L’incontro di Matteo Renzi con Vladimir Putin riveste un interesse ed un’importanza che non va sottovalutata. E questo non solo perché il premier italiano è il primo leader occidentale a varcare la soglia del Cremlino dall’inizio della crisi Ucraina, ma anche e soprattutto perché latore di concrete proposte per risolvere l’attuale stallo conseguente al sostanziale fallimento degli accordi di Minsk, effimero prodotto della, velleitaria, diplomazia franco-tedesca. Merkel ed Hollande infatti sono andati da Putin più per cercare di tutelare i propri interessi particolari che per proporre qualcosa di concreto; qualcosa che potesse davvero interessare allo Zar e spingerlo verso la trattativa. E questo è stato chiaramente spiegato da Edward Luttwak nella recente intervista rilasciata proprio al nostro “Nodo di Gordio”. Renzi, invece, ha giocato sul tavolo del Cremlino alcune carte che, realmente, potrebbero pesare nella complessa partita internazionale che coinvolge tanto l’Ucraina quanto la Libia e, in senso lato, tutta la situazione del Medio Oriente e del Maghreb.
Prima carta: la soluzione del contenzioso fra Russia ed Ucraina per il Donbass con l’applicazione del cosiddetto “modello Trentino-Alto Adige”. Ovvero con la costituzione di un’ampia regione autonoma russofona, parte della Repubblica Ucraina, ma, al contempo, garantita nelle sue prerogative da accordi bilaterali con Mosca. Una soluzione che eviterebbe che il Donbass si trasformasse in una nuova Trasnistria, ovvero in una sorta di “stato pirata” non riconosciuto a livello internazionale. Proposta, dunque, realistica e risolutiva, che sembra essere stata già fatta propria in sede Ue da Federica Mogherini. Proposta che, per inciso, noi del Nodo di Gordio avevamo già ventilato in interventi di qualche settimana fa.
Seconda carta: la necessità – tanto evidente che da tempo stiamo sostenendola – di coinvolgere Mosca nella soluzione della crisi che attraversa il mondo arabo. Nel caso specifico oggi la Libia. Perché senza il placet di Mosca è addirittura impossibile immaginare un qualche intervento sotto copertura ONU, e, cosa ancor più importante, difficilmente la minaccia jihadista, incarnata dallo Stato Islamico, potrà venire debellata senza realizzare una sinergia con la Russia. Che, per altro, sta stringendo sempre più le relazioni con l’Egitto e si è detta già disponibile ad appoggiare la campagna del generale al-Sisi contro i jihadisti libici.
La visita di Renzi, dunque, potrebbe segnare un momento importante per la diplomazia italiana, che torna al tavolo delle grandi decisioni dopo troppi anni di oscuramento e marginalità.
Andrea Marcigliano
Senior fellow