Azerbaigian è sinonimo di gasdotti, pipeline, dati e proiezioni economiche e transazioni commerciali; quindi, con particolare riferimento all’Italia, della realizzazione del cosiddetto TAP o Trans Adriatic Pipeline, il progetto di gasdotto sottoscritto dalla Compagnia Statale Petrolifera Azerbaigiana per l’avvio del gas azerbaigiano sul mercato europeo. Per inciso, il principale rivale in loco del gasdotto Nabucco-West. Vexata quaestio di sottili e nevralgici equilibri geopolitici.
Non a caso, un’iniziativa per la quale il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, l’agosto scorso, si è recato a Baku per incontrare il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev.
In definitiva l’immagine dell’Azerbaigian veicolata dai media è quella di uno dei molti Paesi emergenti, sorti immediatamente dopo la deflagrazione dell’Impero sovietico.
E, a tal proposito, altro motivo per cui questo Paese è stato, nel recente passato, sotto le luci della ribalta, riguarda il conflitto del Nagorno-Karabakh con la vicina Armenia. Paese che, ancora oggi, occupa il 20% del territorio azerbaigiano.
Tuttavia, al di là di queste sporadiche informazioni d’attualità, un tema poco noto, per non dire misconosciuto, in occidente e in Italia, epicentro della cristianità cattolica, è quello della primogenitura del Cristianesimo e della chiesa dell’Albania Caucasica rispetto agli altri Paesi dell’area.
Il nome Albania Caucasica designa un’entità storica, statuale estesa sui territori dell’attuale Repubblica dell’Azerbaigian e parte del Daghestan. Una denominazione greco-latina, che andrebbe pronunciata con accento sulla penultima vocale, per distinguerla dall’Albanìa Balcanica.
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“L’Azerbaigian e il cristianesimo delle origini” di Ermanno Visintainer, Senior fellow del Nodo di Gordio, per Ragusa Oggi