La geopolitica del Mediterraneo passa anche attraverso la cucina. E passa attraverso il terzo Mediterranean Cooking Congress che si svolgerà a Napoli dal 10 al 12 ottobre, con una successiva sessione a Barcellona il 27 e 28 febbraio. Non si tratta di appuntamenti per appassionati dell’abbuffata, ma incontri per conoscere, capire, esaminare problemi e prospettive di un settore che, da sempre, unisce le due sponde del Mare Nostrum. Si affronteranno problemi legati alle difficoltà di esportazione per i piccoli produttori che tutelano la tipicità ma, proprio a causa delle ridotte dimensioni imprenditoriali, incontrano ostacoli per presentarsi sui mercati internazionali.
Con il risultato, per nulla brillante, che la cucina “tipica” italiana (ma vale anche per quella degli altri Paesi mediterranei) non è per nulla tipica quando viene riproposta all’estero. Dalla finta mozzarella di bufala sulla pizza sino a pomodori spacciati per italiani ed importati dall’Asia. Non si tratta solo di sounding alimentare in malafede, ma spesso è semplicemente la conseguenza della mancanza di materia prima perché i contadini italiani non riescono ad esportare. Per questo servono piattaforme logistiche, accordi di filiera e di rete. Serve una selezione rigorosa e serissima dei prodotti e dei sistemi di coltivazione e di allevamento dei produttori. Ma occorre anche intervenire sui cuochi che partono dall’Italia con le competenze per realizzare una cucina italiana di qualità ma poi, per assecondare le abitudini dei Paesi dove i giovani chef emigrano, adeguano la cucina italiana proponendo spaghetti scotti e condimenti che farebbero inorridire qualsiasi massaia della Penisola.
Problemi condivisi dai Paesi che partecipano al Congresso. Nella convinzione che le tipicità vadano difese ma anche nella consapevolezza che il Mediterraneo è fonte di continue mescolanze di piatti e di abitudini. Non a caso piatti “nordici” come il vitello tonnato coniugano la carne degli allevamenti dei pascoli alpini con il tonno, le acciughe ed i capperi. Frutto della capacità di esportazione anche quando l’Italia era divisa. Ma la burocrazia europea crea più ostacoli di quelli esistenti tra regni e ducati della Penisola.
Alessandro Grandi
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