Venezia mi ricorda istintivamente Istanbul Stessi palazzi addosso al mare rossi tramonti che si perdono nel nulla
Versi di una vecchia canzone di Battiato che nella loro essenzialità, sembrano magistralmente trasporre in un contesto a noi familiare, l’intensità poetica impressa nelle parole del discorso pronunciato sabato scorso da Erdogan, in occasione della cerimonia dell’inaugurazione di Istanbul Capitale della Cultura 2010, svoltosi presso il Centro Congressi di Haliç nell’omonima città.
Peraltro una prospettiva, quella dell’artista siciliano che sebbene opposta a quella dell’ex sindaco di Istanbul, non è scevra di implicazioni storiche, visti i rapporti intercorsi fra la Serenissima e la Sublime Porta, e che nel contempo, per il tono dei sentimenti espressi riflette una convergenza di vedute. Così Erdogan, infatti, ha voluto inaugurare quest’importante evento che vede protagonista l’altra città eterna, erede della Roma capitolina, adagiata sui colli del Bosforo. Come è stata definita: “L’unica città al mondo in cui il sole sorge contemporaneamente in Europa ed in Asia”.
Istanbul è stata eletta per il 2010 come Capitale della Cultura Europea, Capitale quindi dell’intera Eurasia. Per l’occasione è stata anche definita la città dei Quattro Elementi con cui ha avuto inizio la storia della filosofia occidentale: Terra, Acqua, Aria e Fuoco. Idea che affonda le proprie radici in Anatolia, oggi parte della Turchia, precisamente nell’antica città di Mileto. “Terra” che oggi è rappresentata dai monumenti Bizantini e ottomani. “Acqua” dal Bosforo e dal Corno d’oro. “Aria”, dalla tolleranza religiosa suggerita dai minareti e dai campanili che si stagliano verso il cielo. Infine “fuoco”, dall’architettura moderna, dalle nuove generazioni e dallo sviluppo tecnologico.
Erdogan ha voluto rimarcare tutti questi aspetti puntualizzandone, non senza una certa retorica, l’esclusività. Molti riferimenti del suo discorso lasciavano trasparire la determinazione sempre presente da parte del paese, nonostante le recenti iniziative in politica estera, ad entrare a testa alta nell’Unione Europea. Un messaggio esplicito rivolto all’Europa dunque.
Erdogan ha esordito affermando che ogni stratificazione di questa città, da Roma a Bisanzio fino all’Impero Ottomano, rappresenta una pagina della storia, che la rende vitale ed esuberante in ogni suo frammento. Un patrimonio culturale dell’intera umanità – ha detto – , “Istanbul è un po’ Sarajevo, un po’ Gerusalemme, un po’ Parigi, un po’ Vienna, Madrid, Bagdad, Damasco ed Amman. Ma Istanbul è soprattutto Istanbul”. Fonte unica e speciale d’ispirazione per le città dei cinque continenti, ha aggiunto che: “Se Istanbul è lieta, anche il Cairo, Beyrut, Baku e Skopje lo sono. Mentre se Istanbul si rattrista, si rattrista l’intera umanità”.
Un altro concetto altamente simbolico espresso nel discorso è stata anche la sua esclusività geostrategica: “Mentre molte città al mondo sono attraversate dai fiumi – ha detto – solo Istanbul è l’unica città il cui cuore è attraversato dal mare, ed ancora, la sola città situata fra Asia ed Europa”.
Quindi spostando il discorso verso la cultura nella sua accezione più sublime, ovvero intesa come letteratura, ha citato svariate rime e versi con cui i maggiori letterati turchi e istanbulioti, da Yahya Kemal ad un significativo Nazim Hikmet, (fino a qualche tempo fa messo al bando) hanno descritto la città.
Infine è ritornato sui temi della tolleranza e del carattere cosmopolita di Istanbul che si protrae da 557 anni. In sintesi la cerimonia è stata un tripudio di luci, di spettacoli pirotecnici e di concerti che hanno visto la partecipazione di un vasto pubblico, proveniente anche dall’estero. Insomma un evento di grande risonanza mediatica. Un biglietto da visita per l’ingresso della Turchia nella UE. Sintomatiche le parole con cui il Premier ha concluso il suo discorso, affermando che Istanbul è una città europea per storia, cultura e civiltà, il cui volto è stato in passato e sempre sarà, rivolto verso l’Europa. Quanto la città abbia assorbito la cultura europea è dimostrato dal fatto stesso di esserne stata l’artefice.
Ermanno Visintainer