, e le nazioni, la Chiesa”. “La storia è tutta qua. L’incontro, talvolta scontro, tra queste due bellissime e così diverse parti del mondo”. E aggiunse “Gerusalemme è nel mezzo, per questo fa così fatica a vivere in pace”. Ascoltavo stupito ma mi uscì anche una domanda: “e tu Dan da che parte stai?”. Mi sorrise con quel sorriso ironico che tante volte ho visto e, prendendomi sotto un braccio, mi disse: “io? Io sto con i Nomadi”. Ciao Dan, mi mancherai e mentre lo scrivo so che già ne stai ridendo. Grazie. (Andrea Pontini)