FAKE NEWS
Manipolazione e propaganda mediatica, dalla guerra in Siria al Russiagate
Roberto Vivaldelli
Edizioni La Vela, 2017
pp. 143, € 12,00
Da sempre il giornalismo ha una funzione civico-democratica di fondamentale ed indiscutibile importanza, sia per il buon governo di ciò che di per sé è la “res publica”, la “cosa pubblica”, sia per la custodia di una qualsiasi compiuta e sovrana democrazia popolare. Esso rappresenta a tutti gli effetti un contrappeso al potere, un vero e proprio mezzo di controllo quantomeno necessario, una voce del popolo che sta col fiato sul collo dei governanti, in ogni occasione da responsabilizzare e, in caso, criticare sulla gestione del bene pubblico. O almeno de jure dovrebbe essere così, perché de facto oramai siamo avvezzi alla disinformazione mediatica e giornalistica, quindi ad uno stato di salute piuttosto cagionevole della democrazia non solo nel Bel paese ma nell’intero Occidente, apparentemente libero. Ai giorni nostri, il giornalismo è, in vero, efficace strumento di potere di quella cerchia ristretta che governa da sé e per sé su milioni di vite, condizionandone la libertà non poco, e rappresenta lo status quo passivo e parassitario, inattaccabile e rinchiuso nella propria torre d’avorio: viene dunque da affermare che la vocazione democratica di questa scienza è allo stato attuale morta e sepolta, se i giornali in primis mettono in circolazione non verità ma “balle”, come esplicitamente e polemicamente affermato da Matteo Carnieletto nella prefazione di questo libro di Roberto Vivaldelli, “Fake News”, il cui titolo è già tutto un programma, come si suol dire: denuncia del falso mediatico, condanna del sistema giornalistico corrotto, ricerca dell’unica e oggettiva verità del trattato sono le tre chiavi di volta su cui poggia quest’indagine democratica, imparziale e soprattutto libera, come il buon vecchio giornalismo d’un tempo c’aveva nobilmente abituati.
Tale volume, scorrevole e intrigante, si pone l’obiettivo di espugnare la già citata torre d’avorio attraverso numerose inchieste spinose, atte a sollevare il pesante strato di disgustosa falsità mediatica che ci separa dalla realtà dei fatti, e per così dire disturbanti, nel momento in cui esse rappresentano un’effettiva discordanza con quanto personalmente e spontaneamente pensiamo nelle nostre teste, vittime di bulimia massmediale e di lavaggio del cervello massmediatico. Pertanto, in virtù di quanto posto a priori come fine unico e ultimo, in queste pagine ci s’imbatte in un esercizio di puro e onesto giornalismo, al contrario di quanto perlopiù accade oggi e di ciò a cui noi abitualmente e fedelmente e talvolta inconsciamente prestiamo occhi e orecchie, tangibile dunque riscontrabile nei numerosi capitoli in cui vengono innanzitutto denunciate e poi magistralmente smontate le più clamorose balle globalizzate, a noi tanto note, specialmente lungo l’ostile e nemica (secondo l’opinione pubblica condizionata) cintura orientale di tal mondo europeocentrico, pertanto dalle attuali questioni libica e siriana, passando per Mosca, altro bersaglio delle bufale mondialiste, fino addirittura a Washington, centro del più recente Russiagate, ultimo delirium tremens della stampa occidentale, prova del fatto che l’oligarchia apolide e tecno-finanziaria d’Occidente, assolutista e tirannica, non ammette dissidi persino nei propri feudi, vere e proprie teste di ponte utili a destabilizzare e colonizzare, con la propria longa manus, quelle porzioni di mondo ancora politicamente, culturalmente ed economicamente libere e orgogliosamente indipendenti.
Or dunque, “Fake News” è in tutto e per tutto una possibilità di riscatto intellettuale, un’opportunità di risveglio di ogni singola coscienza sin qui e sinora addormentata, una stentorea voce di libertà giornalistica, una folgore a ciel apparentemente sereno e, infine, un coraggioso richiamo ad un’eroica resistenza di ciascun cittadino d’Occidente contro la corrotta tirannia mediatica che sta giorno dopo giorno, servizio dopo servizio, copia dopo copia, notizia dopo notizia cancellando e svuotando la libera e popolare democrazia. Perché, in fin dei conti, “La verità ci rende liberi”.
Lorenzo Trufolo