Dal 3 al 4 luglio, ad Astana, si è svolto l’annuale vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (SCO). Il gruppo, nato nel 2001 per volontà russa e cinese, si è inizialmente concentrato su questioni di sicurezza, in una regione, quella dell’Asia Centrale, di cruciale importanza per Mosca e Pechino. Successivamente, però, l’ascesa della Repubblica Popolare ha relegato in una posizione subordinata la Federazione Russa in un’area da quest’ultima considerata il suo “cortile di casa”. Competizione e collaborazione sono le parole chiave che descrivono il rapporto fra l’Orso e il Dragone.
Nella cerimonia d’apertura è stato conferito ufficialmente alla Bielorussia, dopo nove anni di attesa, lo status di membro dell’organizzazione, portando così a dieci il numero dei partecipanti. Vittoria diplomatica per Minsk e di riflesso per Mosca. Per la prima, la SCO, rappresenta un vitale canale diplomatico necessario a mitigare l’effetto delle sanzioni imposte dall’Unione Europea. Per la seconda, invece, essendo la Bielorussia un suo satellite, va ad aumentare la sua influenza in un gruppo non più dominato come agli albori. Lo spostamento dell’intera regione verso Est, leggi Pechino, è inesorabile. Mosca lo sa e per questo tenta di controbilanciarlo. È sotto quest’ottica che va letto l’ingresso di India e Pakistan, nel 2017, in un’organizzazione inizialmente nata per la sicurezza dell’Asia Centrale. Proprio il mutamento dei rapporti di forza fra Russia e Cina ha generato un mutamento della SCO stessa. Da organizzazione regionale di 6 Paesi con scopi prettamente locali a blocco transregionale di 25 Paesi (10 sono i membri e 15 fra partner di dialogo o osservatori) con potenzialità globali. L’unico elemento che accomuna le visioni di Mosca e Pechino, in Asia Centrale, riguarda la ricerca di stabilità verso quei regimi che tuttora si sono dimostrati alterni all’Occidente, ma soprattutto laici e non musulmani.
Le prospettive verso una sempre maggiore integrazione dell’organizzazione, ovvero le possibilità di una trasformazione della SCO in un’alleanza stile NATO sono scarse, se non inesistenti. L’eccesiva eterogeneità e rilevanza nel panorama internazionale dei Paesi membri risulta essere il principale ostacolo. Mosca, Pechino e Delhi possono avere interessi comuni in alcuni teatri ma in altri casi, spesso, risultano essere in competizione. La sensazione è che, come in passato, saranno i rapporti di forza e le conseguenti relazioni che si intesseranno fra i vari attori a determinare il futuro della SCO.
Paolo Lolli
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