L’ampliamento verso Est del partenariato orientale: era il tema della conferenza dell’Istituto Affari Internazionali che si è svolta a Roma con il titolo “EU and the south Caucasus: What next for the eastern partnership”. Il convegno ha innanzitutto analizzato i risultati raggiunti con alcuni paesi come Bielorussia, Moldova, Ucraina e le repubbliche sud caucasiche. Nel suo intervento Amand Paul, Country Analyst dell’European policy center di Bruxelles, ha evidenziato come la Russia sia uscita completamente indenne dall’invasione dell’Abkhazia e Ossezia, senza alcuna reale reazione europea; un ulteriore fallimento negoziale tra UE e Russia sulla situazione Ucraina, potrebbe quindi avere effetti diretti sulle scelte politiche future delle repubbliche sud caucasiche. Passando poi ad analizzare, nello specifico, i progetti di partenariato che l’UE ha avviato nel corso del tempo con molti paesi dell’Europa dell’est, Paul si è soffermata sull’ENP nel 2005 esteso poi nel 2009 (EaP) alle repubbliche caucasiche. Entrambi i progetti sono stati considerati insoddisfacenti rispetto alle aspettative di cooperazione e integrazione dei diversi paesi con l’Unione. Limitandosi alla sola regione sud caucasica si apprezzano tre comportamenti differenti per le tre repubbliche. La Georgia, sempre stata filo-occidentale, si considera uno stato di mezzo tra occidente e oriente. La politica estera georgiana tende quindi ad una annessione completa all’UE e Tbilisi considera la sua integrazione all’interno del comparto euro-atlantico come l’unica via per assicurarsi l’indipendenza dalla Russia e l’integrità territoriale. Con questo scopo la Georgia ha firmato insieme a Moldova e Ucraina da prima l’Association Agreement (AA) e poi un Deep Comprhensive Free Trade Agreement (DCFTA) con l’UE. L’Armenia ha invece imboccato la strada opposta, entrando nello spazio comune Russo e abbandonando, dopo quattro anni, i negoziati con l’UE. Questo cambio di strategia deve essere interpretato come un segnale che la Russia vuole dare per frenare l’eccessivo avanzamento dell’Unione europea nella sua zona di interesse. Infine l’Azerbaigian che ha intrapreso la politica della “non scelta”, evitando uno scontro diretto con Mosca e avviando comunque un trattato di ammodernamento tecnologico con l’UE. I rapporti tra Unione e Baku restano solidi comunque sul piano energetico, fondamentale come diversificazione e alternativa soprattutto dopo le sanzioni che l’UE ha imposto al Cremlino. Ed è proprio lo scontro in Ucraina, secondo Paul, a creare maggiore incertezza nella geopolitica caucasica. Le frequenti violazioni del cessate il fuoco tra Azerbaigian e Armenia in Nagorno-Karabakh, la scorsa estate, sarebbero l’effetto indiretto dell’incertezza geopolitica internazionale in questo scontro tra Ue e Federazione Russa.
In questo senso è stato chiarificatore l’intervento di Gulshan Pashayeva, Vicedirettrice del Centro studi strategici di Baku – secondo la quale “a prescindere dai diversi progetti che l’Ue possa aver avviato nella zona est europea e caucasica, lo scontro tra potenze e la stabilità nella regione saranno risolti solo tra chi, tra Russia e Ue, riesca per prima a diventare l’interlocutore credibile e fattivo per risolvere il conflitto in Nagorno Karabakh”.
Di più c’è il tentativo di Mosca di riacquistare maggiore influenza anche nella zona caucasica come principale interlocutore per entrambi i paesi. Proprio con questo scopo il presidente russo ha incontrato quello armeno e quello azerbaigiano in agosto a Sochi. L’incertezza nella politica estera europea ha portato come risultato la decisione dell’Armenia di avviare una più stretta collaborazione con la Russia. La situazione georgiana, d’altra parte, si è fatta ancora più difficile trovandosi praticamente isolata nella sua spinta verso occidente. E l’Azerbaijan ha potuto aumentare il suo potere negoziale come partner energetico fondamentale dell’Ue, subendo tuttavia fortissime pressioni russe che hanno fatto nascere sentimenti anti europeisti nel paese.
Altro intervento interessante è stato quello di Konrad Zasztowt del Polish Institute for International Affair. Il successo fondamentale del partenariato orientale europeo è stato, per Zasztowt, la firma dell’AA da parte di Moldova, Ucraina e Georgia ma vi è anche un secondo blocco di paesi, Bielorussia, Armenia e Azerbaigian, che sono interessati ad una cooperazione con l’UE di tipo tecnico. Le riforme amministrative successive alla firma dell’AA soprattutto in Georgia sono state determinanti per avviare una armonizzazione con gli standard europei, ed è proprio per questo che l’UE con questi paesi ha siglato anche un DCFTA con il quale si avvia un aiuto finanziario, oltre a riforme nell’ambito della giustizia e delle regole di mercato. Fino al 2013 la Russia ha sottovalutato o considerato la politica di partenariato orientale intrapresa dall’UE come non dannosa per i suoi interessi. Fino allo scontro ucraino ed alle conseguenti proteste di Kiev. Dopo questi eventi si è avuta un’inversione di tendenza con una sempre maggiore pressione russa per riacquistare posizioni negoziali nei diversi Paesi del suo “estero vicino”: in questo senso vanno interpretati l’annessione della Crimea, l’accordo con Armenia, la pressione sempre maggiore sull’Azerbaijan e non ultima la conclusione e la firma dell’unione eurasiatica.
Antonciro Cozzi
Associate Analyst
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