Lunedì 10 giugno, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. Solamente la Federazione Russa si è astenuta dal voto. Tutti gli altri membri, compresi quelli non permanenti, hanno accolto favorevolmente la risoluzione presentata dagli Stati Uniti. Segno tangibile di una montante sofferenza delle maggiori potenze mondiali verso la guerra iniziata il 7 ottobre 2023. Nello stesso momento in cui il Consiglio di Sicurezza prendeva una posizione circa la risoluzione presentata dagli Stati Uniti, Antony Blinken si trovava per l’ottava volta dall’inizio della guerra in Medio Oriente. Volato prima in Egitto, dove ha incontrato il Presidente Abdel Fattah Al-Sisi e poi successivamente verso Israele per incontrare Netanyahu e Gallant, il Segretario di Stato cerca di sondare i sentimenti delle parti affinché trovino un accordo. Mancando ancora una risposta definitiva degli interessati, Israele non ha pubblicamente approvato la proposta, Hamas ha invece accolto con favore la risoluzione del Consiglio di Sicurezza ma mancano ancora le parole di Sinwar, alto funzionario del movimento islamico. Ecco allora che Blinken, affermando che il mondo aspetta la risposta di una sola persona e cercando di mettere sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale, mette pressione alla leadership di Hamas. Nella giornata di oggi si recherà in Giordania e successivamente in Qatar. Non parlandosi direttamente ma usando Qatar ed Egitto come mediatori, Israele e Hamas, costringono gli Stati Uniti a mandare propri funzionari in questi Paesi a trattare. L’ultima e finora unica tregua fra i due belligeranti è stata a novembre, durata appena una settimana. Da allora l’amministrazione Biden ha più volte dichiarato come si fosse vicini a una nuova tregua più lunga e strutturata. Le prossime ore e i prossimi giorni saranno fondamentali per capire se questa può essere finalmente la volta buona. Rimangono seri dubbi circa una tregua permanente difficilmente accettabile per gli alleati di Netanyahu, più volte minaccianti l’uscita dal Governo qualora Netanyahu accetti un compromesso prima della distruzione delle capacità militari di Hamas.
Paolo Lolli
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