Il Nodo di Gordio ha intervistato Augusto Grandi. Laureato in Lettere ad indirizzo storico–contemporaneo, Grandi è giornalista professionista e si occupa prevalentemente di economia industriale, agricola e del terziario dal 1987 sulle pagine de Il Sole 24 Ore. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui “Un galeone tra i monti”; “Sistema Torino; Sistema Piemonte”; “Lassù i primi, la montagna che vince”; “Eroi e cialtroni, 150 anni di controstoria”, partecipando alla realizzazione di numerosi libri “a più mani”, da “Monferrato” a “La profondità strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoglu”.
Con lui abbiamo parlato della scelta del governo Monti di inserire nel decreto sulle liberalizzazioni anche la cessione della Snam, sottraendola alla galassia energetica controllata dall’Eni e sull’impatto che questa scelta avrà per l’economia nazionale e per i consumatori.
In un momento di particolare debolezza politica ed economica dell’Italia, lo scorporo della Snam dall’Eni era davvero una priorità nazionale?
Mario Monti, decidendo lo scorporo delle attività di Eni e Snam, ha affermato che si tratta della dimostrazione che anche i poteri forti vengono toccati. Peccato che su Ferrovie e Poste manchi qualsiasi decisione, per non parlare degli interventi contro lo strapotere delle banche. Quanto a Eni e Snam, si cerca di spacciare per un sacrificio imposto a un’azienda strategica quella che è una normale operazione industriale. Anzi, un’operazione auspicata dallo stesso amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni. A patto che venga condotta sulla base dei valori di mercato.
Non si rischia in questo modo di ripercorrere la strada fallimentare delle privatizzazioni di inizio anni ’90 che finirono per trasformarsi in una sorta di svendita a buon mercato dei gioielli del patrimonio pubblico nazionale come l’Enel o la stessa Eni?
Il problema, in fondo, è proprio questo. Eni può tranquillamente disfarsi di Snam (o cedere solo una parte delle quote), a patto che la cessione avvenga ad un prezzo equo. Non una svendita ai soliti amici dei poteri forti, ma una normale vendita che consenta ad Eni di ridurre drasticamente il proprio indebitamento. In questo modo Eni si troverebbe nelle migliori condizioni per avviare una nuova fase di investimenti e di sviluppo internazionale. In caso contrario lo stesso Scaroni avverte che l’Eni si opporrebbe. Perché un conto è vendere un asset importante come Snam, altro conto è regalarlo per rispondere alle esigenze di qualche tecnocrate che deve fare dei favori.
Le sembra convincente aver inserito questa operazione nel decreto sulle liberalizzazioni? Non è poi così scontato il fatto che i costi per gli utenti scenderanno…
Quanto ai consumatori – quelli che secondo il governo dovrebbero essere i beneficiari dell’operazione – è difficile credere che avranno da guadagnare dall’operazione. Ed è anche evidente. Perché se Snam viene ceduta ad un unico grande operatore, i discorsi sugli effetti della concorrenza diventano totalmente falsi: non c’è più concorrenza se l’operatore è unico, non cambia nulla se la proprietà è dell’Eni o di qualche colosso europeo. Un operatore prima, un operatore dopo.
Quali alternative per evitare di passare da un monopolio semipubblico ad un monopolio in mano a un solo, grande, privato?
L’alternativa sarebbe quella di trasformare la Snam in uno spezzatino. Mettendo in concorrenza vari gestori di piccole realtà. Ma non avrebbe alcun senso. Perché, a quel punto, le “piccole” Snam non avrebbero più alcuna forza contrattuale sul mercato: facile ipotizzare come si potrebbero confrontare con colossi come Gazprom. E senza potere contrattuale è difficile, se non impossibile, ottenere condizioni favorevoli per le forniture. Nel caso in cui si scegliesse, al contrario, un unico grande operatore, si rischierebbe di consegnare la distribuzione del gas in Italia ad un monopolista internazionale. Che non avrebbe alcun interesse a ridurre le tariffe in Italia.
Quindi, la dirigenza dell’Eni non è contraria a priori alla cessione di Snam… Secondo Lei, il problema sta tutto nel prezzo di cessione?
Quanto all’Eni, il discorso è unicamente legato al prezzo di vendita della quota in Snam. Conveniente o non conveniente. Il resto sono solo questioni legate agli interessi lobbistici di chi sostiene i tecnocrati e si attende favori conseguenti.