Il Nodo di Gordio ha intervistato Nicola Porro, volto noto del giornalismo italiano, è vicedirettore de “Il Giornale” e si occupa in particolare di economia e finanza. In passato ha lavorato per “Il Foglio” e ha condotto il programma radiofonico “Prima Pagina” su Rai Radio Tre. Gestisce il blog “Zuppa di Porro” su ilGiornale.it e conduce il programma “In onda” su La7 con Luca Telese.
Con lui abbiamo parlato delle scelte del Governo Monti sulle liberalizzazioni, dell’attuale situazione finanziaria delle banche e sul ruolo cruciale del mondo imprenditoriale per lo sviluppo economico.
Recentemente, Lei ha sostenuto che i suicidi degli ultimi due mesi di una dozzina di piccoli imprenditori è il drammatico frutto della stretta correlazione tra il fallimento della propria azienda e il fallimento della propria vita. Uno stato sempre più esoso che richiede ulteriori sacrifici a famiglie e imprese in questo periodo già attraversato da una crisi profonda, non dovrebbe premurarsi prima di saldare i propri debiti nei confronti delle imprese?
Assolutamente sì. Mi sembra che ci sia una proposta in merito da parte del governo. Spero bene che sia subito efficace.
Quando si affronta il tema del lavoro si è soliti fare riferimento ad una categoria ormai “antistorica” che è quella della “classe operaia”. Esiste uno statuto dei lavoratori ma non un omologo statuto delle imprese, in un Paese, come l’Italia, caratterizzato da un’ossatura aziendale di piccole e medie imprese dove non si dove stia di casa la lotta di classe. Quali riforme sarebbero necessarie in questa direzione?
Tante. Ma la prima è quella di fare una rivoluzione culturale non già nella società, ma nella nostra burocrazia: l’impresa non è contro la società, è la società.
Le liberalizzazioni servono davvero in una fase di diminuita capacità di spesa? In varie città si riduce l’utilizzo dell’auto a vantaggio della bicicletta o dei mezzi pubblici, è credibile che aumenti il ricorso ai taxi?
Forse no. Ma si deve procedere ad una liberalizzazione di tutti i settori, non solo di uno.
Marchionne continua a far balenare l’idea di un trasferimento del quartier generale Fiat da Torino a Detroit. Quali sarebbero le conseguenze?
Sarebbero conseguenze nefaste per l’industria dell’auto italiana. Apple produce i suoi oggetti in Cina, ma continua ad avere la testa nella Silicon Valley.
Qualche tempo fa, Bloomberg è riuscita a far emergere dei dati secretati sui finanziamenti della Fed alle banche americane: prestiti a tassi prossimi allo zero, per sostenere il settore bancario in crisi di liquidità. Un giro d’affari di circa 13 miliardi di dollari. Oggi la Bce sta finanziando le banche europee al tasso dell’1%. Denaro, tuttavia, che le banche ridepositano presso la Bce stessa o utilizzano per effettuare operazioni speculative sui titoli di stato, senza alcuna ricaduta diretta sull’economia reale, se non un indiretto sostegno al corso dei titoli dei debiti sovrani (in particolare quelli italiani). Questo strumento messo in campo da Draghi è corretto? Non sarebbe stato opportuno inserire anche dei vincoli per l’utilizzo, come dimostrare di aumentare il credito a famiglie e imprese?
In realtà le banche italiane non hanno ridepositato quella provvista. La utilizzeranno per coprire i buchi che si stanno creando nel mercato obbligazionario.
Domanda provocatoria: questo governo è un esecutivo di Tecnici o di Tecnocrati? La differenza non è poi così sottile…
È un governo di irresponsabili. Dal punto di vista tecnico, intendo. Chi pagherà politicamente per i loro eventuali errori o al contrario chi otterrà un beneficio politico dai loro possibili successi? In un paese normale soprattutto in tempi di crisi è necessario attribuire precise responsabilità.