Il brutale assassinio del giornalista statunitense James Foley ha sollevato un’ondata di sdegno nell’opinione pubblica americana, pur poco incline a nuove avventure militari in Medio Oriente. Sdegno che ha, conseguentemente, spinto il Presidente Obama, da sempre attento agli indici di pubblico gradimento, a spendere parole di fuoco contro i barbari dell’ISIS, bollandoli come alieni da ogni consesso civile. Tuttavia oltre alle parole, ben poco di nuovo. Continuano i raid aerei contro i jihadisti e l’appoggio alle combattive milizie peshmerga ed al molto meno combattivo esercito regolare irakeno. Ma questo non basta certo a eliminare la minaccia del nuovo Califfato, e dei fanatici jihadisti che un attento analista militare come il colonnello dell’esercito statunitense Joel Rayburn ha, significativamente, paragonato ai vecchi Khmer Rossi di Pol Pot.
Di qui l’accusa mossa al Presidente Obama di non avere alcuna strategia e di muoversi in modo ondivago, con il solo risultato di favorire, di fatto, l’affermazione dei jihadisti. Critica che gli viene mossa dalle pagine di “The Weekly Standard” (www.weeklystandard.com), organo ufficioso dei famosi neocon, dal direttore William Kristol e, contemporaneamente, su quelle di “Commentary” (www.commentarymagazine.com) – storico foglio conservatore, molto influente nella comunità ebraica – da Max Boot. Entrambi sottolineano come l’incertezza delle scelte di Washington rendano difficile la soluzione del problema, e sostengono che la priorità non può essere solo la crisi umanitaria, salvare cristiani e yezidi e difendere il Kurdistan. Il vero obiettivo dovrebbe essere distruggere, annichilire completamente le bande dell’ISIS con una campagna militare a terra e in aria che non conceda al Califfo alcuna tregua o scampo.
Ogni esitazione, per altro, finisce con il rafforzare i jihadisti. Poco più di un mese fa, mentre il mondo era distratto dalla crisi di Gaza, i miliziani erano intorno ai 15.000. Oggi superano le 50.000 unità, per effetto di una propaganda che permette il reclutamento di nuovi volontari non solo nel mondo arabo, ma anche nel Caucaso, in Turchia e nella stessa Europa. Il tempo, al di la dei successi occasionali, lavora a favore del Califfo.
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