Nella puntata di Giovedì 11 Settembre della trasmissione “Virus”, condotta da Nicola Porro, vi è stato un dibattito estremamente acceso sulle “motivazioni” ideologiche dei jihadisti dell’Is. Un dibattito estremamente vivace, anzi acceso, che ha visto per principali protagonisti Magdi Allam, Pierluigi Battista e il filosofo, teorico del “pensiero debole” Vattimo. Posizioni molto differenziate e conflittuali, con Vattimo a rappresentare le tesi proprie di un certo radicalismo terzomondista occidentale, Allam quasi in veste di predicatore di una nuova Crociata e Pigi Battista che tentava, quasi in solitudine, di portare in profondità l’analisi dei fondamenti ideologici del novello Califfato e della minaccia che questo rappresenta.
Ora, pur condividendo molto di quello che è stato detto dal columnist del Corriere, abbiamo avuto l’impressione che i contendenti non riuscissero comunque ad afferrare il nocciolo duro della nuova ideologia del jihadismo, continuando a cercare di riportarla a parametri propri della nostra cultura occidentale. Un errore di fondo, che rischia di essere generalizzato e di renderci impossibile comprendere le vere coordinate del fenomeno, e della minaccia, rappresentata dall’Is. Perché si dovrebbe passare in secondo piano la prospettiva meramente economica – sia declinata secondo dettami liberali, sia sotto quelli marxisti – e guardare al Califfo Ibrahim ed ai suoi seguaci in continua crescita tenendo in giusto conto la tradizione propria della storia e della cultura islamica. Tradizione che ci riporta ad una specifica eresia, o meglio scisma dell’Umma islamica generatosi a soli 80 anni dalla morte del Profeta: il kharigismo.
Mentre iniziava la frattura fra le due grandi famiglie dei Sunniti e degli Sciiti, un piccolo gruppo decise di non prendere parte né per gli uni né per gli altri, ed “uscì” – questo a quanto sembra l’etimo della parola kharigita “dalla Comunità”, prendendo una posizione dottrinaria estremamente radicale. Che metteva al centro la jihad, la Guerra Santa contro non solo i nemici dell’Islam, ma anche, anzi soprattutto i “cattivi musulmani”. Ovvero tutti coloro che non aderivano alla fede kharigita. Con queste premesse i kharigita arrivarono a giustificare l’uccisione di donne e bambini, le stragi di massa, il terrorismo e i delitti politici. Ed insanguinarono, pur pochi, il mondo arabo per anni, finché i Califfi ommayadi non riuscirono a debellarli. Oggi sembrano risorgere dietro le nere bandiere dell’Is, coniugando l’antica eresia radicale con gli strumenti, propagandistici e tecnologici, della modernità. Ma quest’ultimo fatto non ci deve ingannare: abbiamo a che fare con una minaccia modernissima e attualissima certo, ma con radici molto antiche.
Comprenderlo è vitale.
Andrea Marcigliano
Senior fellow
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