Il “Nodo di Gordio”con questa intervista a Richard Heuzé, corrispondente della rivista trimestrale “Politique Internationale”, una delle più influenti nel mondo francofilo, inaugura la nuova serie di approfondimenti del suo Gordian Global Outlook. Opinionisti, giornalisti e commentatori dai diversi angoli del pianeta analizzeranno le più significative questioni politiche ed economiche del contesto internazionale.
Nelle settimane più travagliate della storia dell’integrazione europea, il sogno comunitario sembra infrangersi di fronte al cinismo tedesco. L’emergenza COVID-19 che sta sigillando letteralmente una dopo l’altra tutte le nazioni del mondo, mette per la prima volta l’Unione Europea nella condizione di rischiare di sgretolarsi, non solo dal punto di vista economico – eventualità che si era prefigurata all’epoca del “Whatever it takes” di Mario Draghi – ma anche dal punto di vista politico ed ideale. Nell’ultima riunione dell’Eurogruppo si sono contrapposti due blocchi: il “gruppo dei 9” (con Italia, Francia e Spagna in testa) e il gruppo dei rigoristi con a capo Germania e Olanda. La richiesta italiana di adottare strumenti monetari e finanziari straordinari si è infranta di fronte al niet di Angela Merkel, dei falchi che guidano la Bundesbank, del premier olandese Mark Rutte e dei custodi nordici del rigorismo europeo. I leader si sono dati due settimane per trovare un punto di convergenza.
Dottor Heuzé, Emmanuel Macron è sulla stessa linea dell’Italia in tema di misure straordinarie per fronteggiare la crisi economica scaturita dalla pandemia. Fino a che punto il presidente Macron è disposto a “piegare” lo storico asse franco tedesco?
Francia e Germania sono da decenni stretti alleati, la contiguità politica e ideale tra i due Paesi non è mai stata messa in discussione. Macron però in questa fase è fortemente determinato a far cambiare linea ai tedeschi. Nel settembre 2017 alla Sorbona ha disegnato il suo ideale comunitario: un’Europa sovrana, unita e democratica, forte di una identità e di una storia in grado di dare il senso di un avvenire a cinquecento milioni di abitanti. Con Angela Merkel ha un rapporto molto stretto ma la delusione per la rigidità dei tedeschi e dei falchi nordeuropei è fortissima. Si tenga presente per capire cosa farà Macron che lui non è un ideologo ma un pragmatico, non a caso il suo partito si chiama En Marche. Da notare inoltre il rapporto privilegiato con Giuseppe Conte, è stato il primo a complimentarsi con lui nel giugno 2018 e a febbraio con il vertice di Napoli hanno rinnovato la loro alleanza. Questo vertice è servito a dissipare le incomprensioni sorte l’anno scorso con Matteo Salvini sulla politica migratoria e con i Cinque Stelle dopo la loro alleanza elettorale con gli “Gilets Jaunes” che aveva provocato le rotture delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.
Quali strumenti politici ha in serbo la Francia per convincere i tedeschi che dinnanzi ad una vera e propria guerra sanitaria, per non compromettere in modo esiziale le diverse economie dell’eurozona, sono necessarie misure “non ordinarie”?
L’orizzonte di azione politica va oltre le mosse della Francia: la lettera al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, scritto da nove membri dell’Unione, tra cui Francia, Spagna e Italia, per chiedere di istituire uno strumento di debito comune, è una delle più rilevanti prese di posizione politica della storia recente europea. Macron sta cercando di convincere la cancelliera Merkel che senza una solidarietà comune l’Europa non andrà avanti. In questo momento la pressione politica è altissima. Voglio sperare, anche se si può dubitare, che la Merkel non sia insensibile all’appello di Macron e dei Paesi del Sud Europa: dovrà per questo trovare una linea di aggiustamento all’interno della politica tedesca e con gli altri leader nordeuropei. La stessa posizione di Ursula von der Leyen ha molto sorpreso e infastidito diversi leader europei. Dimenticando che è Presidente di un’Unione di 27 paesi membri, si è limitata finora a fare la “Cancelliera bis”.
Chi sta gestendo in Francia, oltre ovviamente a Macron in prima persona, le trattative ai massimi livelli diplomatici?
Oggi la politica francese è quello che decide Macron. Il primo ministro Édouard Philippe è molto ascoltato, tra loro non ci sono discordanze. Philippe è un uomo di grande cultura, a lungo è stato collaboratore di Alain Juppé, già ministro degli affari esteri ed europei e sindaco di Bordeaux, e ne ha ereditato le grandi doti di abilità e gestione politica. Altro politico molto ascoltato da Macron in questa crisi è Olivier Véran,neurologo di 40 anni e attuale ministro della Salute (con un passato nel Partito Socialista prima di aderire nel 2017 a En Marche). Per la parte politica è molto influente Emmanuel Bonne, consigliere diplomatico di Macron ed esperto di questioni mediorientali. Va detto che Macron non si confronta, come per esempio avviene in Italia, con i partiti di opposizione, né con i Repubblicani e i Socialisti, e tanto meno con il Fronte Nazionale. Macron è consapevole che questa crisi potrebbe dare ulteriori margini di consenso a Marine Le Pen, da sempre antieuropea e addirittura eurofobica. Per questo sa che deve battagliare su due fronti: con i sovranisti ed euroscettici in Europa e con l’estrema destra in Francia.
