Il Nodo di Gordio ha intervistato l’Ambasciatore Guido Lenzi. Già Direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e Rappresentante Permanente presso l’OSCE a Vienna, l’Ambasciatore Lenzi è attento osservatore delle dinamiche geopolitiche che attraversano il Mediterraneo e l’Asia Centrale. Con lui abbiamo approfondito le prospettive e gli scenari futuri di queste aree nelle relazioni internazionali:
Vista la Sua, lunga e prestigiosa, esperienza diplomatica, come valuta l’attuale scenario Mediterraneo dopo le rivolte arabe? E, in particolare, il ruolo che la Turchia sembra mirare ad assumere nel Maghreb e nel Medio Oriente?
Mi pare ormai dimostrato che, anche nel Mediterraneo, la democrazia si esporti da sé, almeno nel senso che le ‘libertà negative’ (dal bisogno e dalla paura: i cosiddetti diritti fondamentali) vadano ormai affermandosi e premano dall’interno delle tradizioni storiche autocratiche del mondo arabo. Rimane da vedere in che misura e con quali tempi potranno affermarsi anche le ‘libertà positive’ (di espressione e di credo: i diritti individuali) che caratterizzano le democrazie compiute. L’ambizione della Turchia di rappresentare un modello ‘laico’ ispiratore di futuri sviluppi pare per il momento dover fare i conti non soltanto con le sensibilità residue dall’Impero Ottomano, ma anche con i persistenti antagonismi fra paesi arabi e alle loro fratture identitarie. Una situazione analoga a quella cui deve far fronte la stessa UE. Ciò che dovrebbe indurre Ankara e Bruxelles a consultarsi per procedere di pari passo.
Parliamo ancora di Mediterraneo. Di Mediterraneo “allargato”, però. Qual è la Sua opinione sulla politica, o sulla mancanza di una politica comune europea nei confronti dell’area caucasica? Non è che gli interessi particolari di Parigi e Berlino stanno facendo perdere all’Europa una grande occasione?
Con la sua politica di ‘partenariato’ nei confronti dei vicini orientali, l’UE ha dichiarato apertamente la sua piena disponibilità ad assistere quei paesi in transizione che, nel futuro prevedibile, non possono aspirare ad adesioni istituzionali. Il problema rimane l’insufficiente loro rispondenza, aggravata all’indisponibilità russa di concorrere nel reintegrarli nella “casa comune europea” che Gorbaciov invocò, un progetto che Putin sembra aver accantonato. Il persistere di tale situazione lungo la ‘fascia di comune contiguità’ fra Europa allargatasi e Russia ritrattasi nuoce agli interessi politici ed economici tanto dell’UE quanto della Russia.
La nascita di una sorta di Unione Eurasiatica sull’asse russo-kazako come potrebbe modificare i rapporti di forza e gli equilibri mondiali?
Questo è il punto: vent’anni dopo la dissoluzione dell’URSS, Mosca tenta di rimediarvi rivolgendo invece il suo sguardo ad oriente. Ma anche in questo caso l’intento appare difensivo nei confronti della palese maggiore vitalità economica e diplomatica di Pechino, piuttosto che compartecipativo, come le nuove circostanze internazionali parrebbero richiedere. Nell’apparente aspirazione dell’attuale classe dirigente moscovita al recupero del suo antico status di superpotenza.
Vista la Sua profonda esperienza della realtà russa, ritiene che questa Unione possa essere davvero altro da una riproposizione del vecchio Impero moscovita?
Appunto, anacronisticamente. Mentre la nuova Russia avrebbe tutto l’interesse, in una visione a più lunga scadenza, a presentarsi in modo più propositivo, come interlocutore a tutto tondo, come si conviene ad ognuno dei BRICS.
Asia Centrale e Trans-caucasia appaiono, oggi, molto più vicine di un tempo. Come si dovrebbe rapportare l’Italia con queste realtà? E come muoversi in un intrico di questioni politiche, economiche e diplomatiche delicatissime?
A differenza di Francia e Gran Bretagna, membri Permanenti del Consiglio di Sicurezza, o della Germania che vorrebbe diventarlo, l’Italia, che non vi aspira, dovrebbe proporsi come ‘facilitatore’ (un ruolo particolarmente utile nella nuova diplomazia internazionale). Importanti sono i suoi interessi economici e petroliferi nell’area caucasica e centroasiatica. Non irrilevante inoltre è la sua vicinanza diplomatica alle aspirazioni politiche di una Turchia che in quell’area, forse più che nel mondo arabo, può rivelarsi determinante. E’ nei tanti nuovi interstizi dei rapporti internazionali che l’Italia può meglio operare, per rientrare nel radar internazionale dal quale è da troppo tempo scomparsa.
Bonjour,
j’aimerais reprendre contact avec Guido Lenzi. Avez-vous son adresse électronique ?
Merci
Michel Korinman Professeur à la Sorbonne