Rodolfo Maria Salvi, Junior fellow del “Nodo di Gordio” ne ha parlato con il Prof. Daniil Parenkov, vice capo del dipartimento di teoria politica (MGIMO)
La pandemia di coronavirus sta avendo ripercussioni non solo sulla sfera economica, ma anche sui processi politici in tutto il mondo. Nella “guerra” contro il nemico invisibile, alcuni governi hanno adottato misure d’emergenza per rafforzare la catena di controllo, centralizzando il potere, il che solleva preoccupazioni su possibili deviazioni della democrazia in senso autoritario. Nell’arena internazionale, la tendenza alla cooperazione tra le nazioni si scontra con l’aumento del protezionismo nel commercio di beni sanitari e agricoli.
La diffusione del virus ha dimostrato di essere dinamica e difficilmente prevedibili sono le sue ripercussioni nel lungo periodo. Ciononostante, possiamo servirci della dottrina politica per iniziare a far chiarezza nei principali mutamenti politici del breve e medio periodo. Ne abbiamo parlato con Daniil Parenkov, vice capo del dipartimento di teoria politica all’Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali (MGIMO). Alla luce della Teoria della gestione del terrore (Terror Management Teory – 1986), secondo il professore, il crescente timore per la sicurezza della propria esistenza dovuto al coronavirus contribuirà a rafforzare i partiti conservatori e le istituzioni nazionali, in quanto la paura della morte incoraggia le persone a cercare protezione e relazioni con il gruppo sociale più vicino e a proteggere i valori base che danno senso alla loro vita.
La diffusione del coronavirus sembra aver ridato vigore al cuore del “contratto sociale hobbesiano”: la necessaria protezione della nostra esistenza. La crescente paura della morte ha aumentato la richiesta di protezione da parte di intere popolazioni che sembrano, a tal fine, disposte a cedere maggiore potere ai loro governi. Professore Parenkov, in che misura le democrazie possono essere considerate a rischio?
L’equilibrio tra libertà e sicurezza è sempre stato uno dei temi centrali della filosofia politica. Infatti, la paura della morte e la paura per il proprio futuro finanziario contribuiscono alla ridefinizione della gerarchia dei valori. Ora la sicurezza, la stabilità, l’ordine e la capacità di rispondere con competenza alle nuove sfide vengono prima di tutto.
Questo significa che la libertà e la democrazia siano sotto attacco? Non credo. Tuttavia, ciò può rimodellare il panorama ideologico esistente. L’Occidente tende a equiparare democrazia e liberalismo, ma questo è un trucco ideologico in sé. Le procedure democratiche possono coesistere anche con il conservatorismo e il repubblicanesimo. Il primo con la sua richiesta di meritocrazia e gerarchia. Il secondo con la sua idea del rispetto delle regole come precondizione di ogni libertà. Un altro spunto interessante è che il propagarsi del coronavirus ci fa ripensare all’efficacia delle istituzioni esistenti. Varie sono le domande a cui presto dovremmo dare una risposta. I nostri meccanismi di selezione delle élite politiche sono abbastanza buoni? I sistemi egualitari forniscono una leadership efficace? Ci chiediamo infine se sarà necessario ripensare i modelli di lavoro degli organismi rappresentativi nel contesto della digitalizzazione e dello smartworking, che attualmente sono stati adottati; un cambio di paradigma nella attività politica che forse rappresenta il test più ambizioso della storia?
L’impatto dell’epidemia di Coronavirus nell’Unione Europea sembra dare impulso ai partiti conservatori ed euroscettici, intensificando la lotta tra gli Stati membri. Possiamo considerare questo momento come un punto di rottura nel percorso di integrazione e di allargamento ad est dell’UE?
Da un lato, certamente, possiamo osservare la crescita dell’euroscetticismo, che si inserisce nella logica di compiere azioni tempestive contro una pandemia: tutti si affrettano a difendersi all’interno dei propri confini nazionali. D’altro canto, tuttavia, la pandemia di Coronavirus è una sfida globale che richiede un’azione collettiva. Molti leader politici ne sono ben consapevoli. A mio avviso, l’assistenza data dalla Russia all’Italia e ad altri Paesi dovrebbe essere considerata esattamente in questo contesto. Pertanto, non credo che il coronavirus scuoterà radicalmente il cuore dell’Unione Europea. Ma lei ha assolutamente ragione sul fatto che ciò potrebbe influire sull’ulteriore diffusione dell’Unione Europea ad Est e sull’integrazione di nuovi Stati. Dopo la crisi del coronavirus, i criteri di stabilità per i nuovi membri possono essere inaspriti.
Allargando la prospettiva a livello globale, la diffusione del virus sembra aver provocato una ‘deriva socialista’ nella politica di Trump, un rallentamento nella prevista riforma costituzionale in Russia e una sfida alla legittimità del regime cinese. Qual è lo “stato di salute” di queste potenze e come l’epidemia potrebbe scuotere l’ordine politico globale?
Per quanto riguarda la legittimità e la stabilità dei regimi esistenti, tali crisi su larga scala, di norma, contribuiscono all’avvicinamento ai leader e alla crescita di un’idea patriottica. La gente si raduna intorno ai simboli [il cosiddetto rally around the flag] nella speranza di sconfiggere una minaccia comune. In una situazione del genere, i disaccordi politici della maggioranza svaniscono. Nei Paesi colpiti dal coronavirus possiamo osservare un notevole aumento dei voti degli attuali leader. Soprattutto grazie all’aumento del sostegno dell’elettorato dell’opposizione.
Naturalmente, la crisi attuale è una sfida per la leadership politica, ma una volta superata, nel caso di un’efficace attuazione delle misure anticrisi, i leader riceveranno ulteriore credito di fiducia. In questo contesto la riforma costituzionale in Russia può ottenere un sostegno ancora maggiore da parte dell’elettorato, Xin Jinping – un aumento della stabilità nella competizione intra-elitaria, e Donald Trump – punti aggiuntivi nella corsa presidenziale. Anche se per Trump, il coronavirus ha probabilmente portato una minaccia significativa sotto forma di consolidamento dell’elettorato democratico intorno a Biden.
È troppo presto per fare previsioni di ampio respiro sull’ordine politico globale. Ma vorrei sottolineare alcuni momenti. In primo luogo, la pandemia mostra nella realtà, non sulla carta né nelle valutazioni virtuali, chi vale cosa. E questo può portare a una rivalutazione delle posizioni di molti Stati. In secondo luogo, molti cambiamenti, compreso l’uso delle nuove tecnologie, stanno ora accelerando notevolmente in mezzo alla crisi. Si scopre che molte delle soluzioni che ci aspettavamo nel futuro sono richieste oggi. Ad esempio, i veicoli senza equipaggio. L’importanza delle tecnologie mediche e delle nuove decisioni politiche e gestionali è in fase di aggiornamento.
I Paesi che, a seguito dei risultati della crisi, dimostreranno l’efficacia delle loro decisioni in questi settori, naturalmente, rafforzeranno le loro posizioni, mentre gli outsider perderanno punti. In generale, è improbabile che l’ordine globale affronti cambiamenti drastici. Al contrario, è molto più credibile che si verifichi un cambiamento nell’equilibrio di potere a livello regionale.
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