La grave crisi economica che sta attanagliando la Grecia la induce ad un passo che forse mai, negli ultimi decenni, si sarebbe aspettata di compiere. È veramente un’ironia della sorte quella che costringe una nazione, uscita a testa alta da una fase storica che per secoli l’aveva coartata a condividere il proprio destino con un Paese considerato nemico per antonomasia – ovvero la Turchia – a ricorrere ad un tale per quanto ragionevolmente pragmatico escamotage. A maggior ragione dopo l’ingresso nella Ue, ritenuta garanzia di stabilità.
Infatti, nonostante i recenti progressi sulla via della normalizzazione delle mutue relazioni voluta dai Premier di entrambe le nazioni, probabilmente nessuno, fino a qualche tempo fa, avrebbe immaginato che la più grande banca della Grecia, la National Bank of Greece, potesse affidare le proprie aspettative di ripresa, così come quelle di tutto il settore finanziario ellenico, nelle mani dell’inarrestabile crescita economica della Turchia.
La politica estera della Grecia sembra subire un improvviso cambio di rotta. “Vogliamo mostrare una Grecia che sta cambiando, che sta rinascendo” ha detto George Papandreou, il Primo Ministro socialista, dinnanzi ad una riunione del suo gabinetto lo scorso fine settimana, evocando la necessità di “una nuova coscienza collettiva ellenica”.
Dichiarazione cui fa eco quella del Ministro delle Finanze George Papaconstantinou, il quale ha affermato: “Siamo impegnati verso una riduzione a medio termine delle spese per la difesa, insieme naturalmente al cambiamento nelle nostre relazioni con l’estero, soprattutto con la Turchia”.
Sta di fatto che la banca ellenica si prefissa di uscire quanto più possibile indenne dalla crisi imperversante nel Paese aprendo nuove succursali in Turchia. Infatti, la filiale turca dell’istituto con sede a Istanbul, la Finansbank, ha in programma di aprire, entro la fine del 2010, 75 nuove succursali in tutta la Turchia, da Ankara ad Izmir, beneficiando della sua crescita economica più sostenuta che quest’anno dovrebbe toccare 5,2 %. Del resto già l’anno scorso i profitti della Finansbank avevano superato quelli delle filiali greche.
La posizione strategica in cui viene a trovarsi la Turchia, crocevia eurasiatico, con il suo mercato di 72 milioni di abitanti, costituisce una prospettiva antitetica rispetto a quella della Grecia alle prese con l’immane crisi del debito. A questo va aggiunto il fatto che, nonostante il mancato ingresso nella Ue, la crescita dell’economia turca è superiore a quella di qualsiasi stato fra quelli della Comunità Europea.
L’istituto Finansbank, per la cui acquisizione, nel 2006, la National Bank aveva sborsato circa 5 miliardi di dollari, in Turchia ha reso utili per 425 milioni di euro a fronte di quelli greci che non hanno superato i 398 milioni. Paradossalmente per anni il sistema bancario turco è stato accusato di inaffidabilità. Paul Mylonas, coordinatore delle strategie economiche della NB ateniese, affermando che “le operazioni internazionali rappresentano la più importante delle nostre difese” ha preconizzato che in Turchia prossimamente i tassi di prestito aumenteranno del 20% assecondando la crescita della National Bank.
Altri istituti ellenici come l’EFG Eurobank Ergasias si accingono a presentarsi sul mercato turco. Non sarà che la Grecia, seppur a malincuore, sentendosi abbandonata dalla Ue, ricalcando le orme di un lontano passato, stia nuovamente volgendo il proprio sguardo verso un Est ritenuto più affidabile?
Ermanno Visintainer