Il summit internazionale di Roma traccia una linea comune per contrastare l’avanzata dell’IS in Libia. Restano incognite sull’accordo fra Tobruk e Tripoli. L’Italia naturale candidata a guidare l’intervento diplomatico e militare
Vertice di Roma, quattro giorni fa: tutte le principali potenze – Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna – e con loro i soggetti maggiormente coinvolti nella crisi che, ogni giorno di più devasta la Libia del dopo Gheddafi – dalla Turchia all’Egitto, dalle monarchie del Golfo all’Unione Araba e a quella Africana – sembrano aver trovato finalmente un accordo sulla necessità di contrastare l’avanzata delle milizie dello Stato Islamico.
Milizie che da Sirte, dove secondo alcune fonti si troverebbe lo stesso Al Baghdadi, puntano sempre più decisamente su Derna, cercando di riconquistare la città dalla quale sono state espulse da una variegata coalizione che vede, in prima fila, la “Brigata 166” e le forze di Ansar al Sharia – legate ad Al Qaeda. E potrebbe certo apparire strano che le Cancellerie occidentali pensino di correre in soccorso di forze – coordinate dal Majilis Shura al Mujiaeddhin, il “Consiglio dei combattenti della fede”, che in buona parte si richiamano al “magistero” di Osama bin Laden e che rispondono al suo erede Al Zawahiri; tuttavia, in questo momento, non si può (forse) guardare troppo per il sottile, visto che la necessità principale è fermare le forze del Califfato, che, se riconquistassero Derna non solo farebbero un notevole passo avanti per il controllo di tutto il territorio libico, ma soprattutto diverrebbero una minaccia sempre più seria proiettata sul Mediterraneo. E, non dimentichiamolo, a ben poca distanza dalle nostre coste.
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Continua la lettura dell’articolo a cura di Andrea Marcigliano, Senior fellow de “Il Nodo di Gordio” per ilGiornale.it –> Ritorno alla Quarta Sponda. Gli italiani (di nuovo) in Libia?