Venerdì 23 agosto, il Primo Ministro indiano è stato ricevuto dal Presidente ucraino Zelenskyj a Palazzo Marinskij. Si tratta di una visita storica, la prima di un leader indiano dall’indipendenza dell’Ucraina (24 agosto 1991). Delhi sollecita Kiev a sedersi al tavolo delle trattative e si promuove quale possibile mediatore. All’inizio del mese scorso Modi si era recato anche a Mosca dove, oltre a discutere circa nuovi accordi con la Federazione Russa, ha allusivamente criticato la guerra in Ucraina. Il subcontinente spinge per almeno un cessate-il-fuoco. Lungi dall’essere motivato da ragioni umanitarie o altro, l’interesse di Delhi verso un congelamento del conflitto germina dalla paura che il Dragone inglobi definitivamente l’Orso.
Come è noto, l’aggressione russa all’Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno spinto Mosca alla ricerca di nuovi partner commerciali e in generale hanno dato il via a nuove dinamiche non sempre immediatamente percettibili. La Federazione Russa, da una parte, è riuscita a mitigare parte degli effetti dell’impianto sanzionatorio ma a un prezzo non indifferente: la crescente subalternità verso il sempre più ingombrante vicino, la Repubblica Popolare Cinese. Anche Delhi ha saputo giovarsi di tale congiuntura. Dapprima ha evitato di condannare in maniera esplicita, astenendosi dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, l’invasione russa del 2022. Dopodiché ha incrementato esponenzialmente gli scambi commerciali con la Federazione Russa, arrivando a diventare il principale acquirente di greggio russo. Mosca risulta essere anche il più importante fornitore di armi e munizioni del subcontinente. Nonostante Delhi stia cercando di favorire la produzione interna e la diversificazione di approvvigionamento, la dipendenza dell’industria della Difesa indiana dai rifornimenti della Federazione Russa resterà marcata per il prossimo futuro. Dal punto di vista del Cremlino l’intesa con l’India è una sorta di salvagente dal soffocante abbraccio cinese, oggi ancora più necessaria di ieri vista la (temporanea?) ritirata dei mercati occidentali. È nell’eccessivo sbilanciamento dell’equazione di potere verso Pechino che va letta la mossa diplomatica di Delhi.
Contenere le ambizioni di potere e influenza della Repubblica Popolare rientra tra gli imperativi strategici di Delhi. Questo, in parte, aiuta a comprendere la politica multivettoriale adottata dalla “più grande democrazia del mondo”: membro dei Brics, dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai e perfino del Quad, consessi apparentemente contradditori ma non per chi lavora all’avvento del multipolarismo. È in nome di quest’ultimo che l’India non può permettere un’eccessiva dipendenza russa da Pechino, ed è sempre per questo che Modi spinge a una cessazione delle ostilità in Ucraina. Un mondo multipolare richiede anche un Asia multipolare.
Paolo Lolli
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