Al via nei prossimi giorni l’operazione “Mare Sicuro”, promossa dal Ministero della Difesa, tra numerose polemiche, a tutela delle piattaforme petrolifere off-shore e dei gasdotti italiani in Libia, che potrebbero cadere sotto il controllo jihadista. Ne abbiamo parlato con Daniele Lazzeri Chairman del think tank di geopolitica ed economia internazionale “Il Nodo di Gordio” e Direttore dell’omonimia rivista.
Un migliaio di militari, tra Incursori della Marina e fucilieri del San Marco, 4 navi di cui una da sbarco, 2 fregate e 1 cacciatorpediniere. In loro supporto i droni dell’Aeronautica militare. Questi i numeri dell’appena promossa “Missione navale di Sorveglianza e Sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale”. La mobilitazione militare dei prossimi giorni servirà, come ha spiegato il Ministro della Difesa in Parlamento, da “potenziamento del dispositivo aeronavale dispiegato nel Mediterraneo centrale”, di fronte alle coste nord-africane.
Viene incrementata, dunque, la presenza militare italiana dinanzi alle coste libiche e tunisine. L’ulteriore dispiegamento di forze nel Mediterraneo, voluta dal Ministero della Difesa, ha la duplice finalità di assicurare, da una parte, un tempestivo intervento nel caso in cui connazionali si trovino in pericolo, in regioni nella quali è forte la minaccia della Jihad, e dall’altra di tutelare le infrastrutture nazionali situate in Nord Africa. “Mare Sicuro” rappresenta, sostanzialmente, la risposta governativa all’attentato di Tunisi. Il Ministro Roberta Pinotti ha, infatti, spiegato che l’operazione servirà “tanto per la protezione delle linee di comunicazione, dei natanti commerciali e delle piattaforme off-shore nazionali, quanto per la sorveglianza delle formazioni jihadiste. Il tutto è integrato nell’Operazione alla quale è stato dato il nome di ‘Mare Sicuro’, anche per analogia semantica con quanto avviene sul territorio nazionale (‘Strade Sicure’)”.
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