Donald Trump ha deciso: via le forze statunitensi dal pantano siriano. Un impegno troppo costoso; soprattutto un impegno che ha finito con l’indebolire la posizione americana in Medio Oriente, alienando storici alleati come la Turchia ed aprendo la strada ad una crescente influenza di Mosca.
La scelta della Casa Bianca da un lato permette ad Assad, forte dell’appoggio russo, di riassumere il controllo di gran parte del paese e stroncare le forze dei ribelli, dall’altro lascia mano libera ad Erdogan nel Curdistan siriano, che il leader turco vuole ridurre ad un protettorato di Ankara. Annientando le forze curde dell’YPG sino ad oggi strette alleate di Washington. Ai curdi non resta altro che cercare l’aiuto del vecchio nemico Assad, intenzionato ad impedire che la Turchia occupi un’intera regione della Siria. Per altro anche i sauditi sembrano preoccupati da questa prospettiva, che rafforzerebbe notevolmente la posizione di Ankara nel Medio Oriente, e stanno cercando a loro volta di riaprire il dialogo con Damasco. Dove, non a caso, gli Emirati Arabi, da sempre apripista nelle relazioni fra i paesi del Golfo e il resto del mondo arabo, stanno per riaprire la loro ambasciata.
Andrea Marcigliano
Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”