Dal primo giorno del mese corrente il Kazakhstan ha assunto la presidenza di turno dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), nata nel 1973 e principale organismo internazionale per la difesa di diritti umani.
Un traguardo importante ed ambizioso, un passo in avanti la cui emblematicità non è di poco conto per questo paese rappresentativo dell’intera compagine turcofona ed eurasiatica, nonché crocevia nevralgico fra l’Est e l’Ovest del mondo.
Un altro primato conseguito dal Kazakhstan, attraverso il conseguimento di questa presidenza, è quello di essere la prima fra le ex repubbliche sovietiche ad assumere questo ruolo di guida alla testa delle 56 nazioni rappresentate dall’OSCE, nonché la prima fra le nazioni in cui la fede dominante è quella islamica.
Una scelta, pertanto, altamente simbolica e sintomatica – con cui anche l’Italia si era a suo tempo schierata – che premia i risultati raggiunti, da questa nazione contraddistinta da un multiculturalismo polietnico e plurireligioso, nella direzione fortemente voluta dal suo governo, nella fattispecie dal suo Presidente Nursultan Nazarbayev, verso il dialogo interculturale e interreligioso.
Scelta che cade ad hoc in quest’anno difficile, caratterizzato da un esordio all’insegna della cooperazione con l’Italia e di riflesso con la UE da un lato, ma anche dalla recrudescenza del terrorismo internazionale dell’altra. Un’attestazione, di conseguenza, della stima internazionale e della fiducia di cui godono questa nazione ed il suo presidente, a dispetto delle polemiche, sorte fin dal momento in cui la candidatura del Kazakhstan era nell’aria. Non sono mancati, infatti, dubbi e insinuazioni inclini ad offuscare questo momento epocale; lo stigma appiccicatogli di incongruenze ed idiosincrasie fra il conseguimento di un mandato tanto sensibile e rappresentativo e le tinte fosche con cui viene descritta la sua leadership, ammantata di autoritarismo ed autoreferenzialità.
Al contrario non si può negare che fin dalla sua indipendenza, il Kazakhstan non abbia dato una prova di buona volontà contribuendo realmente al rafforzamento della pace e della sicurezza globale, dal momento che una delle sue prime mosse è stata la chiusura del sito adibito ai test nucleari di Semipalatinsk con la conseguente rinuncia al quarto maggiore arsenale nucleare e missilistico esistente al mondo.
Inoltre, essendo il Kazakhstan il paese trainante della Comunità Economica Eurasiatica (EvrAzEs) esso è pienamente consapevole del suo ruolo di attore responsabile sia sul piano regionale che su quello globale dei processi economici, garante della sicurezza energetica, soprattutto dei paesi europei. Un’altra dimensione in cui è tuttavia pronto ad offrire il suo contributo è quella delle dinamiche e delle politiche sociali. Recente è, infatti, la presentazione della “Dottrina dell’Unità Nazionale Kazaka”, un documento conforme alle direttive del mandato del Presidente Nursultan Nazarbayev, stillato durante la riunione dell’Assemblea del Popolo Kazako, svoltasi il 23 ottobre 2008. Un paradigma alternativo di convivenza interetnica ed interreligiosa, atto a scongiurare nuovi scontri di civiltà. Nel corso della storia kazaka – recita il documento – si sono amalgamante insieme 140 etnie e 40 differenti confessioni, convissute in concordia e armonia dando luogo ad una stabile tradizione di tolleranza.
Banco di prova della validità di tutte queste premesse potrà essere proprio un paese della compagine centrasiatica: l’Afghanistan, epicentro di destabilizzazione regionale e internazionale. Conformemente alle consuetudini dell’OSCE, il motto dell’identificazione simbolica del Kazakhstan come nazione guida, annunciato al discorso d’insediamento alla Presidenza dell’OSCE tenuto da Nazarbayev, giovedì scorso 14 gennaio, è stato schematizzato in quattro T: “trust” (ingl. fiducia), “tradizione”, “trasparenza” e “tolleranza”. Questa presidenza è una sfida importante per il Kazakhstan ma nel contempo una chance che gli fornirà gli strumenti per rivelare al mondo il suo autentico volto affacciato verso un grande futuro ed ancorato alle solide basi di un equivalente passato.
Ermanno Visintainer