Con l’articolo pubblicato ieri su queste pagine dal titolo L’Italia e il Virus: a rischio la tenuta sociale” abbiamo avviato una serie di riflessioni sugli effetti dell’emergenza sanitaria per combattere il Coronavirus, evidenziando le carenze dimostrate dall’Italia nell’affrontare la situazione in termini politici, economici e sociali.
Partendo dai crescenti attriti con Bruxelles e con alcuni Paesi, in particolare quelli del Nord, dell’Unione europea, dedichiamo queste righe alla pericolosa china che sta prendendo l’economia italiana, tentando di indicare una exit strategy all’imminente crisi produttiva e finanziaria.
È anche l’occasione per rispondere a chi, senz’altro in buona fede, ha ritenuto ingenerose le critiche mosse al premier Giuseppe Conte, avendo convintamente sostenuto la “palese inadeguatezza” del suo esecutivo.
Purtroppo, anche la conferenza stampa di ieri sera, 28 marzo, ha dimostrato i limiti e le indecisioni nell’azione di governo.
Tralasciando l’approccio “casereccio” della messa in onda, fatta di inascoltabili e raffazzonati collegamenti con i giornalisti che nemmeno in Burkina Faso… e con buona pace delle nuove frontiere dello smart working e della digitalizzazione della Pubblica amministrazione, sono le misure annunciate da Conte e dal ministro Roberto Gualtieri che dimostrano l’evanescenza dell’esecutivo.
Rispetto alla colossale emergenza economica che ci troviamo di fronte, i 4,3 miliardi di euro del Fondo di solidarietà Comunale messi in campo con questo nuovo decreto, unitamente ai 400 milioni attraverso un’ordinanza della Protezione civile, sono ben poca cosa. Certo, tutto aiuta, ma 400 milioni suddivisi per gli 8mila Comuni italiani difficilmente risolveranno il triste problema delle numerose persone e famiglie attualmente in gravi difficoltà nell’acquisto di generi alimentari e di prima necessità. Far passare poi come nuovo “ossigeno” i 4,3 miliardi del Fondo di solidarietà comunale, è atto altrettanto grave. Si tratta, infatti, di un mero anticipo del 66% di somme già stanziate a favore dei Comuni per il 2020 e, quindi, in gran parte già impegnato dai Sindaci che stanno lottando in prima linea per far fronte all’emergenza. Fondi che sarebbero dovuti arrivare a maggio e che invece vengono semplicemente versati qualche settimana prima… Senza considerare che, avendolo annunciato sabato in televisione, i Primi cittadini rischiano già da lunedì mattina di essere subissati di richieste per ottenere i buoni spesa non solo da parte delle famiglie indigenti ma anche dai 3,7 milioni di lavoratori in nero (dati Istat) che ne beneficeranno.
Per fronteggiare quello che si preannuncia già un vero e proprio crollo economico, occorre dispiegare una potenza di fuoco ben maggiore. Se il 10% delle aziende italiane è destinato al fallimento (dati Cerved) e se le previsioni di Goldman Sachs stimano una caduta del Pil su base annua dell’11,2%, non è più il tempo di muoversi annunciando minimanovre a singhiozzo. È necessario al contrario – come hanno ben compreso altri Stati in Europa e Oltreoceano – varare uno stanziamento senza precedenti diretto a sostenere le categorie produttive e le famiglie in gravi difficoltà. Confindustria ha già lanciato l’allarme sulla perdita di 100 miliardi al mese di fatturato. Confcommercio stima che l’impatto sui consumi sarà di 52 miliardi. Senza azzardare paragoni con la gigantesca iniezione di liquidità pari a 2.000 miliardi di dollari riversata nelle tasche degli americani dall’Amministrazione statunitense, ci sono altri esempi – a noi più vicini perché appartenenti all’Unione europea – che hanno già provveduto a stanziare ingenti somme di natura strettamente fiscale come i 156 miliardi di euro della Germania o i 45 della Francia. E ciò al netto delle garanzie statali per il sostegno alle imprese che portano a triplicare il bazooka pubblico.
Le infuocate polemiche sull’accesso ai fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) registrano l’ennesimo Nein!da parte dei falchi tedeschi in combutta con altri Paesi dell’Europa settentrionale. L’Italia, terzo contributore del cosiddetto “Fondo salva-Stati”, sta ingaggiando una difficile trattativa con Bruxelles; trattativa che è stata rinviata di due settimane per verificare la possibilità di togliere quelle condizioni vessatorie che furono imposte alla Grecia. Sarà dunque difficile che si giunga ad un’intesa a breve termine. Così come, per bocca della stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, appare in salita il varo degli Eurobond (Dio ci scampi dal chiamarli Coronabond se vogliamo dare a questo strumento una continuità nel futuro…), emissioni di titoli obbligazionari garantiti dall’intera Ue ad un tasso prossimo allo zero e destinati a finanziare sanità, infrastrutture, spese militari o opere straordinarie e non programmate come è il caso dell’attuale emergenza.
Allo stato attuale non c’è altra via d’uscita che sfruttare la sospensione del Patto di stabilità che ci consente di fare debito sforando i rigorosi vincoli europei. Lo Stato italiano deve mettere sul piatto immediatamente tutte le risorse necessarie a fronteggiare le spese sanitarie e sostenere contestualmente famiglie indigenti ed imprese in crisi, emettendo in contropartita nuovi titoli del debito pubblico. Gli stessi titoli che la Banca Centrale Europa, guidata da Christine Lagarde, si è impegnata a comprare senza limiti con un impatto significativo nel contenimento dello spread. Una nuova versione del “whatever it takes” del suo predecessore Mario Draghi.
Ma anche su questo, torneremo a breve…
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Daniele Lazzeri
Chairman think tank “Il Nodo di Gordio”
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