Il Medio Oriente, come spesso è accaduto nel corso della sua storia, si ritrova nuovamente in un ciclo di instabilità e guerra. Settarismo religioso e tribale si intreccia a guerre per procura tra attori regionali ed internazionali. Iran, Arabia Saudita, Turchia, Israele sono i primi attori statuali coinvolti nel braccio di ferro degli ultimi anni, a cui si sono sovrapposti Stati Uniti, Federazione russa e da ultima anche la Repubblica popolare cinese. Un vero e proprio Risiko che sta portando all’intervento armato di quasi tutti i giocatori coinvolti.
Quest’area del mondo così instabile è anche nell’agenda di un’altra grande potenza che, a differenza di altri, non si sta muovendo con bombardamenti, proclami o appoggiando uno dei competitori, bensì utilizzando la diplomazia, gli accordi commerciali e gli investimenti economici. La potenza in questione è l’India che, sotto la guida del Primo Ministro Narenda Modi, sta rilanciando la propria politica estera nella regione. Israele, Iran e Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo sono i tre capisaldi della strategia attuata da Nuova Delhi, che consiste nell’instaurare e mantenere ottime relazioni bilaterali senza che il rapporto con una delle altre potenze influenzi quello con l’altra.
Per quanto riguarda i Paesi del CCG gli interessi indiani sono strettamente legati alla sua sicurezza energetica. Il primo passo di questa strategia indiana nell’area va ricercato nella visita ufficiale di Modi dello scorso 16-17 agosto negli Emirati Arabi Uniti; qui il premier indiano ha incontrato il Principe Khalifa bin Zayed Al Nahyan, presidente degli EAU. L’incontro può essere definito storico dato che l’ultima visita di un capo di Stato indiano risale a 34 anni fa, quando l’allora Primo Ministro Indira Gandhi incontrò Zayd bin Sultan Al Nahyan, padre dell’attuale Presidente.
Gli incontri hanno avuto lo scopo di rafforzare il rapporto tra Nuova Delhi e Abu Dhabi, i due Paesi hanno infatti notevoli interessi in comune sia dal punto di vista prettamente economico che da quello più geopolitico. La monarchia araba è il terzo partner commerciale dell’Unione indiana, dopo Stati Uniti e Repubblica Popolare cinese, con un giro d’affari stimato intorno ai 60 miliardi di dollari l’anno; inoltre ben 2,6 milioni di cittadini indiani vivono e lavorano negli Emirati, componendo circa il 30% della popolazione.
Modi, durante il suo breve soggiorno, ha visitato la grande moschea di Sheikh Zayed e ha tenuto un discorso in uno stadio di cricket, gremito da 50 mila suoi connazionali, rendendo noto che le autorità emiratine concederanno del terreno per la costruzione di un grande tempio induista. Il leader indiano ha così ottenuto un doppio risultato, l’aumento del prestigio indiano all’estero e un incremento di consensi verso il proprio partito in patria.
Durante gli incontri sono stati firmati accordi che aumenteranno notevolmente gli investimenti emiratini in India, soprattutto nel campo dei servizi pubblici e nella Difesa. Verrà creato un fondo comune di investimento, il cui obiettivo è quello di raggiungere i 75 miliardi di dollari l’anno da investire in infrastrutture di nuova generazione: ferrovie, strade, aeroporti, porti e parchi tecnologici. Abu Dhabi collaborerà inoltre nella produzione di equipaggiamenti militari, mentre, come contropartita, Al Nahyan faciliterà la partecipazione di società indiane nello sviluppo di infrastrutture negli EAU.
Al via anche un partenariato strategico in campo energetico con lo scopo di aumentare le riserve strategiche di idrocarburi, dai quali Nuova Delhi dipende per la propria crescita economica (basti pensare che nel solo gennaio di quest’anno ha importato dai suoi partner commerciali 17,56 milioni di tonnellate di petrolio greggio). Oltre agli aspetti economici i leader dei due Paesi hanno discusso di sicurezza e misure antiterroristiche.
Modi e Al Nahyan si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda la lotta al traffico di droga, al riciclaggio di denaro sporco e a tutto ciò che può andare a finanziare, in un modo o nell’altro, gruppi legati al terrorismo internazionale. Nel concreto le agenzie di sicurezza nazionale dei due paesi si incontreranno con una cadenza semestrale per condividere informazioni. Altro comune obiettivo è quello della sicurezza marittima nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Oman sui cui transitano milioni di dollari in greggio e altri beni.
Ad Abu Dhabi Modi ha trovato un importante partner contro l’islamismo radicale e lo stesso vale per lo stato arabo; Al Nahyan in questo periodo è infatti impegnato su più fronti nel contrastare sia l’ascesa del Califfato islamico di Al Baghdadi nel suo cortile di casa che, più ingenerale, quella dell’islam politico (Fratelli Musulmani) in vari teatri, primo fra tutti quello libico.
Agli EAU stringere maggiori legami con un Paese come l’India conviene molto anche alla luce dell’attuale politica estera degli Stati Uniti nell’area. Washington sta puntando ad un disimpegno dal ginepraio mediorientale per concentrare le proprie risorse nell’Oceano Indiano, dove si gioca una partita fondamentale contro la Cina; inoltre gli americani si stanno affrancando dalla dipendenza da idrocarburi del Golfo grazie alla produzione interna di shale oil e shale gas.
L’India è disposta a riempire (almeno dal punto di vista degli idrocarburi) il vuoto lasciato dagli USA nella regione, dal canto loro i Paesi del CCG sono ben disposti a trovare nuovi acquirenti per le loro esportazioni.
Altro obiettivo di questa visita, e sicuramente di tutte quelle in programma nell’agenda di Modi, è trovare sponsor che sostengano due importanti progetti indiani di politica estera: il primo è di redigere in sede internazionale una convenzione generale sul terrorismo globale, mentre il secondo, e più importante, è quello di ottenere un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU che, secondo Nuova Delhi, non rispecchia più l’ordine mondiale vigente. Il prossimo tassello della politica estera di sicurezza indiana potrebbe essere rappresentato da Israele dove il Primo Ministro indiano si recherà in visita forse già quest’anno.
Gianluca Padovan
Laureato in Scienze Politiche,
esperto di problematiche russe,
iraniane ed asiatiche in genere
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