Le Filippine appaiono molto spesso nei warning, emessi dai ministeri degli esteri di diversi paesi, per informare i viaggiatori e turisti che si recano nel paese sul rischio terrorismo, criminalità e rapimento. L’allerta per la minaccia terrorismo è di solito diramata per la capitale, Manila, e per alcune parti del paese, ma soprattutto per le isole del sud. Il terrorismo e le attività criminali danneggiano e influenzano, oltre che l’immagine del paese, anche l’economia, il turismo e tutte quelle attività dove la sicurezza è fattore fondamentale per lo sviluppo di un popolo. Infatti, nelle Filippine, proprio la scarsa sicurezza, i frequenti attentati e i rapimenti nei confronti degli stranieri (registrati anche a danno di connazionali) impediscono le possibilità di attrarre investimenti.
I filippini dal 1970 hanno subito diverse perdite in termine di vite umane, più di 120.000 persone sono morte nelle violenze separatiste a Mindanao, la principale isola delle Filippine meridionali. Nel mese di aprile del 2014 il governo filippino ha firmato a Manila con gli Stati Uniti l’EDCA (Enhanced Defense Cooperation Agreement) un accordo bilaterale che definisce oltre alla condotta dei soldati americani sul suolo filippino anche una serie di esercitazioni congiunte nell’addestramento con le forze armate locali anche in chiave anti-terrorismo. Naturalmente l’accordo va visto anche dal punto di vista geopolitico come azione di “contenimento” nei confronti della Cina.1
Non mancano ripercussioni nel paese per questo accordo. Il presidente della commissione Esteri del Senato filippino, ha dichiarato recentemente che Aquino, Presidente delle Filippine, potrebbe essere ritenuto responsabile di reati d’impeachment, per aver firmato l’accordo bilaterale nonostante il divieto costituzionale sulle basi straniere nelle Filippine, un contratto di 10 anni, che permette una maggiore presenza militare americana nel paese.
Le Filippine sono un partner importante per il programma di assistenza (Antiterrorism Assistance) del Dipartimento di Stato americano (ATA), che ha fornito addestramento ai funzionari della polizia nazionale filippina e ai membri delle Forze armate filippine per sostenere la transizione nel sud delle Filippine dai militari alle autorità dell’anti-terrorismo civile. L’Assistenza ATA include l’addestramento nei settori come la risposta alle crisi, la negoziazione ostaggi e l’addestramento sull’eliminazione del materiale esplosivo. Il programma è anche concentrato sul miglioramento della capacità della polizia filippina di condurre indagini antiterrorismo, comprese le indagini informatiche.
Molti sono i gruppi armati impegnati nella lotta armata nelle Filippine, ma solo tre sono stati inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche mondiali: Abu Sayyaf Group (ASG), il New People’s Army (gruppo comunista che opera nel nord delle Filippine) e Jemaah Islamiyah (JI). Quest’ultimo non è filippino ma indonesiano anche se ha comunque interessi sia nel sud delle Filippine che in altri paesi del sud-est asiatico: Tailandia (sud), Malesia, Singapore, Indonesia, Brunei. Gli altri maggiori gruppi armati che operano nel paese sono il Moro National Liberation Front (MNLF), il Moro Islamic Liberation Front (MILF) e il Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF) gruppo che si è staccato dal MILF.
Sono tutti gruppi islamici che operano prevalentemente nel sud, dove vive la maggior parte della minoranza musulmana (5%) del Paese.2
Recentemente, è stato raggiunto un accordo di pace con il Fronte Moro di Liberazione Nazionale (MILF), conclusione dei negoziati formali che avevano avuto inizio nel 2001. I precedenti presidenti filippini, tra cui Corazón Aquino, la madre di Aquino, avevano cercato nel corso degli anni di risolvere il conflitto ma senza successo. La firma dell’accordo, nel mese di marzo 2014, ha rappresentato una significativa conquista politica per il Presidente Benigno Aquino III. Alla firma era presente anche il Primo Ministro della Malesia, paese che ha mediato l’accordo.
L’accordo garantisce alle aree musulmane della regione meridionale di Mindanao maggiore autonomia politica in cambio della fine della ribellione armata, ma quasi sicuramente, la violenza non finirà in quella parte del paese, a lungo afflitta da illegalità, povertà e insurrezione islamista. Permane comunque nelle aree interessate una situazione di incertezza e tensione in quanto altri gruppi d’insorti hanno promesso di continuare a lottare per la piena indipendenza. Nella regione è presente anche il gruppo Abu Sayyaf (ASG), una rete estremista islamica, ancor più irriducibile e determinata con collegamenti internazionali che l’esercito filippino sta combattendo con il sostegno americano.
