Dopo la strage di Istanbul le analisi, i commenti, le ipotesi si sono affastellate le une sulle altre, in un’inestricabile (o quasi) groviglio di verità, mezze verità e grossolane menzogne. Al di là di queste ultime, è tuttavia utile, a mente più fredda, tentare di analizzare il contesto di quanto avvenuto, per cercare, per quanto possibile di separare la pula dal grano.
Innanzi tutto tendiamo a mettere da parte l’ipotesi che l’attacco jihadista sia stato motivato dalla volontà dell’Is di dare una risposta cruenta alla svolta politica portata avanti, proprio in questi giorni, da Erdogan che ha riaperto il dialogo da un lato con Israele, dall’altro con Mosca. Aperture, certo, importanti e, presumibilmente, destinate a segnare il futuro prossimo del quadrante medio-orientale; tuttavia aperture troppo recenti, avvenute nei giorni o addirittura nelle ore immediatamente antecedenti all’attacco all’aeroporto “Ataturk”. Attacco che ha certo richiesto una ben più lunga programmazione e gestazione. Piuttosto, si deve guardare al crescente impegno delle forze armate turche contro l’Is sia in Siria che in Iraq. Un impegno che – per quanto inspiegabilmente sottaciuto o sottovalutato sui grandi media italiani – è risultato determinante per costringere alla ritirata le forze del Califfo.
Continua la lettura dell’articolo di Andrea Marcigliano, Senior fellow de “Il Nodo di Gordio” su L’Opinione —> Istanbul: le ombre dietro la strage