Non sempre negli ultimi anni i rapporti tra Roma e Parigi sono stati privi di tensione, pensiamo per esempio al problema irrisolto della gestione europea del flusso dei migranti con una posizione francese molto poco solidaristica verso l’Italia. E da sponda italiana con azioni estemporanee e gravissime come è avvenuto con l’interferenza nella questione interna dei gilet gialli da parte del Movimento 5 Stelle. La linea francese e di Emmanuel Macron di affiancare l’Italia e gli altri sette Stati per attivare i famosi Coronabond e misure di sostegno all’economia non convenzionali, richiede in cambio qualcosa a livello politico?
Macron non sta cercando una contropartita. Abbiamo già detto degli ottimi rapporti personali tra lui Giuseppe Conte, e sicuramente in questi frangenti è un fattore da non sottovalutare. La Francia, che ha un numero più elevato di immigrati dell’Italia, non ha voluto che si stabilisse per i nuovi sbarchi una redistribuzione automatica in Europa. Vale la regola di Dublino, ma anche su questo punto la Francia non ha mai chiuso a modifiche e rivalutazioni. I problemi a mio avviso più seri ci sono e ci sono stati sui grandi gruppi che operano nei due Paesi, nella cantieristica, nelle banche, nei settori strategici. L’Italia vede con molta diffidenza questo rafforzamento dei gruppi industriali e finanziari francesi in Italia, mentre la Francia vede la loro crescita come l’affermazione di campioni europei in grado di sostenere la concorrenza globale. E grandi problemi ci sono anche nei rapporti con la Libia: Roma è storicamente alleata del governo di Tripoli, mentre la Francia sostiene altre forze, oggi il generale Haftar. In Libia la situazione è complessa vista l’entrata in gioco della Turchia e dei Paesi del Golfo e il rischio reale di esplosione di focolai terroristi. Oggi notiamo con soddisfazione che con il vertice di Napoli sono ripresi i lavori bilaterali italo-francesi per arrivare a quello che gli esperti chiamano “Trattato del Quirinale”, iniziato dai due governi nel settembre 2017 e poi sospeso di fronte al deteriorarsi delle relazioni bilaterali. Si tratta di un nuovo accordo politico di cooperazione rafforzata tra Roma e Parigi, sulla scorta del noto “Trattato dell’Eliseo” che governa i rapporti di forza tra Francia e Germania dal lontano 1963. Ci sono sei saggi, tre per parte, che stanno lavorando alla stesura dell’accordo che dovrebbe vedere la luce a fine del 2020.
Per avvicinarci alla conclusione, quanto siamo distanti dall’implosione, o meglio da un punto di non ritorno, degli equilibri politici che reggono l’Unione Europea?
Se l’Europa in questa crisi non ritrova la sua anima solidale, non ci sarà più l’Unione Europea. Come ha detto alla Sorbona Macron, l’Europa non può vivere sulla base del solo interesse di ogni singolo Paese membro. Se i Paesi del centro e del Sud Europa si sentono abbandonati, si arriverà alla distruzione dell’Unione e dell’Eurozona. I tempi sono stretti e cruciali, l’Unione dopo la pandemia, dunque, nel bene o nel male, non sarà più solo quella del Trattato di Maastricht, fatto solo di regole contabili e di richiami all’austerità.
Nel tessuto sociale profondo della Francia, e anche nelle élites economico-culturali d’Oltralpe, qual è il sentimento prevalente nei confronti delle posizioni tedesche? Posizioni apparentemente immutabili anche sullo sfondo di una crisi epocale.
È diffusa nell’opinione pubblica una grande delusione per le posizioni tedesche. Lo stesso filosofo Alain Finkielkraut, una personalità di grande spessore e molta seguita in Francia, si è detto stupito che la solidarietà richiesta in Europa non sia presa in considerazione. Nel mondo della sinistra si parla apertamente di rottura degli equilibri europei. Ma i rapporti tra Francia e Germania, e tra Italia e Francia, sono frutto di una lunga storia comune, fatta di rapporti commerciali, economici, militari, che non si possono “fotografare” e giudicare semplicemente in un singolo momento. Diciamo che è più l’Europa come istituzione che viene fortemente criticata, rispetto per esempio alla Germania o all’Olanda. Io sono fiducioso che l’atteggiamento di Bruxelles cambi, l’Europa non è solo un mercato comune, se si “rompe”, ritornano i nazionalismi.
Luigi Marcadella
European Policy Analyst
CENNI BIOGRAFICI AUTORE
Richard Heuzé ha lavorato per l’agenzia Reuter a Londra negli anni Settanta, negli anni Ottanta è diventato corrispondente della France-Presse a Roma. Dal 1988 al 1992 è stato inviato speciale del gruppo L’Expansion in Italia. Fino al 2019 è stato corrispondente esclusivo del quotidiano Le Figaro per l’Italia.
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