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Stretto di Hormuz, ancora tensioni tra americani e iraniani

by Elvio Rotondo
12 Maggio 2021
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Nonostante le sue piccole dimensioni, lo Stretto di Hormuz, che prende il nome dall’isola iraniana Hormuz, è una delle rotte marittime più importanti del mondo. È lungo circa 96 miglia e largo solo 21 miglia nel punto più stretto, con corridoi di navigazione in ciascuna direzione larghe solo due miglia. Delimitato a nord dall’Iran e a sud dall’Oman e dagli Emirati Arabi Uniti (EAU), lo Stretto di Hormuz collega il Golfo Persico con il Mar Arabico. 

Lo stretto è abbastanza profondo da permettere il transito delle più grandi petroliere del mondo. In ogni momento, ci sono diverse dozzine di petroliere che viaggiano attraverso lo stretto. Lo Stretto di Hormuz è vitale per i paesi nella regione del Golfo, le cui economie si basano attorno alla produzione ed esportazione di petrolio e gas.

Secondo quanto riferito dal portavoce del Pentagono, il 10 maggio scorso, un cutter (pattugliatore d’altura) della Guardia Costiera americana ha esploso dei colpi di arma da fuoco verso un gruppo di imbarcazioni da attacco rapido iraniane nello stretto di Hormuz che si stavano avvicinando rapidamente alle navi da guerra statunitensi che transitavano nel Golfo Persico.

Il cutter, “Maui” ha sparato circa 30 colpi di avvertimento nel momento in cui 13 navi del Corpo delle Guardie rivoluzionarie paramilitari iraniane si sono avvicinate troppo alle navi statunitensi e “hanno condotto manovre non sicure e poco professionali e non hanno esercitato il dovuto rispetto per la sicurezza delle forze statunitensi come previsto dal diritto internazionale,” ha riferito John Kirby ai giornalisti al Pentagono.

E’ la seconda volta in due settimane che le navi statunitensi sparano colpi di avvertimento contro le navi iraniane. Il 26 aprile, la nave di pattugliamento della Marina la USS Firebolt aveva sparato colpi di avvertimento contro tre navi da attacco rapido iraniane nel Golfo Persico che si trovavano entro 68 iarde (62 metri)  dalla nave e dalla USCGC Baranof. 

Erano passati quasi quattro anni dall’ultima volta che le navi statunitensi avevano sparato colpi di avvertimento contro imbarcazioni iraniane. Il Thunderbolt lo aveva fatto per mettere in guardia un’imbarcazione della Guardia Rivoluzionaria nel luglio 2017 che si trovava a meno di 68 iarde (62 metri) da essa.

Secondo quanto riportato dal NYT, analisti militari americani hanno affermato che nell’evento del mese di aprile, le navi da guerra iraniane hanno preso di mira alcune delle navi americane, piccole e poco armate, dimostrando che gli iraniani, probabilmente, volevano fare una provocazione/test senza rischiare perdite. Incrociatori e cacciatorpediniere della Marina americana, molto più grandi delle navi che sono state minacciate, trasportano un supplemento di armi molto più letali, hanno speciali proiettili da 5 pollici – sviluppati dopo l’attacco mortale nel 2000 al cacciatorpediniere Cole nello Yemen – ideati per eliminare piccole navi da attacco rapido come quelle degli iraniani. Le navi americane prese di mira di recente non hanno a bordo tali armi.

La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) al momento firmata da 164 Stati (gli Stati Uniti hanno firmato, ma il Senato americano non l’ha ancora ratificata) consente ai paesi di esercitare il controllo fino a 12 miglia nautiche dalla loro costa. Ciò significa che nel suo punto più stretto, e in mancanza di un corridoio di acque internazionali il transito si svolge all’interno delle acque territoriali dei due Paesi (Oman e Iran) ove vigono linee di separazione del traffico. Tuttavia, le convenzioni internazionali danno alle navi, comprese quelle militari, il diritto di passaggio nelle acque territoriali di uno stato. L’Iran può agire nelle proprie acque territoriali, ma non a scapito del diritto di passaggio per le navi straniere. 

Gli Stati Uniti sono presenti a Manama, nel Bahrain, con la 5^ Flotta (che opera sotto l’autorità di CENTCOM),base essenziale per l’accesso e per le operazioni militari statunitensi in Medio Oriente. 

In un crescendo delle tensioni, un eventuale incidente tra le marine di Stati Uniti e Iran potrebbe sfociare in uno scontro più ampio, in un momento in cui i negoziatori dei due paesi hanno ripreso i colloqui per il rinnovo dell’accordo nucleare del 2015.

Elvio Rotondo
Country Analyst del think tank “Il Nodo di Gordio”

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tags: HormuzIranusa
Elvio Rotondo

Elvio Rotondo

Nato a Cassino il 16 dicembre 1961, militare in congedo, laureato in scienze organizzative e gestionali presso l’Università degli studi La Tuscia di Viterbo, si è arruolato nell’Esercito Italiano nel 1978 prestando servizio in diversi reparti sul territorio nazionale. Nel corso della carriera militare si è occupato prevalentemente di Guerra Elettronica, di Intelligence e di Cooperazione Civile-Militare. Ha prestato servizio inoltre presso l’Ambasciata d’Italia di Seoul (Ufficio dell’Addetto Militare) e in ambito multinazionale presso il Multinational Cimic Group. Tra i molti corsi previsti per il proprio incarico, ha frequentato: NATO Intelligence Course, NATO Open Source Intel Course, NATO Intel Analyst Course, NATO Tactical CIMIC Course. È conoscitore della lingua inglese, russa, persiano farsi. In ambito internazionale ha preso parte alle operazioni NATO nei Balcani. Nel 2014 è stato collocato nella riserva. Collabora con il Think Tank Il Nodo di Gordio dal 2013 in qualità di Country Analyst. Autore del Blog 38esimoparallelo.com. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su: “Il Giornale.it. “Affari Internazionali”; “Geopolitical Review”; “L’Opinione”; “Geopolitica.info”; “Analisi Difesa”.

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