In una intervista rilasciata nell’aprile del 2017, il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, era stato chiaro: “l’Africa rischia di diventare una colonia cinese”. Pechino, di rimando aveva invitato Tajani a studiare “i concetti di base” della politica estera cinese mentre il portavoce del Ministero degli Esteri cinesi, Lu Kang, rispondeva al presidente del Parlamento europeo, spiegando che il “concetto di colonialismo non esiste nella politica estera cinese, né nella sua filosofia diplomatica”. “Quello che unisce i popoli cinesi e africani è stata la battaglia del continente africano contro il colonialismo europeo che è all’origine della povertà, delle turbolenze e di alcuni conflitti nell’Africa odierna”.Vero forse, ma mezzo secolo fa, adesso i lavoratori africani sono sotto il tallone delle multinazionali cinesi e versano in condizioni disumane…
Di pochi giorni fa la dichiarazione dell’’amministrazione statale cinese per la scienza, la tecnologia e l’industria per la difesa nazionale (SASTIND) riportata dalla rivista Jane’s:“la Cina ha stabilito legami di industria, scienza e tecnologia della difesa con 45 nazioni africane, le esportazioni della difesa sono in aumento anche se le relative collaborazioni industriali rimangono limitate”. Inoltre “la cooperazione Cina-Africa è sempre più stretta, l’ambito della cooperazione si sta espandendo e il livello di cooperazione continua a migliorare”,ha dichiarato Zhang Kejian, vice direttore di SASTIND al primo Forum della difesa Cina-Africa, a Pechino a fine giugno. “La Cina è disposta a continuare a sostenere i paesi africani nel rafforzamento delle forze di difesa nazionali… intensificando la cooperazione tra Cina e Africa nel campo dell’integrazione civile-militare”, ha aggiunto in riferimento alla politica di vecchia data della Cina di sfruttare le tecnologie a duplice uso. Il tutto con enormi inquietudini da parte dei vertici militari USA,preoccupati per le crescenti posizioni economiche e militari della Cina in Africa e in Asia, in particolare per la nuova base e possibili nuovi porti. La Cina ha stabilito la sua prima base militare d’oltremare adiacente al Bab al Mandeb (BAM) a Gibuti. Ha inoltre l’accesso al porto di Gwadar in Pakistan, che è gestito tramite un accordo cinese-pakistano e ha il potenziale per aumentare la presenza strategica della Cina nell’Oceano Indiano. Pechino sostiene che entrambe le località supportano le operazioni di mantenimento della pace e umanitarie, e la nuova base militare e il porto consentono alla Cina di proiettare le forze in modo permanente nella regione e influenzare le vie navigabili commerciali strategicamente importanti.
La partecipazione della Cina alle missioni di mantenimento della pace e la creazione di una base militare a Gibuti, nel Corno d’Africa, hanno rafforzato i legami di difesa costruiti sulla base delle relazioni economiche sempre più forti, che la Cina ha sviluppato con l’Africa dall’inizio del millennio. Oggi un milione di cittadini cinesi vivono in Africa mentre 200.000 africani lavorano in Cina. Dal 2013 al 2017, le esportazioni cinesi di armi verso l’Africa sono aumentate del 55% rispetto al precedente quinquennio 2008-2012,secondo lo Stockholm International Peace Research Institute. Mentre le importazioni complessive di armi in Africa sono diminuite del 22% nello stesso periodo, la quota della Cina delle importazioni totali di armi africane è aumentata dell’8,6% al 17%.
Secondo quanto riportato sul South China Morning Post, lo scorso anno, la Norinco (società cinese con attività in diversi settori come sistemi di difesa terrestri, navali e aeronautici)ha ampliato la sua linea di carri armati per il mercato estero sviluppando il veicolo corazzato GL-5. Il sistema GL-5 comprende quattro sistemi radar e lanciatori proiettili fissi collegati a una torretta del carro per una copertura a 360 gradi.
I veicoli corazzati da combattimento è l’arma più esportata dai cinesi verso i paesi africani, con il Ghana e Namibia che ne hanno importano rispettivamente 76 e 21 nel 2009 e il Kenya che ne ha importato 32 nel 2007. Anche Ruanda, Burundi, Mozambico, Ciad e Gabon hanno acquistato veicoli corazzati da combattimento dalla Cina.
Il carro ST1 8×8 è un altro dei veicoli corazzati cinesi destinati all’esportazione. Vanta un cannone rigato Nato standard da 105 mm che spara una gamma completa di munizioni. Anche aerei da combattimento e droni sono tra i principali articoli di esportazione di armi della Cina. Nigeria, Tanzania, Zambia, Bolivia, Namibia, Zimbabwe e Ghana sono stati tutti acquirenti di aerei da combattimento o droni costruiti in Cina, secondo gli ultimi dati UNROCA.
Non è chiaro quanti aerei da combattimento senza equipaggio la Cina abbia esportato all’estero, ma quello che è certo è che vuole esportare più droni per dominare il mercato. Come risultato della politica di esportazione di droni statunitensi che impone a tutte le esportazioni di droni di passare attraverso un rigoroso processo di approvazione del governo, l’Arabia Saudita e la Giordania, tra gli altri, si sono rivolti alla Cina per costruire le proprie flotte di droni. Il Marocco, il Sudan e lo Yemen hanno importato missili e lanciamissili dalla Cina, secondo l’UNROCA. Secondo quanto riferito, le armi cinesi sono state utilizzate durante i conflitti in Congo e Sudan. Nel luglio 2014, la Norinco ha consegnato 100 sistemi di missili guidati in Sud Sudan. Il sistema missilistico anti-carro Red Arrow 9 e i sistemi d’arma d’artiglieria laser da 155 mm GP6 sono le principali esportazioni di Norinco.
Il 13 marzo scorso, il generale dell’esercito americano Joseph Votel, capo del Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha detto alla Commissione per le forze armate del Senato americano che “La Cina cerca di capitalizzare le preoccupazioni regionali su ciò che percepisce come influenza e supporto calante degli Stati Uniti”. “A tal fine, Pechino sta costruendo e rafforzando il commercio, le infrastrutture, la difesa e le relazioni politiche in Medio Oriente, Asia centrale e meridionale”. Ha aggiunto inoltre che la Cina sta “perseguendo una crescita economica stabile e di lungo periodo che rafforza la sua influenza internazionale e l’accesso alle risorse”.
Giampaolo Sordini
Elvio Rotondo