Questo libro è il tentativo di individuare nel passato (anche remoto) delle costanti, dei fattori ricorrenti, che siano in grado di spiegare le cause dell’ascesa e del declino delle grandi potenze.
I casi presi in esame sono due: Roma antica e l’Italia rinascimentale (Firenze in particolare).
La tesi è la seguente: finchè Roma e i comuni italiani seppero reggersi a foggia di repubbliche essi prosperarono in ricchezza e crebbero in potenza. Generalizzando, la società aperta (nomocrazia, democrazia, separazione dei poteri etc) è la sorgente dello sviluppo economico. Quando questo impianto istituzionale crolla tutto avvizzisce e muore: dall’economia alle arti, dalle lettere alla potenza militare.
Questa risposta, tuttavia, rimanda ad una ulteriore domanda: perchè un popolo che ha scoperto la fonte della prosperità, in una parola la società aperta, ad un certo punto della sua storia decide di imboccare la via del sottosviluppo, della società chiusa?
La risposta che Mastrolia fornisce, analizzando i mutamenti che si ebbero a Roma dopo la seconda guerra annibalica e nei comuni italiani tra l’XI e il XIII secolo, è la seguente: la società aperta genera naturalmente sviluppo economico e progresso (una grande trasformazione, per dirla con Karl Polanyi).
Ma altrettanto naturalmente questa grande trasformazione, trainata dal mercato, produce una sempre più marcata polarizzazione economica e causa lo sfaldamento dei ceti medi, che si proletarizzano.
In una parola, il mercato produce naturalmente una questione sociale.
A Roma (con i Gracchi) e a Firenze (con i Ciompi) i tentativi di risolvere questa questione sociale furono stoppati con la forza.
Le repubbliche si trasformano allora in delle arene dove lottano le oligarchie per la conquista del potere assoluto manovrando schiere di diseredati, che prestano il loro braccio per ottenere con la violenza ciò che non ebbero con le riforme: giustizia sociale.
La lotta si conclude quando una sola fazione vince sulle altre (Ottaviano a Roma, i Medici a Firenze). Conquistato il potere assoluto, la fazione vincitrice, per consolidare il proprio primato, inizia ad abbattere ogni istituto della società aperta.
Così sia Firenze che Roma si incammineranno lungo la strada del declino e del sottosviluppo.
In conclusione, sia a Roma che a Firenze, la mancata risoluzione della questione sociale prodotta dal mercato apre le porte al dispotismo assoluto, che fu la causa principale del loro declino.
Nunziante Mastrolia,
Dalla società aperta alla società chiusa: della grandezza e rovina della civiltà antica e rinascimentale e forse anche della nostra
Rubbettino, 2012, pp. 237, euro 18.00