di ANDREA MARCIGLIANO
La Comunità Economica Eurasiatica – costituita sull’asse Mosca-Astana e cui già ha aderito Minsk, mentre si preannunciano le adesioni, a breve, di Kirghizistan e Tagikistan – ha appena cominciato a muovere i suoi primi passi con l’unione doganale – operativa dal prossimo gennaio 2012 – che già sembra sul punto di spiccare il balzo e di trasformarsi in una vera e propria Unione politica. Segno che i processi politici internazionali si stanno, in questa lunga stagione critica, accelerando in modo vorticoso, e che il declino dell’egemonia unipolare di Washington sta aprendo nuovi orizzonti ad un sistema di equilibri “multipolare”. In sostanza ad un nuovo “Concerto delle Potenze”, dove, però, per “potenze” non possono più intendersi i singoli Stati nazionali, bensì Grandi Spazi geopolitici e geo-economici organizzati in modo federativo. Come, appunto, questa Unione Eurasiatica che sta attraendo, da un po’ di tempo, l’attenzione degli osservatori di tutto il mondo.
Preannunciata da più di un discorso ed un’iniziativa del presidente kazako Nazarbayev, l’idea di un’Unione Eurasiatica che trascenda la mera Comunità Economica e divenga effettiva realtà politica e geo-politica – evitando quindi il tragico errore dell’Unione Europea – è stata recentemente ripresa dallo stesso Vladimir Putin con un articolo sull’”Izvestia”. Articolo dietro al quale molti hanno creduto – e probabilmente con ottime ragioni – di intravvedere l’influenza culturale di Alexander Dugin, il teorico del neo-eurasismo una delle figure di pensatori politici più vivaci ed interessanti dell’odierno panorama europeo. Dugin che, per altro, sembra rappresentare anche una figura culturale di raccordo fra Putin e Nazarbayev – cui già anni fa ha dedicato il saggio “La missione eurasista di Nursultan Nazarbayev” – ovvero fra le due personalità che sembrano destinate a fungere da levatrici di questa nuova Unione.
E proprio un’attenta lettura dell’opera di Dugin, nonché l’osservazione priva di pregiudizi della realtà, può fugare, anzi vanificare le paure, da più parti espresse, che tale Unione rappresenti solo una riedizione mascherata dell’Impero russo-sovietico. Paura infondata, ché, anzi l’Unione Eurasiatica sembra preannunciarsi come nata sotto ben altre stelle. In primo luogo proprio per la presenza come socio fondatore del Kazakhstan, il paese cerniera fra Europa ed Asia, nonché una grande realtà emergente sulla scena tanto economica, quanto politico-diplomatica mondiale. Il Kazakhstan che, sotto la ventennale guida di Nazarbayev, ha saputo tessere una fitta rete di rapporti con la Cina, la Turchia, l’Europa Occidentale – particolarmente rilevanti quelli con l’Italia – e gli Stati Uniti, evitando, però, sempre di scivolare in un ruolo subalterno. E che, parimenti, ha sempre guardato alla prospettiva della creazione di un Grande Spazio eurasiatico come alla propria vocazione geopolitica naturale.
Grande Spazio Eurasiatico che rappresenta la risposta alla sfida di un mondo multipolare; un mondo che, ormai, non si può più pensare governato solo da Washington o, in subordine, da una diarchia con Pechino. Unione Eurasiatica che, per altro, appare destinata a trascendere i confini dell’antico Impero degli Zar (bianchi e rossi), aprendosi verso nuovi orizzonti. Perché se è vero che il nucleo fondante – Russia, Kazakhstan e Bielorussia – sembra destinato ad aggregare, più o meno a breve, le altre ex-repubbliche sovietiche turcofone dell’Asia Centrale e, in parte, anche quelle caucasiche (che però necessitano di un discorso a parte) e che la stessa Ucraina potrebbe venire attratta nella sua orbita, è altresì palese che le sue “ambizioni” vanno ben oltre. E guardano ad Ankara, in forza delle eccellenti relazioni fra questa ed Astana, e quindi ai Balcani e un po’ a tutto il Mediterraneo Orientale. Una proiezione che delinea futuri/futuribili scenari di grande suggestione. Anche, e soprattutto, per l’Italia.
17/10/2011