Attualmente il gruppo Abu Sayyaf Group (ASG), letteralmente “colui che porta la spada”, conosciuto anche come al Harakat al Islamiyya (the Islamic Movement), è il gruppo separatista più piccolo, più attivo e più violento dei gruppi islamici in quell’area delle Filippine ed è stato designato organizzazione terroristica straniera l’8 ottobre, 1997. L’ASG afferma di promuovere uno stato islamico indipendente nel Mindanao occidentale e Sulu, ma nonostante l’orientamento islamista del gruppo, l’uso di tattiche terroristiche puramente a scopo di lucro offusca la linea tra il terrorismo di matrice ideologica e quello semplicemente violento della criminalità organizzata. Il gruppo si è scisso dal Moro Islamic Liberation Fronte (MILF) (gruppo molto più grande) all’inizio del 1990, sotto la guida di Abdurajak Abubakar Janjalani, ucciso poi, nel 1998, in uno scontro con la polizia filippina.
La forza stimata del gruppo 3 Abu Sayyaf è tra i 200 ei 400 membri. L’ASG opera prevalentemente nelle province di Sulu, in particolare a Basilan, Sulu e Tawi-Tawi. Il gruppo opera anche nella penisola di Zamboanga, e occasionalmente anche a Manila. Il gruppo si finanzia attraverso l’attività di sequestro di persona ed estorsioni, rapine, pirateria, oltre ad avere competenze nella guerriglia nella giungla e in quella urbana e a avere l’abilità nel fabbricare ordigni esplosivi improvvisati (IED) che usano per le loro attività. Il gruppo riceve anche finanziamenti dall’esterno, come le rimesse dei lavoratori filippini all’estero, dagli estremisti di base in Medio Oriente e da gruppi terroristici regionali come Jemaah Islamiya (JI), i cui membri avrebbero fornito addestramento ai componenti dell’ASG oltre ad aver fornito aiuto in diversi attacchi terroristici .4
Se altri guerriglieri musulmani della zona lottano per una maggiore autonomia nelle Filippine, paese a maggioranza cattolica (80%), Abu Sayyaf è una specie di cane sciolto. Negli ultimi anni è stato seriamente indebolito dall’offensiva delle truppe filippine, che l’hanno ridotto a poche centinaia di militanti. Il gruppo, oltre ai contatti con Jemaah Islamiya (JI) e con Al-Qaeda in passato, oggi starebbe tentando qualche approccio nei confronti dell’ISIS. Attualmente non ci sarebbero prove di legami tra i due gruppi, ma la simpatia è evidente ed è emersa anche nel negoziato per liberare i due prigionieri tedeschi arrivando a minacciare di ucciderli se la Germania avesse continuato a sostenere la campagna militare guidata dagli Stati Uniti contro il gruppo dell’ISIS. Altra evidenza è un video-clip caricato sul sito di video-sharing di youtube che mostrava il comandante dell’ASG, Isnilon Hapilon, affiancato da uomini mascherati, mentre leggeva una dichiarazione in supporto e fedeltà allo Stato Islamico. L’ex Presidente Fidel Ramos, che guidava le forze militari delle Filippine in qualità di Capo dello Staff Militare, ha affermato che circa 100 filippini starebbero nelle file dell’ISIS in Siria ed Iraq dove il gruppo terroristico ha conquistato vaste aree e dichiarato il Califfato Islamico. L’esercito filippino avrebbe smentito tale partecipazione nel conflitto in Iraq e Siria.
Esiste comunque il rischio per le Filippine, come per tutti i paesi con cittadini nelle file dell’ISIS in Iraq e Siria, che i combattenti una volta ritornati a casa portino l’ideologia radicale e le tattiche apprese sul campo di battaglia come è già avvenuto in passato in Afghanistan con alcuni elementi del MILF. Nel frattempo in tutto il sud-est asiatico cresce la preoccupazione per i potenziali seguaci dello stato islamico, anche in Malesia, che ha praticato un islam moderato, sono state arrestate diverse persone per presunti legami con l’organizzazione terroristica ISIS. Comunque, sembra che almeno per il momento l’impatto dell’ISIS sulla regione è più fonte di ispirazione che di minaccia diretta.
Elvio Rotondo
Country Analyst
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