La carta geografica del Mediterraneo sta venendo ridisegnata. A nostra insaputa. O meglio mentre il nostro governo sembra preoccuparsi esclusivamente dell’orario di apertura dei supermercati e dei pericolosi sovversivi che praticano jogging.
Intanto, in Siria e Libia altri stanno giocando una partita che sarà determinante per i futuri assetti geopolitici della regione mediterranea. Con pesanti ricadute sul futuro economico. Il massiccio intervento turco in Siria è stato frenato dal volto di pietra di Putin. Che sta costringendo Erdogan a più miti consigli. Ovvero ad una trattativa. Anche perché la Turchia, in questo particolare frangente, non può permettersi uno scontro diretto con Mosca. Né politico, né tanto meno militare. Troppo difficili i rapporti con Washington. Troppo incerto l’appoggio di Trump, che sta chiaramente optando per una relazione preferenziale con Riad, la rivale di Ankara per la leadership nel mondo sunnita. E poi l’industria turca ha vitale bisogno vitale del gas e del petrolio russo.
Certo, Erdogan non può semplicemente ritirarsi dalla Siria con le pive nel sacco. Ne andrebbe della sua, già incrinata, immagine di leader forte. E poi c’è la piaga, storica, della questione curda. Più facile, quindi, che si vada ad una spartizione delle aree di influenza. Due Sirie, de facto anche se non de jure. Una ad Assad, sotto l’ombrello di Mosca. Una sotto il controllo di Ankara. Parigi, Londra, persino la lontana Berlino cercano di inserirsi nel gioco. La Siria è geopoliticamente strategica. Ed è sempre stata un mercato importante. Destinato a diventarlo ancor più quando, finalmente, comincerà la ricostruzione dopo questi dieci anni di guerra.
Un tempo l’Italia era un partner importante per Damasco. La politica mediorientale dei Craxi e degli Andreotti aveva portato copiosi frutti.
Ma ora siamo completamente assenti. Le notevoli conoscenze e competenze della nostra diplomazia giacciono inutilizzate per assenza di guida politica.
E in Libia, come vedremo prossimamente, va ancor peggio. Si dirà: noi abbiamo il coronavirus. Anche gli altri. La pandemia è fenomeno mondiale. Ma siamo gli unici a non fare più politica estera. Ci costerà caro. Molto.
Andrea Marcigliano
Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”
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