Il libro Bianco della Difesa sembra già pronto e in attesa solo della firma del nuovo Presidente della Repubblica. Ma i vertici delle nostre Forze Armate non sono stati adeguatamente ascoltati. Gli impegni attuali e futuri dell’Italia richiedono di guardare alla questione Difesa in una prospettiva che superi la stretta contingenza economica.
“War Games”… Giochi di Guerra… Il titolo del numero di Dicembre scorso del Nodo di Gordio (e del convegno di Roma che può essere visto su youtube). Numero integralmente dedicato a questioni afferenti il tema della Difesa divenuto, in questi ultimi tempi, centrale nel dibattito non solo tecnico, ma anche più precipuamente politico. Infatti è in preparazione il famoso “Libro Bianco della Difesa” con cui il Governo dovrebbe tracciare le linee guida della nostra politica militare per i prossimi anni e, soprattutto, stabilire spese e destinazioni di fondi. Inutile dire che, nell’attuale congiuntura economica, ci si aspetta e si teme che si tratti più che altro di “tagli”. Riduzione di personale, di mezzi, di stanziamenti… scelta che molti ritengono, oggi come oggi, inevitabile. Tuttavia ci permettiamo di fare alcune osservazioni.
Partendo dalla constatazione che ridurre gli stanziamenti finanziari dovrebbe implicare, automaticamente, la riduzione anche degli impegni internazionali dell’Italia. E questo non è né auspicabile né tanto meno possibile. Infatti la situazione internazionale ci richiede, al contrario, una crescente assunzione di responsabilità cui non può non corrispondere un impegno sempre maggiore delle nostre Forze Armate. La situazione nel Maghreb e nel Medio Oriente si va facendo sempre più critica, con l’avanzata dello Stato Islamico in Iraq e Siria e, soprattutto, con il jihadismo che dilaga dalla Libia – dove già e stato proclamato un emirato nell’enclave di Derna – all’Egitto, sempre più tormentato, nella regione del Sinai, da continui attacchi di gruppi jihadisti. E l’Egitto rappresenta, da sempre, il paese chiave per gli equilibri strategici di tutta la sponda Sud del Mediterraneo. Anche perché controlla lo Stretto di Suez, la cui chiusura implicherebbe ricadute disastrose per tutti i paesi del Mediterraneo, in primis per l’Italia. Suez la cui sicurezza viene oggi messa a rischio anche dalla crisi dello Yemen, paese strategico per la sicurezza della navigazione nella regione del Corno d’Africa, dove la vittoria dei guerriglieri zaiditi – una setta sciita – nel Nord sembra implicare una nuova separazione del Sud del paese, che è già in gran parte controllato dai jihadisti sunniti e dove si trovano le basi operativa di Al Qaeda. E l’Italia, più di molti altri paesi europei ha tutto l’interesse, anzi ha un interesse vitale a garantire la sicurezza dei traffici tra Oceano Indiano e Mediterraneo, da cui dipende la sopravvivenza del nostro sistema portuale e, in buona sostanza, della nostra economia.
A questo si deve aggiungere il fatto che l’altra potenza regionale con vocazione esclusivamente mediterranea, la Turchia, sta attraversando un periodo di turbolenze interne che rende nebuloso il suo futuro, e che, comunque, rischia di ridurre il suo impegno strategico sul quadrante mediterraneo. Il tutto a fronte di un crescente disimpegno delle forze degli Stati Uniti nella regione. La famosa Sesta Flotta americana è ormai poco più che una presenza simbolica, in ossequio ad una politica di Washington sempre più proiettata sul versante dell’area Oceano Pacifico/Oceano Indiano. E proprio da Washington giungono concreti e continui segnali che, sull’altra sponda dell’Atlantico, ci si attende che sia l’Italia ad assumere, con la sua flotta, un ruolo di supplenza nel vigilare le rotte e la sicurezza del Mediterraneo. Insomma, un chiaro richiamo a quel ruolo di potenza regionale che, ci piaccia o meno, compete al nostro Paese per storia e, soprattutto, naturale vocazione geopolitica.
Cruciale, quindi, che il famoso Libro Bianco – che le solite voci di palazzo dicono già pronto e in attesa solo della firma del nuovo Presidente – non si limiti a tenere conto delle esigenze strettamente economiche, ma guardi più lontano, verso orizzonti che travalicano l’attuale contingenza. E che prima di promulgarlo il Governo ascolti gli Alti Comandi delle nostre Forze Armate, cui non si può continuare a chiedere un crescente impegno tagliando, però, in modo indiscriminato finanziamenti, uomini e mezzi.
Andrea Marcigliano
Senior Fellow